ho letto con molto interesse il tuo intervento apparso su Repubblica la settimana scorsa in merito all'uso del Tu, del Lei e del Voi, ma devo dire che ho trovato le tue argomentazioni lacunose e superficiali, insomma, per nulla convincenti. Per esempio non ho visto alcun cenno alla naturale evoluzione che ogni lingua ha, sia nello scritto che nel parlato, in funzione di come si modifica lo scenario sociale e culturale entro il quale quella lingua vive attraverso la popolazione che la usa. E non ho visto alcun riferimento alle influenze che gli stili e le abitudini di vita, che non sono sempre uguali a se stessi e anzi negli ultimi anni sono cambiati e vediamo cambiare con una velocità sempre maggiore, si trasferiscono al modo con cui ci relazioniamo e, dunque, per forza di cose, anche con cui comunichiamo. Infine non ho visto alcuna traccia nemmeno dell'influenza dei media né, soprattutto, del fatto che una modifica dell'uso lingua non può implicare un giudizio morale, in quanto è soltanto un riferimento convenzionale di comunicazione, ancorché avallato da una tradizione che però non ha alcun valore se non quello, appunto, di essere consolidato nel passato e tramandato da esso e quindi essere legato all'eventuale nostalgia o attaccamento (legittimi) che possiamo provare nei suoi confronti, ma che non essendoci niente che lo definisca come regola immutabile, può essere soltanto preso a titolo di pregiudizio.
Ho l'impressione, avallata anche per esempio da un altro tuo recente intervento sui Social Network e sui suoi fruitori (da te definiti "legioni di imbecilli") che forse tu non abbia digerito fino in fondo i cambiamenti che stiamo vedendo in atto nella società a partire dagli anni duemila. Contrariamente a quel medioevo da te ben conosciuto, in cui la visione del futuro era legata solo, in prima battuta alla speranza di non essere travolti dai barbari, spazzati via dalla peste, vessati dal Signore di turno, avere un buon raccolto eccetera, e in ultima analisi all'incertezza tra la ricompensa divina e il castigo eterno, un tempo in cui la società si riteneva sempre immobile e uguale a se stessa per lo meno all'interno dell'orizzonte di alcune generazioni, ora le società si modificano rapidamente e i cambiamenti sociali influenzano i modi di vita e di pensare delle persone e quindi, anche, come si esprimono e come si mettono in relazione tra loro. In particolare, le nuove tecnologie di comunicazione, nella fattispecie i Social Network da te tanto osteggiati, hanno una parte non trascurabile nell'evoluzione di questo nuovo universo relazionale. Perché oltre alla velocità e all'immediatezza, che presuppongono una comunicazione snella ed essenziale (quindi bando alle inutili sovrastrutture ossequiose), danno soprattutto la possibilità di conoscere persone anche solo virtualmente e, nella democrazia della rete, esiste un'uguaglianza di fondo che nella realtà non c'è. Ed è anche questo il bello. Nei Social Network sei giudicato per quello che dici e, semmai, per come lo dici, non per l'età che hai, se hai la barba bianca, la pelle nera, se sei transgender, se sei ebreo, o se sei professore universitario. E personalmente sono convinto che questo modello relazionale si stia lentamente trasferendo anche nella società reale, pur con le dovute cautele e distinguo, necessari sempre quando non ci sono i presupposti per generalizzare.
Tuttavia, non vedo come questo possa essere automaticamente contraddistinto dalla connotazione negativa su cui tu punti il dito, senza che possa essere considerato un tuo preconcetto. Il Tu e soltanto il Tu, se rivolto a uno sconosciuto, ma anche a un conoscente con il quale non si ha molta confidenza, non implica necessariamente un insulto o una mancanza di rispetto. Niente di stigmatizzabile, insomma. L'arroganza, l'abuso, la mancanza di gentilezza o il difetto di garbo, l'insulto vero, quelli sì sono comportamenti biasimevoli, che feriscono le relazioni. Ma l'uso del Lei o del Voi non mettono certo al riparo da queste mancanze di rispetto, come l'uso del Tu non configura automaticamente una situazione da condannare. Pensare che il Tu sia già un insulto a prescindere, sminuisce gli insulti veri. Del resto mi riesce difficile capire il motivo di tanta acrimonia o preoccupazione, se non quello – più generale – della paura innata che tutti abbiamo del cambiamento, la modifica di uno status quo o del superamento di una tradizione che, per quanto possa dispiacerci e spiazzarci, non sottintende necessariamente l'instaurarsi di qualcosa di maligno contro il quale dobbiamo per forza combattere. Al contrario potrebbe configurare un mondo dove, per esempio, i soloni scendano giù dal prezioso arrocco dei loro scranni; i vecchi siano un po' più rispettosi (ebbene sì) e abbiano un po' più di fiducia nei confronti dei giovani coi capelli lunghi, il piercing al naso e il tatuaggio sul collo, senza voler sempre impartire loro lezioni e morali a ogni costo; i grandi medici la smettano di guardarti come divinità che lumano un pezzo di carne di cui disporre a proprio piacimento, portafoglio compreso; i vicini di casa siano degli esseri umani cui poter bussare per chiedere un uovo e un po' di zucchero per la torta, senza temere sbirciate in tralice o grugniti dietro lo spioncino, ma con la confidenza di avere la risposta di un sorriso e ricambiarlo con una fetta di dolce appena sfornato. Perché il Tu non insulta le persone, semmai le avvicina, anche soltanto di un po’. Magari, chissà, potrebbe anche essere un mondo migliore.
Con immutata stima e rispetto (nonostante il Tu),
Alessandro Vietti