Scrittore, poeta e ideologo.
Leopold Sedar Senghor è ritenuto unanimamente uno dei massimi intellettuali nati nel continente africano, nonchè l'ideologo, assieme all'antilliano Aimè Cesaire, a Leon Damas e successivamente a Franz Fenon, di quel movimento culturale, politico e letterario che prende il nome di negritudine.
Oltre che scrittore, filosofo, poeta e intellettuale, Senghor è stato anche un illustre politico, ricoprendo per oltre 20 anni (1960-1980) il ruolo di Presidente del Senegal.
Nato a Joal, un piccolo villaggio costiero a sud di Dakar (a cui Senghor dedica una poesia nel 1945), il 9 ottobre 1906. Sebbene la sua data di nascita fu registrata all'anagrafe due anni dopo, pare fosse nato in agosto.Figlio di piccoli proprietari terrieri (il padre di origine Serer, la madre di etnia Fula), studia nella scuola cristiana di N'Gabosil e nel 1922, a 16 anni entra nel seminario di Dakar. Ben presto comprese che la vita religiosa era distante dalle sue idee, concluse gli studi liceali e dopo aver ottenuto una borsa di studio, si trasferì (1928) a Parigi, dove si laureò in Lettere, nel 1935 (nel 1932 aveva ottenuto la cittadinanza francese). Dopo la laurea insegna alle scuole superiori e all'Univesità, approfondendo i suoi studi di linguistica. A quel tempo Parigi ospita una grande comunità di intellettuali neri africani e dagli scambi con loro Senghor approfondisce il concetto della riscoperta della cultura africana in contrapposizione con la cultura imposta dai colonizzatori. Inventà così il termine negritudine. Arruolato nell'esercito francese nel 1939, imprigionato dal 1940-42 dai tedeschi (sarà internato in vari campi, tra cui quello di Poitiers), verrà rilasciato per le sue condizioni di salute. Nel 1945 per un breve periodo è nella resisetnza francese. Nel 1945 pubblicò anche la sua prima raccolta di poesie "Canti d'ombra"Alla fine della guerra nel 1946 divenne Preside di Facoltà alla Ecole Nationale de la France d'Outre-Mer (posizione che tenne fino al 1960), l'Università che formava i dirigenti coloniali.Nello stesso anno, Lamine Gueyè, leader del Partito Socialista Senegale, gli suggerì di essere eletto all'Assemblea Nazionale Francese (le colonie esprimevano dei seggi), così che riuscì a fare. Presto su posizioni diverse da Gueyè, nel 1948 fondò un proprio partito, assieme a Mamadou Dia, il Blocco Democratico Senegalese. Nel 1951 fu rieletto per un secondo mandato in Parlamento e nel novembre 1956, divenne sindaco di Thies (Senegal).Dal 1959 al 1961 fu consigliere del governo francese di Michel Debre e membro della commissione incaricata di eleaborare la Costituzione della Prima Repubblica.
Il 4 dicembre 1980, poco prima della fine del quinto mandato consecutivo, Senghor rassegnò le dimissioni (caso quasi unico in Africa) e il primo gennaio 1981 cedette il potere al suo Primo Ministro, Abdou Diouf che guidò il paese fino al 1 aprile 2000.
Ritiratosi dalla vita politica attiva, il 2 giugno 1983 fu il primo africano ad essere nominato membro dell'Accademia Francese, mentre continuò la sua attività di saggista e poeta. Trascorse gli ultimi anni della sua a Verson in Normandia, dove morì,a 95 anni, il 20 dicembre 2001. Il Presidente francese Chirac, al suo funerale pronunciò una frase che forse rappresenta la sintesi di questo uomo straordinario:
"La poesia ha perso uno dei suoi maestri, il Senegal un uomo di stato, l'Africa un visionario e la Francia un amico." Fu sepolto il 29 dicembre a Dakar.A lui è stato intitolato l'aereoporto internazionale di Dakar.Ecco l'inno del Senegal, scritto nel 1960 da Leopold Senghor.
Pizzicate tutti le vostre cora, battete i vostri balafon Il leone rosso ha ruggito. Il domatore della savana Di un balzo s'è slanciato dissipando le tenebre Sole sulle nostre paure, sole sulla nostra speranza Ritornello : In piedi fratelli ecco l'Africa riunita Fibre del mio cuore verde spalla contro spalla Miei più che fratelli. O Senegalesi, alzatevi! Uniamo il mare e le sorgenti, uniamo La steppa e la foresta. Ti saluto Africa madre.
Senegal, tu figlio della spuma del leone, Tu sorto dalla notte al galoppo dei cavalli, Rendici, oh ! rendici l'onore dei nostri Antenati Splendidi come l'ebano e forti come il muscolo! Diciamo diritti - la spada non ha una sbavatura
Senegal, facciamo nostro il tuo grande disegno: Riunire i pulcini al riparo dei nibbi Per farne, dall'est ad ovest, dal nord al sud, Ritti, uno stesso popolo, un popolo senza divisioni, Ma un popolo volto verso tutti i venti del mondo
Senegal, come te, come tutti i nostri eroi, Saremo duri, senza odio e con le braccia aperte, La spada, la metteremo nella pace del fodero, Perché il nostro lavoro sarà la nostra arma e la parola. Il Bantu è un fratello, come l'Arabo e il Bianco.
Ma se il nemico incendia le nostre frontiere Stiamo tutti eretti con le armi in pugno: Un popolo nella sua fede sfidando tutte le sventure; I giovani e i vecchi, gli uomini e le donne. La morte, sì ! Noi diciamo la morte ma non il disonore.
Ecco la pagina di The Poetry Foundation, dedicata a Senghor
Il dossier su Senghor dal sito African Study Center (con una bibliografia completa)
La scheda, in italiano, sul sito di Radio Radicale
Libri in italiano:
- Senghor. Poesie, a cura di Carlo Castellaneda, Nuova Accademia, 1963- Elogio per la regina di Saba. Poesie, Ed.del Leone, 1985
- Senghor. L'uno e i molti, Antonella Emina, Bulzoni, 1992
- La negritudine in Italia (1950-1994), Cesaire, Damsa, Senghor, Bulzoni, 1995
- Canti d'ombra e altre poesie, Passigli, 2000
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