Caro viaggiatore del 2014, sono proprio io che ti scrivo. Cioè sei tu… insomma siamo noi, ma dal passato. Dal 2013. Dicembre 2013. Sì, è pur sempre passato.
Ti scrivo perché anche il tempo, proprio come le distanze, allontana i punti di vista e offusca le conoscenze. Perciò volevo che tu cominciassi il nuovo anno ricordando quello che abbiamo imparato in quello appena trascorso.
Viaggiare mette in connessione persone e idee, avvicina le culture e stimola il confronto pacifico. Eppure le distanze, anche se colmabili, continuano a dividerci. Un simpatico ragazzo nigeriano che vende asciugamani su una spiaggia dell’Atlantico è una presenza caratteristica di cui parleremo al nostro ritorno ad amici e parenti, ma se lo stesso ragazzo tenta di venderci un ombrello all’uscita della metropolitana di Milano è un affronto alla nostra quiete sociale, uno sguardo da evitare e da ignorare. Le distanze, caro il mio ingenuo viaggiatore del 2014, sono intorno a noi, ce le portiamo dietro ovunque andiamo, vi erigiamo sopra barriere e confini sperando di escludere tutto ciò che ci disturba, ignorando tenacemente il fatto che gli stessi elementi di disturbo da cui vogliamo nasconderci fanno parte di noi, sono il prodotto delle nostre scelte e delle nostre vicissitudini non meno del sorriso di una persona amata o del tramonto su una spiaggia africana.
Non ti sto dicendo queste cose perché
Il punto è che vorrei, anche quando ti aggiri con legittima spensieratezza per le strade di una città d’arte o tra le capanne di un villaggio sperduto, che ti ricordassi di non essere lì esclusivamente per merito tuo. Se hai potuto prendere quell’aereo o ti sei imbarcato su quella nave, è perché sei nato dove non si moriva di fame e dove nessuno (o quasi) ha mai pensato che saltare sulle mine fosse una valida alternativa agli sport di squadra. Vorrei che questa consapevolezza ti aiutasse a serbare, insieme al legittimo giudizio critico verso chi non agisce secondo i tuoi canoni morali, anche un ragionevole dubbio. Il dubbio che in fondo, nonostante la tua cultura e le tue sicurezze, non hai ancora il quadro completo del paesaggio che ti circonda, non conosci tutte le ragioni, la paure e la disperazione che hanno condotto alcune persone verso un viaggio molto meno confortevole del tuo.
Ora, caro il mio impaziente viaggiatore del 2014, ti lascio, perché da oggi ti attende il futuro, mentre io ho meritato il sereno oblio del passato. Non smettere mai di viaggiare, ma fallo sempre con gli occhi aperti.
E per il bene del viaggiatore del 2015, piantala una buona volta di fare colazione con il Campari, tu che ancora puoi… Buon anno.