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Lettera aperta di rientro dal Festival di Venezia – “A Bigger Splash” or a smaller view…?

Creato il 14 settembre 2015 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma
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Le “scenografie naturali” dei film internazionali spesso si trasformano in biglietto da visita per far scoprire dei territori ancora “fuori rotta” al turismo di massa.
E’ già accaduto spesso, anche in Italia.
Ma cosa avviene quando il racconto si fa ambiguo, confonde realtà e finzione, persone e personaggi?
Lettera aperta di un operatore di Pantelleria, milanese di nascita ma pantesco per scelta ormai da anni, dopo la visione di “A Bigger Splash” alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia.

Venezia, 11 settembre 2015 – “A Bigger Splash” or a smaller view…?

Esco dalla prima di “A Bigger Splash” scosso, turbato e confuso; qualcosa ha violato la mia intimità come non mai… L’isola dove ho scelto di vivere e la sua gente generosa non meritavano questo.

Qui nessuno ha mai chiuso profughi e migranti in gabbie sotto il sole in piazza, nessuno può rappresentare ospiti dell’isola che orinano sprezzanti sui Sesi, nessun Pantesco si venderebbe l’anima per un autografo di un cosidetto “vip”… Proprio a Pantelleria?! A Pantelleria dove neanche se ti chiami Sting, Armani o Madonna qualcuno del luogo si permetterebbe di fermarti per un autografo?!

Ma è così che a breve sarà presentato il biglietto da visita di Pantelleria nel mondo. Un’aggressione, spero inconsapevole, all’isola e alla sua fragile identità, che mira a colpire l’Italia mediante la facile chiave dell’estremizzazione dello stereotipo del malcostume di un meridione arretrato e corrotto.

Il denaro compra in tutto il mondo, mentre il tempo cristallizza il concetto di valore nel modo più pieno ed assoluto, ma Pantelleria ancor oggi in molte delle sue nascoste pieghe contiene il più grande patrimonio perduto dall’uomo: il valore del tempo.

È questo il patrimonio locale più prezioso da tutelare.

Così oggi ci stiamo forse rendendo conto, sempre più palesemente, che tutti noi provenienti dal mondo moderno (me compreso) abbiamo sottratto inconsapevolmente, e nel tempo indebolito, questo sacro valore dell’isola e dei suoi abitanti. Così oggi ci sentiamo improvvisamente allarmati e spaesati nel veder materializzarsi le conseguenze della loro inconsapevole mercificazione dell’identità.

Credo sarà, per chi è nato e vissuto nell’isola e per tutti noi, un duro colpo; e ci servirà di lezione, lo spero.

Chi mai si sarebbe aspettato di divenire controfigura inconsapevole di sé stesso ed oggetto di una “fiction documentale”, solo per una una semplice retribuita comparsata?

Nel ‘film/documentario’ “A Bigger Splash” tutto ciò che è realtà viene banalizzato, stereotipato e snaturato ad hoc, mantenendo tuttavia nomi di luoghi, cose e persone reali.

La drammaticità della visione di questa ‘opera ibrida’ tra fiction e documentario sorge quando non si delinea mai chiaramente il netto confine tra fiction e realtà/documentario, confondendoli e confondendo.

Ora mi aspetterei che tutti voi che come me vivete sull’isola e/o la amate nella sua essenza guardiate questo film con occhi e cuore; poi avremo tempo per riparlarne.

Ognuno di noi ha livelli di sensibilità e percezione differenti… Magari mi sbaglio, ma credo che non sarò il solo sull’isola a provare amare sensazioni. Gli isolani più fortunati sono coloro che non hanno preso parte lavorativamente e collaborato a questa storia: saranno infatti i pochi ad avere una coscienza serena e senza rimorsi, condizione della quale purtroppo neanch’io potrò giovarmi.

Ora non ci resta che provare tutti assieme a difendere quelle piccole fragili pieghe dell’isola dove il tempo domina ancora e dove tutto il resto è inutile.

