LETTERA a un ADDIO.
Da Posacostantino
Ci sono amori che col tempo diventano estranei, come se non fossero mai stati amori. Sono come gli universi senza stelle. Dirompenti come un mare senza scogli. Piatto, senza onde. Senza voli di gabbiani. Senza brividi sulla pelle. Senza lampi, tuoni e improvvise mareggiate. Senza gocce di rugiada. Senza battiti incontrollati e le voci sussurrate di quei sguardi dritti al cuore; con le labbra appoggiate e gli occhi appena chiusi che si aprono splendenti alla luce di un’aurora. Mi mancavi prima di conoscerti. Ora che sei andata via mi è difficile accorgermi che non ci sei. Ti vedo in ogni angolo della casa. Ti sento sfiorarmi la pelle e il tuo alito, vento d’estate, mi gira intorno. La tua voce nei miei pensieri, come battito di tamburi. Credimi se i pensieri fossero fatti soltanto parole, desideri e strani pentimenti, forse mi sentirei perso. Dimenticherei le tue mani sulla pelle di brividi trattenuti. Scorderei le tue labbra ansiose di parole e di baci contenuti. Mi pentirei di averti cercata, amata e desiderata come il gelido inverno aspetta ansimando l’arrivo della primavera e lasciarmi andare e sentirmi come un Dio in una notte d’estate. Aspetterei il cadere lento di un cambiamento e le foglie secche di un sol unico evento lieve d’autunno e se il tempo fosse fatto di niente, non servirebbe nemmeno ricordare e se il cielo finto fosse fatto di chi mente, non servirebbe nemmeno sognare. Le stelle allucinogene non basterebbero ad immaginare e il vento spinto porterebbe soltanto rimpianto e se il silenzio fosse fatto veramente soltanto di nulla e se allora mi chiedo: “Perché piango se mi sento lasciato. Mi tormento e mi rallegro se di colpo mi risento amato e se tutto non fosse stato inutile, capirei perché mi sei tanto mancata. Come potrò mai dimenticarti se ancora oggi un tuo brivido come un’onda mi attraversa ed è come se il tempo non fosse mai arrivato ad esplecare un urlo crescente che non distrae, sfiora e dipinge notti sulla pelle che ansima e s’agita al sol sfiorarsi, mentre il mio sangue, con la luce premuroso, si lascia andare. Reso ancora più ardito, si esalta a somigliare a tutto quello che diventa bufera di tutto ciò che appare negato, in delirio intenso e profumo d’illecito. Fino a quando finiscono i gemiti segreti, senza più fonti da dissetare. Vedo ancora i tuoi occhi che mi trafiggono, facendosi largo dentro di me, con l’abilità di chi sa dove arrivare. Senza vergogna a seguire la scia umida lasciata dalla mia lingua a sentori aciduli di confusi respiri, affidandosi a sussulti e tormenti. Senza tregua, avidi di incontenibile passione, fino a restare socchiusi per non svegliarsi mai e fondersi di sensazioni e brividi mai più tenuti nascosti. Mentre le tue labbra mordono senza voler fingere di essere altrove. Lasciarsi coinvolgere dalle voglie di notti senza buio proibito ad aspettare un’alba ricca di promesse. Quella di ritrovarsi ancora, temo che nei nostri sensi non ci saranno mai follie, solo gesti e spine che trattengono il respiro che divampa. La nostra vita come un libro dalle pagine strappate. Le ultime ancora bianche. Copertine di pietre, difficili d’aprire. Rughe tra i fogli ingialliti. Lacrime che non hanno eroso il tempo che non si è mai tradito; delle sensazioni ha lasciato soltanto gocce in fondo ai calici che hanno brindato versi. Quante piaghe tra le parole urlate al vento e al sospetto che il tempo non è mai tornato. Solo la pelle, la nostra pelle sa se si ci sei mai stata. Lancette di orologi che non ti vedono. Stessa velocità, stesso verso. Non potranno mai incontrarsi. Ore diverse vissute a rincorrere il tempo di un domani che non potrà mai essere raggiunto. Sarà sempre domani e il vento insufficiente non riuscirà mai a far sì che un oggi diventi un domani. Il tempo senza te non si ferma, non aspetta, va avanti fino al domani e poi ancora domani. Le lancette della nostra vita hanno tante felicità, ma anche di quel tanto perso. Isolato dal fumo che si è creato intorno a me, inseguo le scie dei pensieri che corrono via, più del tempo. Sperando di seguire sempre quelli giusti. Quelli che parlano dei sentimenti veri. Sono gli unici che lasciano sospirare. Sono i venti che soffiano dentro, aspettando che da te arrivi ancora il vento. Mi manca di te la voce. Gli echi dei momenti e i pensieri sussurrati a bassa voce di essere presente. Mi manca di te l’inizio della foce e i sussurri a volte trattenuti e i battiti mai muti. Mi manca dite la pelle liscia e bollente come fossimo due amanti. Mi mancano di te i baci e le labbra di te, il tempo mi resterà per sempre ogni attimo