“Letteratitudine”. Quando un blog è un punto d’incontro.

Creato il 03 agosto 2012 da Thefreak @TheFreak_ITA

In qualunque spiaggia abbiate deciso di stendervi come lucertole al sole, concentrati a vincere la vostra disperata battaglia con il gelato colante che avete appena strappato al chiosco, pavida illusione di refrigerio, o su qualsiasi monte abbiate voluto riempire i polmoni di aria fresca e la pancia di insaccati, ritagliatevi un momento da dedicare ad una banalissima riflessione: molte delle nostre quotidiane abitudini sono cambiate in questi trent’anni, anzi per essere maggiormente precisi, sono state sostituite da un semplicissimo, leggerissimo gesto.

Pensateci un attimo, che siate insegnanti alle prese con gli sfiancanti psicodrammi adolescenziali degli alunni, o alunni angosciati dalle interrogazioni di insegnanti troppo stressati, ragionieri metodici persino nella scelta del menù della domenica a pranzo dalla mamma di lei, giornalisti costretti a inventare notizie che spontaneamente non si decidono ad arrivare, avvocati talentuosi, capaci di creare sempre una nuova giustificazione che sposti di qualche centimetro la misura della morale, c’è comunque un atto meccanico che, chiusa la porta di casa, lasciato fuori il caotico incalzare degli impegni, ci accomuna tutti, grandi e piccoli, belli e brutti, occupati e, purtroppo soprattutto, disoccupati.

Il dito scorre veloce e pigia il tasto, la luce sfavillante illumina lo sguardo stanco, e subito dopo arriva l’annuncio del suono: il computer si è acceso, di fronte a noi si è appena aperta una piccola finestra sul mondo, molti di noi non sentono nemmeno più il bisogno di acquistare il giornale in edicola, perché farlo in fondo se virtualmente abbiamo la possibilità di leggerne diversi in un quarto del tempo? Perché telefonare con il fisso se il computer ci consente di veder sorridere il nostro interlocutore senza nemmeno dover pagare di più? La televisione resta relegata in un angolo, quasi triste, soppiantata da uno spietato pc, capace di offrire al proprio proprietario la possibilità di visualizzare qualsiasi notiziario, qualsiasi video, qualsiasi film, qualsiasi intervista in qualunque momento, a seconda del proprio desiderio e della propria tempistica, anche la corsa allo shopping con i saldi per molte è virtuale, senza contare poi la ricerca del partner, migliaia i siti d’incontri che ci consentono, tramite una serie di filtri di fare una selezione che, naturalmente, sarebbe stata molto più difficile effettuare così precisamente, salve così dalla possibilità che, giunte al secondo appuntamento, la vostra nuova fiamma si dichiari romanticamente un fervido e, oramai vintage, berlusconiano, stroncando sul nascere così ogni peccaminoso pensiero abbiate potuto mai dedicargli.

Che questa tendenza sia frutto della soddisfazione di una semplice esigenza dettata dalla comodità, o che sia figlia del cosmopolitismo degli anni zero, che ci abbia avvicinato e/o allontanato, che sia un bene o un male, internet ha sicuramente rivoluzionato il nostro scenario comune, permettendoci di realizzare progetti poco tempo prima nemmeno immaginabili, ed esperimenti sociali decisamente originali e interessanti.

Magari così, anche se definirlo in questo modo è forse riduttivo, è possibile cominciare a raccontare di Letteratitudine, blog di successo di Massimo Maugeri .

Nato come open-blog volto a offrire un luogo di incontro per scrittori, lettori, critici e giornalisti, Letteratitudine ha subito riscosso un immediato successo, divenuto uno dei blog d’autore del gruppo L’Espresso, ha raggiunto in pochissimo tempo grandissima popolarità diventando uno dei siti più frequentati in Italia, tanto che differenti giornali gli hanno dedicato più di un articolo, come lo stesso settimanale Panorama.

Della sua evoluzione ma soprattutto anche della carriera del suo creatore, scrittore di romanzi di successo quali Identità distorte o Viaggio all’alba del millennio abbiamo avuto il piacere di parlare direttamente con Massimo Maugeri, che ci ha concesso la possibilità di ascoltare la sua visione di questo nuovo panorama, soprattutto virtuale, che ci circonda:

 

“Letteratitudine” è un blog di gran successo, com’è nato? Ci racconti della sua evoluzione.