Qualcuno mi ha detto che dopotutto dovrei comunque essere contento perchè si parlerà di Pantelleria nel mondo e ci sarà un ritorno; ma ritorno di che?

Forse non ci crederete ma del cosidetto “ritorno turistico” personalmente non mi importa proprio nulla, anche perchè ripudio con tutto me stesso il concetto e il valore moderno del cosiddetto “Turismo”, ritenendo invece sacro e prezioso ciò che viene definito dal termine “Viaggio”.

L’uomo, sin dalle sue origini, è sempre stato viaggiatore e solo da pochi decenni “turista”… Tra le due cose c’è una grande differenza, argomento che più avanti ed altrove avrò il piacere di approfondire.

Ora ciò che mi preoccupa molto è il tipo di umanità che questo film potrà invogliare a venire sull’isola.

I quantitativi e le rese nella vita non mi sono mai interessati, preferisco e ricerco da sempre la qualità. Credo però che per produrre o avere qualità bisogna essere in grado di saperla scegliere: anzitutto scegliere come tutelarla, scegliere con quale immagine e dialettica promuoverla, e a prescindere da tutto scegliere quale direzione di sviluppo intraprendere.

Attenzione però, perchè il più delle volte una scelta preclude definitivamente l’altra.

Continuare ad accontentarsi di qualsiasi cosa ci arrivi purché sia denaro e immagine, dando fiducia incondizionata a gente e progetti preconfezionati senza sceglierli, ci ha portato alle conseguenze che tra poco probabilmente tutti vedranno paventarsi nel buio di una sala cinematografica.

Ed il ‘bello’ è che in questa trappola ci sono caduto anch’io: come agenzia ho affittato infatti alla produzione del film due Dammusi, cosa che col senno del poi avrei preferito aver evitato, ma tant’è.

Quasi tutti qui abbiamo dato fiducia a prescindere, perchè bastava lavorare, bastava esserci, bastava partecipare al primo superfilm con le star di Hollywood girato a Pantelleria…

Nessuno di noi si è preoccupato di chiedere cosa ne avrebbero fatto di noi, dell’isola, qual era la trama o il messaggio del film. Questo ci servirà di lezione: dobbiamo imparare a scegliere e a decidere cosa vogliamo dagli altri ma soprattutto da noi stessi, quali sono le prospettive e lo sviluppo coerente e funzionale ad un territorio così delicato e fragile, cosa possa dar vita ad un futuro più degno per l’identità isolana, cosa possa preservare l’unicità e la magia di questa terra.

I traumi se non uccidono servono a crescere, e l’isola prenderà a breve un sonoro inaspettato schiaffone. Sarà quindi necessario guardarsi dentro ed in profondità, ammettere e riconoscere per una volta l’errore ed il fallimento di un modello senza che ciò debba divenire per forza una colpa.

Il più delle volte si fallisce per ingenuità: fallire in un certo senso è come morire e questo rappresenta la luce del nuovo, del divenire.

Solo da un fallimento possiamo trarre insegnamento e linfa per rinascere, per imparare finalmente a scegliere e non aspettare o cercare di venire scelti da chiunque passi casualmente per la nostra strada.

L’attitudine del “che se ne parli bene o se ne parli male, l’importante è che se ne parli” non è quello che dobbiamo cercare. Non dobbiamo inseguire i numeri fini a sé stessi, le “Disneyland del turismo”, non dobbiamo accettare le estrazioni petrolifere in luoghi vocati ad altro.

L’incuria del bene comune, della nostra identità e del nostro ambiente, non producono nulla se non l’annientamento della nostra natura, delle tradizioni, delle endemicità e del futuro del genius loci… E’ il mondo che ce lo sta insegnando.

Dobbiamo cogliere questa occasione, stringerci forte tutti assieme e difendere quelle cose sempre più invisibili che ci hanno fatto innamorare della nostra Pantelleria, perchè è veramente unica, fragile e speciale.

Con amore.

Luca Genovese – SOLOPANTELLERIA



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