e momento. Ora che è passato il vento che scompiglia i capelli, vedo il tempo che s’invola verso l’ombra e il tepore. Tutto volge verso sera dai passi insoliti e silenti. Mentre ancora l’amore tuona, penetra i cuori e le parole s’inchinano ad alimentare i fuochi. Vorrei tanto ancora specchiarmi di un cielo stellato e versi. Vorrei vestirmi ancora d’emozioni e soli. Gli attimi che si fermano sono fili bianchi che si perdono. Non tutti sanno che il vento che scompiglia è già passato. Peccato non farla tornare la voglia che non ha bisogno della magia e tanto meno dell’inganno. Mi chiedo come sarà l’inchiostro che scriverà chissà? Se tu tornerai. A volte ci sentiamo felici per caso. Altre volte ci rendiamo conto che potremmo sempre esserlo, se non avessimo permesso la partenza di tanti treni. I vagoni dei sentimenti vanno sempre di là e non sempre trovano le giuste coincidenze. L’addio disinteressato non prevede alcun sacrificio di se stessi. Mi chiedo sempre come saranno le lacrime d’inchiostro che scriveranno “e già!” ormai se tu non tornerai. O sangue che sospira, torna ad essere agitato. Percorre le mie vene e non si dà pace, se non è il vento che tormenta. Sussulta e sospira nell’ombra ogni attimo di tradimento. Scorre sì, ma a singhiozzo, sa che dovrà solo aspettare il momento del riscatto. Solo quando tu sorridi si ricorda d’essere amato. Lascia agli altri e al sospetto di schierarsi col dispetto. Al mio sangue conta solo il battito del petto. Essere ancora amato e un po’ di rispetto. Mi manchi con le tue mani calde, con la tua pelle a buccia d’arancio e dei tuoi fianchi che non sanno girarsi. Mi manca del tempo il senso unico del vento e dei petali che cadono. La voglia del tornare. Mi manca di te la soglia del piacere e dei brividi barattati. Mi manca di te i sospiri infiniti sulle ali dei venti. Ah se tu potessi tornare con la tua pelle arancio e con le mani calde. E’ quello che di te mi manca. A volte sono le lacrime che ci riportano indietro alle gioie di un tempo e alle spine che inevitabilmente ci pungono spesso. Ai rimpianti di un tempo sciupato e incerto. A volte i geli alla schiena sono ricordi pungenti di pagine perse. Forse non doveva essere così: “Il tempo in un’unica direzione”. Forse le aspirazioni ci portano via, non sanno spiegare come il cuore batte comunque in ogni momento. Non posso solo dire che mi manchi. Ci sono parole che sfuggono, si smarriscono costruendo una rete di pensieri dalla quale non si riesce più a venirne fuori. Tante volte ci si sente come foglie alla fine d’autunno, come se una parte di noi si stacca da noi stessi per seguire il vento, come un pensiero sospeso nell’aria, lasciando solo alla pioggia il gusto di scendere piano. E’ come prendersi a randellate come fossimo bestie che rantolano, mentre l’asfalto che raccoglie le nostre lacrime, si limita a dire: “non posso farci niente” tutto è possibile. Ci sono parole aspre, arrivano all’improvviso. Ci sono pensieri esausti, somigliano a dei pesi. Nessuno osa alzarli. Ci sono risposte che non hanno mai risposte e inutili attese dei treni che vanno via, mentre qui riposa il petto. Il mio calore diventa il tuo e il mio respiro, sospira al tuo, alla tua pelle nuda. I pensieri sono braccia, somigliano a dei rami che nessuno può spezzare e nel silenzio ci sono tuoni, arrivano pian-piano. Sono i battiti del cuore. So che mille pensieri non potranno mai spiegare il perché tu sei andata via. Quello che conta e fa male, è soltanto quello. E’ fatto di pietra dura, come lamine di acciaio del tempo che delle mie lacrime non ha più cura. Sono pareti che non hanno porte, ma soltanto spifferi dal sapore aspro. Chissà perché quando c’è l’addio e quel vento che ti porta via, rimane solo sudore ardente che scivolando sulla pelle grigia, martella a sangue e infierisce. So che mille parole non riporteranno nessun rancore amaro, perché tu non avresti mai voluto andar via. C’è un’unica via che può portare alla mia felicità: il tuo ritorno ne traccia la rotta come un’onda che spinge ad amare. Un sentiero che si snoda tra facili esche che appaiono allettanti. Ingannano i diversi stadi del piacere. Illudono e deviano, mentre il cuore che non batte mai da solo, sa quando accelerare. Il cuore sa dove andare. Sa dove fermarsi. Il cuore sa quando è il momento di trattenere il respiro. Sa anche quando è ora di dormire. La nostra pelle fatta di tabù, vive solo dal volere a tutti i costi. Piaghe del poco conosciuto che prendono voce per capire il mistero che non ci lascia dormire. Le parole e i pensieri che sconvolgono, tormentano come tutti gli amori inaspettati.
Costantino Posa