Letteratitudine nasce per caso, nel settembre del 2006, dalla semplice esigenza di convogliare un gruppo di amici intorno ai libri. L’idea è semplice: creare un luogo di incontro virtuale tra coloro che hanno a che fare con i libri: scrittori, lettori, librai, critici, giornalisti, operatori culturali. Ogni libro, mi dico, contiene un mondo e affronta temi diversi; ogni tema può essere meritevole di riflessione; ogni riflessione può essere oggetto di dibattito. Così pubblico il primo post e invio il link per email a una decina di amici. Da quel momento il successo è crescente. Si innesca il passaparola e fioccano richieste di iscrizione alla mia newsletter all’indirizzo letteratitudine@gmail.com.

Oggi Letteratitudine ha un forte seguito anche a livello internazionale (con oltre 30.000 iscritti alla mia mailing list). Da un paio di anni ho integrato il blog con una trasmissione radiofonica di libri e letteratura che va in onda sulla milanese “Radio Hinterland”, dove ho avuto modo di ospitare tanti rappresentanti del mondo dei libri e della letteratura…

Perché Letteratitudine è riuscito a emergere? Me lo sono chiesto più volte. Non è facile trovare risposte. Posso immaginare che il “successo” sia dipeso dalla scelta di non parlare di sé, ma di far parlare gli altri; o dal garantire, nelle discussioni online, un clima di serenità e di garbo; o, forse, dal mettere in contatto scrittori noti e diversi tra loro con il pubblico dei lettori; o anche dal tentativo di creare un ponte tra i critici militanti della rete, quelli della carta stampata e gli accademici (puntando ad abbattere i loro reciproci pregiudizi). Ma sono solo ipotesi…

“Muccapazza” il racconto con il quale ha esordito su Lunarionuovo, cristallizza i pericoli comuni del mondo delle chat, le angosce e i rischi delle conoscenze virtuali, come le è venuta l’idea di scriverlo? E perché lo ha fatto?

“Muccapazza” è stato il primo racconto che ho pubblicato su una rivista (poi è confluito nella raccolta “Viaggio all’alba del millennio”). La storia è un po’ pirandelliana e fa riferimento all’uso consolidato dei nickname (ovvero pseudonimi) negli scambi online. Il nickname, in effetti, è una maschera dietro cui potrebbe nascondersi chiunque. Il protagonista del racconto segue i percorsi telematici di una chat erotica e comincia a dialogare con questa Muccapazza. Ma chi si nasconde dietro il nomignolo? Il protagonista non lo sa. A un certo punto una serie di eventi lo mette di fronte a una possibile realtà difficile da digerire. Come ho detto altre volte, a mo’ di battuta, se Pirandello fosse vissuto in questa nostra epoca, forse anziché scrivere “Uno, nessuno, centomila” avrebbe scritto “Uno, nessuno, un miliardo”.

“Identità distorte” è un libro profondo e psicologicamente angosciante, scopre tante domande attuali, quale messaggio ha voluto trasmettere con la sua prima prova di romanziere?

“Identità distorte” è un romanzo che rientra in una sorta di ciclo delle identità (di cui fa parte anche “Viaggio all’alba del millennio”). Nasce da un’immagine: c’è questo tizio che entra nell’ascensore e, inspiegabilmente, ne esce nei panni di un’altra persona. Dalla visione di questa scena si è sviluppata l’idea che è poi scaturita nell’intreccio narrativo del romanzo, la cui struttura – in effetti – è piuttosto complessa.

In verità non c’è un vero e proprio messaggio. Semmai, tra le righe della storia, si può nascondere un tentativo di analisi delle discrasie del mondo occidentale, con riferimento principale al breve ma intenso arco temporale che va dal crollo delle borse, successivo alla bolla speculativa che ha interessato la cosiddetta new economy, alla tragedia del World Trade Center di New York. È, in un certo senso, un racconto provocatoriamente assurdo che ha l’ambizione di essere al tempo stesso riflesso e specchio di una società che a volte rasenta il paradossale. C’è il tema della crisi d’identità individuale – più o meno consapevole – favorita dalla costante sottoposizione dell’individuo a valanghe di informazioni non sempre veritiere e da un sottile processo mediatico di mitridatizzazione che mira a generare una rassegnazione intellettuale di massa, una passiva accettazione di realtà distorte.

Oggi “Identità distorte” è introvabile. I diritti però sono tornati in mio possesso. Mi piacerebbe ripubblicarlo nel 2015, a dieci anni esatti dalla sua prima pubblicazione.

Crede ci sia un modo di riscattarsi dalla condizione mentale moderna che è stato tanto bravo nel plasmare nel suo personaggio Claudio Crivi?

