Sul Libro:
La felicità è benefica per il corpo ma solo il dolore sarà in grado di sviluppare i poteri della mente. Gianni Tunda, l’intagliatore, lo capirà muovendosi in un’Italia d’inizio ‘800, un’Italia sulla strada dell’unificazione. E sviluppare i poteri della mente vorrà dire arrendersi alla voce del proprio cuore, a quell’Amore che conosce ragioni che la ragione non conosce. E sarà attraverso il proprio estro che l’intagliatore lo inseguirà. Comprenderà che l’amare e l’essere amati non è un qualcosa che capita, ma è un’arte creativa che si cerca di portare avanti in un’infinità di modi. Il bisogno d’amore verrà appagato quando sarà realmente intenzionato a imparare il modo migliore per donare se stesso. Per Gianni Tunda questo si sintetizzerà nell’essere utile agli altri, metabolizzando i fallimenti in possibilità di crescita, accettando il fatto che qualsiasi cosa gli impedisca di crescere non dovrà essere assolutamente difesa. Il non essere amati sarà allora una semplice e temporanea sfortuna. Lui lotterà per evitare la vera disgrazia, ossia il non riuscire ad amare.
La mia opinione:
In bilico tra la leggerezza fugace dell’episodico e la solidità del romanzo, seguendo i codici dell’anima prima di quelli della fede, Cristiano Mocciola dà vita alla storia di un uomo, della sua arte, della sua famiglia e nello stesso tempo a una riflessione sul senso dell’amore e dell’appartenenza. In un Italia che non è ancora tale, dove sbocciano e prosperano i primi moti nazionalistici, si muove Gianni, personaggio di una certa purezza non elaborata o censoria, un eterno viandante dall’animo gentile che nella sua straordinaria arte trova consolazione e un magico artificio per difendersi dall’incomprensione del mondo. In un crescendo di eventi più spirituali e psicologici che spettacolari, il protagonista, pur non abbandonando mai il suo fortissimo legame con la natura e la montagna, crescerà in un’altra versione di se, assorbendo cose nuove, viaggiando ed incontrando infine un’anima affine con cui stabilirà una sorta di specularità d’intenti e convinzioni. Dando ampio respiro a concetti quali coesistenza e senso di estraneità e mostrando quanto le connessioni che stabiliamo con luoghi e persone possano determinare il corso della nostra vita, Mocciola crea un romanzo, dai toni e dallo stile convincenti, che fa sognare e riflettere. Un’ avventura dell’anima.
E ora l’intervista con l’autore:
Bentornato su Pane e Paradossi – Letto e Bloggato, Cristiano! Che ne dici di raccontarci come è nato “Intagliatore”? Qual è stato l’input, la situazione o il personaggio che ha dato il via alla creazione del romanzo?
Ciao e grazie nuovamente per lo spazio che mi dedicate. L’idea di “Intagliatore” ha origine dalla frase che apre il romanzo. E’ un detto aborigeno che fa chiaro riferimento allo scopo terreno dell’essere umano e ci fa intuire che per quanto ci sforziamo o cerchiamo all’esterno ciò che ci fa stare bene, l’unica cosa che conta alla fine di tutto, alla fine della vita, l’unica cosa che ci porteremo via, sarà l’esperienza dell’amore che siamo stati in grado di fare, esperienza volta alla comprensione di questa energia che nutre e feconda ogni cosa nell’universo. Quando ho deciso di scrivere il romanzo avevo come punto fermo un unico obiettivo: far vivere ai protagonisti, attraverso la ricerca, la comprensione (per quanto possibile) di quest’energia.
Il tuo libro è ambientato nell’Italia di inizio ‘800, un’Italia sulla strada dell’unificazione. Ci vuoi raccontare delle ragioni che ti hanno spinto ad ambientare ”Intagliatore” in quella precisa epoca storica e di narrare, di conseguenza, la storia di Gianni, della sua arte ormai perduta e della sua ricerca d’amore?
I primi dell’800 con successiva unificazione del nostro bel paese mi sembrava un periodo adatto allo scopo che mi ero prefissato. Mi piaceva l’idea di mettere in risalto un periodo storico importante e allo stesso tempo intrecciarlo con la vita dei protagonisti. La storia di Gianni è stato lo sviluppo principale del testo sulla quale ho poi cucito la storia che ha portato all’unificazione dell’Italia. La scelta poi dell’arte alla quale si doveva approcciare è stata facile: avevo bisogno che Gianni si dedicasse al proprio sviluppo interiore attraverso un’abilità che nasce prima di tutto dall’immaginazione e che si concretizza in manifatture tangibili ai sensi. Ogni arte nasce sì dalla nostra fantasia, ma ho pensato che l’arte dell’intaglio e della lavorazione del legno calzasse a pennello sulla figura di Gianni, uomo solitario, solito ritirarsi nel suo bosco, circondato quasi sempre da elementi presenti solo in natura. La ricerca dell’amore e la sua comprensione, accompagnata da questo estro, appare quindi come ciò che realmente è: un’arte creativa alla quale bisogna applicarsi perché l’amore, come l’arte in genere, migliora solamente con la propria dedizione.
