LETTERA APERTA Al Prof. Sergio Vetrella Assessore Regionale ai Trasporti

Creato il 11 aprile 2012 da Ciro_pastore
LETTERA APERTAAl Prof. Sergio VetrellaAssessore Regionale ai Trasporti Egr. Assessore, in queste ore, Lei ha opportunamente diffuso – attraverso i social network – il Piano di Ristrutturazione del Gruppo EAV (http://www.sergiovetrella.it/wp-content/uploads/2012/04/piano-risanamento-eav-aprile-2012.pdf ). Si tratta di un’innovativa e trasparente modalità di divulgazione, di cui non possiamo che esserLe grati perché consente, a chi non fa parte integrante dell’establishment politico-sindacale, di partecipare ai processi di ristrutturazione, seppure da semplice spettatore. Dall’attenta lettura del Piano, come modesto conoscitore del TPL della nostra Regione, ricavo una serie di considerazione che vorrei sottoporre a Lei e a tutti gli altri protagonisti del sistema trasporto pubblico in Campania. Riguardo alle azioni decise nel Piano Straordinario di Recupero del materiale rotabile, Lei sa bene che l’emergenza determinatasi in Circumvesuviana e SEPSA non può essere risolta attraverso l’esiguo stanziamento di 20 milioni di euro, essendo ben più ingente la cifra necessaria a ripristinare la normalità. Il piano di rientro pare obiettivamente fin troppo ottimistico, ma anche se fosse rispettato (e difficilmente lo sarà) i 90 elettrotreni saranno disponibili per la fine dell’anno prossimo. Quindi, fino ad allora, i clienti si preparino a vivere le condizioni da deportati paganti che stanno subendo in queste settimane. Stesso discorso per l’arrivo di nuovi treni o il riadattamento dei vecchi (revamping): tempi lunghi ed incertezza sulle consegne preventivate, visto che FIREMA è a sua volta sull’orlo del fallimento. Proseguendo nell’analisi del Piano, scopriamo che i Contratti di Servizio, con cui la Regione remunera le aziende, hanno subito una decurtazione di circa 25 milioni negli ultimi due anni e ciò a fronte di una riduzione di corse non sufficiente a compensare tale drastico taglio. In sostanza, i costi fissi sostenuti dalle aziende si sono ridotti in misura non proporzionale al taglio regionale, ergo lo stato di difficoltà delle stesse peggiorerà ulteriormente se non si provvede ad una sostanziosa riduzione dei costi del personale (circa 80% del totale). Infatti, come da molti suggerito, opportunamente il Piano prevede la fusione delle tre aziende operative in una sola e il successivo scorporo in due realtà che si occuperanno, l’una, di gestione del servizio e, l’altra, delle infrastrutture e del materiale rotabile (sulla falsariga di quanto già realizzato in FS, con la nascita a suo tempo di TRENITALIA e RFI). Ma la fusione langue da settimane per problemi tecnico-giuridici. Soprattutto, non pare poter essere l’unica panacea a tutti i mali delle aziende coinvolte. Infatti, anche volendo accettarne l’utilità teorica, la fusione ha bisogno di scelte drastiche in termini di organizzazione del lavoro, produttività, standard retributivi e difesa dei livelli occupazionali. Su questo il Piano non dice nulla, se non generiche enunciazioni di principio, peraltro ampiamente condivisibili. Cosa s’intende, infatti, con “rimodulazione dei programmi di esercizio e conseguente ristrutturazione delle risorse umane”? Nulla dicono in merito le patinate slides, ma è proprio in quelle parole il nocciolo del problema. Certo, non si pretendeva una dettagliata descrizione della rimodulazione dei programmi di esercizio. Né ci si aspettava che fosse illustrata la ristrutturazione delle risorse umane al livello di ogni singola unità organizzativa. Ma, caro Assessore, ci saremmo augurati di essere messi a conoscenza, quanto meno, delle linee guida e dei criteri che guideranno le scelte in merito. Invece no, dopo due anni di approfondito studio, siamo ancora alle pure enunciazioni di principi. Nel suo Piano non si trova traccia di come e quanto sarà ridotto il costo del lavoro. Né vi è traccia di quale sia il criterio su cui si baserà la rimodulazione dell’offerta. Infine, nulla si dice nello specifico sulla vision a medio/lungo termine, su cosa s’intende fare per adeguare il modello di business del TPL alle mutate esigenze della società e dei territori serviti. Come Lei ben sa, la riduzione della forza lavoro, e del suo relativo costo, è stata finora ottenuta attraverso procedure che si possono definire “indolori”. Essenzialmente, è stato utilizzato lo strumento dell’esodo incentivato. Ma la sopravvenuta modifica del sistema pensionistico, a cui si è aggiunta la palese insufficienza delle risorse finanziarie previste dalla creazione del Fondo di Solidarietà (nato dall’Accordo del 16 dicembre 2011), lasciano prevedere che i prossimi interventi sulla ristrutturazione (come brutalmente da Lei viene definita) delle risorse umane non sarà priva di sacrifici, in termini retributivi ed occupazionali, per i lavoratori delle aziende coinvolte nel Piano. Non è azzardato prevedere che, nella prossima fase, verranno utilizzati tutti gli strumenti previsti nell’Accordo citato: riqualificazione, mobilità interna ed esterna alle aziende, contratti di solidarietà ed esodi forzati. Probabilmente, alcune categorie (amministrativi) saranno chiamate a soffrire più di altre (personale viaggiante), così come gli sviluppi della crisi ACMS sta già dimostrando nei fatti. Se “lacrime, sudore e sangue” deve essere, che lo siano per tutti. Non è accettabile che, in maniera preordinata e preconcetta, alcuni lavoratori siano utilizzati come “agnelli sacrificali” di un sistema che produce forti resistenze corporative interne. Resistenze che, troppo spesso, trovano facile sponda sia in ambito politico che sindacale, purtroppo. Sono certo, peraltro, che, nella sua testa avrà ben chiari i dettagli operativi della ristrutturazione. Sono convinto che i suoi più stretti collaboratori condividano ogni singola scelta. Sono sicuro che, nelle segrete stanze delle trattative, anche i vertici sindacali saranno già stati messi a conoscenza di ogni decisione. Conosco fin troppo bene i meandri della politica per non accettare che i giochi vengono fatti sempre altrove. Ma non Le sembra opportuno, Egregio Assessore, che anche i lavoratori sappiano cosa gli riserva il futuro? O dobbiamo supporre che la presumibile durezza delle scelte, Le abbia consigliato la riservatezza assoluta? Se fosse così, la Sua apprezzabile trasparenza e totale disponibilità al dialogo, manifestatasi attraverso l’uso non filtrato dei social network, suonerebbe come un inutile contentino, piuttosto che il segnale di un più moderno approccio alla tanto sbandierata democrazia partecipativa. Ciro Pastore