Lettera aperta a una figlia che torna

Creato il 12 luglio 2014 da Astorbresciani
Eri partita piena di entusiasmo, luminosa come il sole, che quel giorno, però, si era dato alla macchia, lasciando che a salutare l’inizio di un’avventura dal sapore epico fosse la pioggia torrenziale. Ho colto nei tuoi occhi una lunga teoria di emozioni e un’oncia di sbigottimento mentre ti allontanavi, appollaiata sulla moto, dietro Tommaso, come una scimmia cappuccino aggrappata saldamente a un albero. Avrei voluto trattenerti, nell’estremo tentativo di fermare il destino. Avrei voluto farlo per quell’amore viscerale e il senso di protezione che ti ho sempre manifestato, senza remore. Ci credi che ho avuto il presentimento che non avresti mai raggiunto la Mongolia? Ho fatto fatica a celare la mia ansia e ho seguito le tue tappe avventurose e insieme romantiche verso l’Oriente con una compartecipazione quasi fisica. Ma la sera in cui non hai dato notizie, qualcosa mi ha detto che la strada era finita per te e Tommy. Quando mi hai telefonato prima dell’alba da un ospedale della Siberia per dirmi che avevate avuto un brutto incidente, è stato come se un masso rotolasse giù dalle balze dei monti Urali per spiattellarmi. Di quel masso avevo avuto sentore in una notte piena di incubi. Per fortuna, lo stesso destino che ha voluto farti vedere la morte in faccia sulla Transiberian Highway – che l’OMS ha definito la quinta strada più pericolosa del mondo – ti ha risparmiato. Ciò mi basta e avanza per essere felice e riconoscente all’Intelligenza cosmica in questo momento di sofferenza e tensione che il saperti prossima al ritorno mitiga. Ti scrivo una seconda volta, a breve distanza dalla prima, perché torni a casa su un aereo sanitario, con le ossa rotte e il morale annichilito. Con l’intimo sentire che i tuoi progetti siano finiti con uno schianto. Immagino il tuo stato d’animo, il tuo avvilimento. Sai quante volte l’ho provato? La vita mi ha riservato successi e sconfitte, in un gioco di alternanze a volte beffarde, e mentre i primi sembravano sempre troppo brevi e volatili, le seconde tracciavano solchi profondi e duraturi nell’animo. Sarà così anche per te, temo. Essere caduta lungo la via ti lascerà cicatrici più devastanti di quelle fisiche, più umilianti della convalescenza, che si annuncia lunga e insopportabile. La sensazione di avere fallito ti farà più male del politrauma e dell’intervento chirurgico che hai dovuto affrontare. Io voglio provare a lenire il tuo dispiacere, mia piccola, impavida avventuriera sbaragliata dall’Ananke. Voglio dirti che l’unico fallimento, nella vita, è non avere provato. Non è il tuo caso. Tu hai cullato un sogno fantastico e l’hai realizzato insieme all’uomo che ami, anche se non avete potuto portarlo a termine. Peccato e pazienza! Avere tentato un’impresa è di per sé una grande nota di merito. Hai dimostrato audacia, capacità organizzativa e di adattamento, intelligenza e forza non comune. Oh, certo, ti leccherai le ferite nei prossimi mesi, come fa chiunque perde, e proverai rabbia, sconforto, intolleranza verso tutto e tutti. È normale. Ma quando avrai compreso il senso della tua sconfitta, ti accorgerai che in realtà è una vittoria. Luis Sepulveda ha scritto: “Quando vivi intensamente, capisci presto che la cosa più facile, più normale, è il fallimento. Perché solo dal fallimento ricavi una lezione”. È presto per dire quale possa essere. L’insegnamento che nasce da una delusione non è sempre chiaro, non dall’inizio. Ma un giorno sarai consapevole del perché è andata male, saprai che è per il tuo bene, che la tua anima aveva chiesto di affrontare e superare la dura prova che ti attendeva in un luogo del pianeta dove mai avresti immaginato di rischiare la vita. Per altro, la vita l’hai già rischiata in Africa e in Afghanistan. C’è una frase, nel film Batman Begins, che fa al caso tuo. Rivolgendosi a Bruce Wayne, Alfie si chiede: “Perché cadiamo, signore?” e subito si dà la risposta. “Per imparare a rimetterci in piedi”. In realtà, tu sapevi già rimetterti in piedi. L’hai fatto più volte, lasciandoti alle spalle le amarezze. Lo farai anche questa volta. Sono certo che farai tesoro del messaggio che l’universo ti ha inviato. Non sta a me suggerirti quale sia. Lo sai già. Il tuo cuore lo conosce. C’è un’altra frase che mi viene in mente e ha il sapore del proposito. Un giorno, il grande cestista Michael Jordan disse: “Posso accettare di fallire, chiunque fallisce in qualcosa. Ma non posso accettare di non tentare”. Anche tu sei così. Non puoi fare a meno di tentare e ti ammiro per questo. Andrai a canestro tante volte nella vita, perché sei nata per essere vincente. In un mondo dove troppa gente vive di luce riflessa, parla tanto ma agisce poco e male, tu costituisci un’eccezione. Splendi di luce propria, contagiosa. Continua a splendere, audace guerriera di luce. Continua a coltivare sogni impossibili perché la vita non deve farti paura, anche quando è ingiusta e feroce. Continua a camminare a fronte alta, a pensare in grande, a inseguire le nuvole in cammino. Ma di una cosa ti prego, però: mentre ammiri il cielo, fai attenzione alla nuda terra. Anche le scimmie cadono, ci ricorda un proverbio orientale. Figuriamoci com’è facile inciampare per un essere umano che aspira a volare!

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