Due parole sulla trama del romanzo, a beneficio dei lettori di “The Freak”. Claudio Crivi è un imprenditore di successo che ha fondato a Catania, insieme a Valerio Giordano, una società internet: la Cwt. Una mattina uggiosa resta bloccato nell’ascensore della ditta a causa di un black out e accusa un malore. Uscito dall’ascensore e ristabilitosi, scopre di aver assunto le sembianze del giovane Stefano Re. Da qui si sviluppa la storia. Gli altri punti chiave sono connessi alle poesie di Valerio Giordano, allo sviluppo della follia del personaggio Lidia Crivi, ai postumi di una squallida relazione sentimentale che turba ancora Lara Giordano, figlia di Valerio. Poi c’è la Graskon: una società tecnologica americana decisa ad assorbire la Cwt. E infine un’organizzazione segreta di cui preferisco non rivelare nulla.

Ciò premesso, torno alla domanda. Come ho detto in altre circostanze, a mio avviso il rischio principale che corre l’uomo occidentale del nuovo millennio non è solo quello novecentesco di dover fare i conti con la possibile scissione tra identità e individuo, ma quello di perdere anche la capacità critica per rendersi conto del rischio di incappare in tale scissione. Forse è questa la differenza principale con il Novecento: il secolo della psicanalisi (a cui hanno fatto riferimento molti romanzi). C’è solo un modo, secondo me, per preservare e accrescere il senso critico (soprattutto oggi… che viviamo in un periodo di grande esposizione massmediatica): leggere tanto. La lettura amplifica la nostra visuale, moltiplica i punti di vista, genera un processo di condivisione delle esperienze.

“Aclas” è un racconto schietto ma ricco di contenuti ed emozione, ancora una volta con la sua penna è stato in grado di mettere a fuoco ulteriori sfaccettature della personalità dell’uomo moderno. Un uomo che ha troppo spesso paura dello “straniero” nel senso greco del termine, del “diverso”. Come siamo diventati così?

Credo che la paura del “diverso” sia connaturata all’uomo. In una società globalizzata e caratterizzata da un enorme flusso migratorio (in entrata e in uscita) come la nostra, la sua esistenza può sembrare paradossale… ma è ancora vigente. Serpeggia nei nostri pensieri, emerge dai nostri comportamenti. La paura nei confronti del “diverso” e dello “straniero” si può superare solo attraverso una rivoluzione culturale e interiore, sia a livello collettivo sia a livello individuale.

Camon ha scritto del suo libro intitolato come l’omonimo blog: “Lo guardo come si poteva guardare nel ’400 una copia appena stampata da Gutemberg. E’ il futuro (…)” . Come e cosa scriveremo fra cent’anni secondo lei?

Di recente ci sono stati parecchi dibattiti su questo tema. Di tanto in tanto emerge quella frase che si trascina ormai da decenni: il romanzo è morto. C’è chi sostiene che il romanzo tradizionale abbia esaurito il suo compito. Io credo che l’uomo continuerà a raccontare e a raccontarsi fino alla fine dei tempi, rimanendo ancorato ai temi ancestrali della sua esistenza… magari filtrandoli con le nuove esperienze vissute.

Con il suo ultimo libro “Viaggio all’alba del millennio” ci regala un affresco circolare e completo di tutte le nevrosi e i disordini dei nostri giorni attraverso uno sguardo realistico ma sempre speranzoso. Emerge chiara nei suoi personaggi la difficoltà di comunicare, sintomatica della nostra epoca, Internet è un’arma a doppio taglio, come possiamo usufruirne difendendoci?

Intanto, come ho risposto nelle domande precedenti, leggendo tanto: ogni romanzo letto equivale a una vita vissuta in più. E poi bisogna trovare il tempo per coltivare la propria interiorità. Altrimenti si rischia di finire risucchiati tra i vortici di un processo comunicativo vuoto, che prescinde dai nostri veri bisogni.

Un blog è un modo libero di raccontare e raccontarsi ma anche di leggere di altri, senza alcuna regola. E’ un’anarchia ma allo stesso tempo è forse la democrazia migliore che sia mai stata realizzata: siamo tutti uguali ma anche tutti liberi di essere qualcosa di diverso da quello che siamo. E’ pericoloso come ha spiegato lei nei suoi scritti, forse tra cent’anni queste splendide agorà saranno diverse? Saranno diventate perfette?

Credo che la perfezione prescinda dalla natura umana. Bisogna accettare le imperfezioni senza rinunciare a migliorare e a migliorarsi. Di certo dalla comunicazione online non si torna indietro. Per fortuna, aggiungo. Dobbiamo imparare a prendere il meglio anche da questo. L’esperienza, alla lunga, è sempre la migliore maestra.

Ringraziamo Massimo Maugeri, con gli auguri migliori per il suo blog e i suoi progetti.


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