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LETTA E LA FENOMENOLOGIA DI HUSSERL #governoletta #leggedistabilità #largheintese

Creato il 12 novembre 2013 da Albertomax @albertomassazza

lettaIn termini filosofici, si chiama Epoché o sospensione del giudizio quella che invoca il Premier Letta sempre più frequentemente. Il concetto di Epoché, utilizzato già nella filosofia greca, in particolare dallo Scetticismo, divenne per uno dei massimi pensatori contemporanei, Edmund Husserl, la sintesi stessa del suo sistema di pensiero, la Fenomenologia. Per Husserl, l’epoché è il mettere tra parentesi, fuori azione tutto ciò che è spontaneo nell’osservazione empirica, per impedire che esso possa condizionare la formazione di un’opinione oggettiva. Per riuscirci, è necessario concentrarsi sul proprio io, sulla propria coscienza, perchè quello è il luogo in cui il dato empirico assume significato.

Un atteggiamento simile lo va chiedendo in giro da un po’ di tempo Enrico Letta, nei confronti del suo governo. E da date precise, per interrompere la sua personale epoché: la primavera del 2005, 18 mesi in cui non bisogna farsi condizionare dalle apparenze. Non bisogna farsi condizionare dalle apparenze fallaci dei dati Istat, che hanno visto raddoppiare negli ultimi otto anni il numero dei cittadini al di sotto della soglia di povertà. Non bisogna farsi condizionare dal fatto che gli unici due che vedono i grattacieli di Manhattan sono lui e Saccomanni, mentre gli altri, Confindustria, Confcommercio, sindacati e compagnia, giurano di vedere all’orizzonte le dune del deserto. E non bisogna farsi condizionare da una Legge di stabilità in cui si vuol far passare che ci sia di tutto e di più, mentre c’è di meno e di peggio e l’esordio parlamentare non prospetta niente di buono, tra annunci e smentite sul taglio fiscale e il balletto dei nomi sulla nuova imposta sugli immmobili.

Enrico Letta pretende 18 mesi di fiducia al buio, partendo dall’azzeramento di tutti i pasticci che il suo governo delle larghe attese ha combinato finora. Glieli si potrebbero concedere, se non fosse che, se il buongiorno si vede dal mattino, ci sono tutte le possibilità di ritrovarsi alla fine di questa epoché nelle condizioni di partenza, aggravate da due anni di governo inconcludenti. Sarebbe più serio adottare una politica dei piccoli passi: il premier preghi che il Parlamento riesca a trasformare la ciofeca della Legge di stabilità in qualcosa di decente e a quel punto potrebbe anche mangiare il panettone. Nel caso contrario, si arrenda all’evidenza e dichiari fallito il tentativo delle larghe intese.

 



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