Lettera aperta al presidente del genoa: l’iran non e’ un “gioco prezioso”, ma un regime brutale…

Creato il 30 aprile 2014 da Nopasdaran @No_Pasdaran

Egregio Presidente Preziosi,

Con delusione abbiamo appreso del recente incontro tra un responsabile del Genoa calcio, tale Giulio Mongardi, e Mohammad Reza Saket, senior advisor dell’Associazione calcistica iraniana. Per quanto la cooperazione nel settore sportivo possa apparire innocente, la realtà è ben diversa. Anche le pratiche ludiche, nella Repubblica Islamica, sono sotto il controllo e l’oppressione del regime dei Mullah. L’interferenza è talmente importante e preponderante che, nel 2006, la FIFA fu costretta ad sospendere l’Iran da tutte le competizioni, proprio per la mancanza di autonomia rispetto al regime.

Non soltanto: la questione dello sport e del calcio in particolare, si ricollega direttamente a quella dei diritti umani. Nella Repubblica Islamica, caro Presidente Preziosi, le donne non posso accedere agli stadi in quanto considerate inferiori. La vita e la testiminianza di una donna, secondo la legge iraniana, valgono meno della metà di quella di un uomo. A niente, almeno sinora, sono serviti gli appelli internazionali per aprire gli stadi anche alle persone di genere femminile. Lo stesso cosiddetto Presidente moderato Rohani, su questa questione ha continuato a tacere. In diverse occasioni, come il video qui sotto dimostra, le donne hanno manisfestato contro questo divieto e, puntualmente, sono state arrestate e minacciate.

Il bando contro l’ingresso delle donne allo stadio, è stato anche il tema protagonista di un film del regista iraniano Jafar Panahi. Il film, che Le consigliamo di vedere Egregio Presidente, si intitolava “Offside” e vinse l’Orso d’Argento al Festival di Berlino del 2006. La trama, bellissima, raccontava di sei donne che, per poter assistere ad una partita della nazionale, decidono di travestirsi da uomini e sfidare le forze di sicurezza. Per la cronaca, Jafar Panahi è oggi in arresto in Iran per le sue idee politiche, condannato a sei anni di carcere e privato della possibilità di svolgere liberamente il suo lavoro.

Ancora: il calcio in Iran, come in buona parte del mondo, si interseca direttamente con la politica. Solamente che, mentre in quasi tutti gli stadi nostrani è il razzismo a farla da padrona, in Iran alcuni giocatori della nazionale iraniana – nonostante la nota violenza del regime contro gli oppositori – ebbero nel 2009 il coraggio di protestare simbolicamente contro il Governo. Mentre per le strade di Teheran i Pasdaran uccidevano i manifestanti democratici, sei calciatori iraniani scesero in campo contro la Corea del Sud con al braccio un polsino verde, simbolo dell’Onda Verde e di coloro che volevano cambiare un regime dispotico. I giocatori – Javad Nekounam, Ali Karimi, Hossein Kaebi, Masoud Shojaei, Mohammad Nosrat, Vahid Hashemian e il capitano della nazionale iraniana Mehdi Mahdavikia - furono tutti puniti dalla Federazione Calcistica Iraniana. I media del regime, mentendo, annunciò anche il loro prossimo ritiro dai campi da gioco

Considerando quanto Le abbiamo scritto, Egregio Presidente Preziosi, Le chiediamo di intervenire personalmente per terminare la cooperazione con una organizzazione, diretta emenazione di un regime brutale e assassino. Sappiamo che il business ha le sue regole e che le squadre di calcio hanno oggi bisogno di importanti finanziamenti. Tuttavia, considerata anche la bellissima storia della città di Genova, del Genoa Calcio e dei suoi tifosi, riteniamo che la difesa dei diritti umani e della libertà sia assai più importante di ogni altra considerazione.

Speranzosi in un Suo diretto intervento, La salutiamo con una stupenda poesia di un grandissimo artista, Fabrizio De Andreà, nato a Genova, tifossisimo della Sua squadra che, quando morì, si fece proprio cremare con la sciarpa del Genoa Calcio.

No Pasdaran 



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