Da dove è nata la caratterizzazione dei personaggi che popolano il tuo libro? Da dove hai tratto l’ispirazione per crearli? Come hai bilanciato la ‘quota’ autobiografica e quella di pura invenzione?
Ogni personaggio è nato in base alle esigenze che richiedeva il protagonista. Ognuno di essi doveva svolgere il compito di maestro per colmare le lacune nell’esperienza dell’intagliatore. A parte i personaggi storici che intervengono nella storia, dei quali ho cercato di riportare con esattezza le imprese veramente compiute, gli altri, tutti di mia invenzione, hanno avuto funzione di lubrificante per far girare l’intero ingranaggio narrativo. L’ispirazione per crearli mi è venuta mentre cercavo la collocazione storica per l’intagliatore. Ri-studiando la storia dei primi 800 ho cercato di inserirmi, con non poca difficoltà, nel tessuto socio-politico che c’era, immaginando e facendo ricerche su qualsiasi cosa mi sarebbe potuta tornare utile nella stesura del romanzo (vestiti, odori, malattie, tecnologie, colori, ecc… ). La fantasia gioca un ruolo importante nella vicenda ma non posso negare il fatto che di autobiografico c’è quasi tutto ciò che prova il protagonista. L’unica cosa che ci differenzia è che lui, forse, è arrivato a un fine, mentre io, temo di avere ancora moltissima strada da compiere prima di afferrare e fare mie certe nozioni. L’intagliatore è stato il pionere del mondo sconosciuto in cui mi sono avventurato.
Com’è stato scrivere “Intagliatore? Quali sono stati i momenti più importanti e quali gli aspetti che hai cercato di valorizzare e far emergere maggiormente in questa storia?
Scrivere “Intagliatore” è stato come fare una profonda apnea dentro me, è stato un allontanamento da tutto, è stato un incontro con i protagonisti che volevano vivere attraverso il romanzo. Quando sono riemerso a prendere fiato, il romanzo era completato. Successivamente mi sono limitato a correggerlo, cercando di modificarlo il meno possibile e mantenendo così la genuinità della storia che era nata. Gli aspetti, che spero di essere riuscito a mettere in evidenza, sono le piccole e semplici soluzioni da adottare per riuscire a vivere meglio, in pace con se stessi e con gli altri. Punto cardine di tutta la storia rimane l’Amore, a volte incomprensibile, ma pur sempre l’unica via per raggiungere una reale e sincera umanità.
Amore, dolore e perdono. Da cosa si impara di più?
L’Amore racchiude in sé dolore e perdono. Il dolore serve per iniziare la sua ricerca, il perdono serve per accoglierlo. Da cosa si impara di più? Penso che vivendo siamo obbligati a scontrarci con questa energia, e siamo obbligati a imparare. Conoscerla e viverla presuppone il fatto che accettiamo il dolore come qualcosa di utile per la nostra crescita e il perdono come mezzo per amarci e portare pace nel nostro cuore. L’Amore è unità e nell’unità troviamo tutto ciò che ci serve per poter portare a compimento il nostro divenire. Accettare questa unità vuol dire anche accettare il fatto che nessun dolore è negativo ma necessario.
E se analizziamo il perdono capiamo che si tratta di un gesto profondamente egoistico. Noi non perdoniamo per fare del bene agli altri, ma prima di tutto perdoniamo per portare amore dentro noi. Chi odia, discrimina o perde tempo a giudicare, vive di tumulti e non capisce che fa del male solo a se stesso. Chi perdona lo fa per vivere quel senso di pace che solo chi ama può provare. Il perdono e l’amore sono strettamente legati. Ma con l’amore facciamo del bene anche agli altri, con il perdono lo facciamo principalmente a noi. Di solito è chi viene perdonato che passa dei brutti momenti con se stesso. Quindi l’Amore non può esistere senza dolore e senza perdono.
Progetti per il futuro di cui vuoi darci qualche anticipazione?
Come già detto nella precedente intervista preferisco non svelare niente riguardo al futuro, anche perché non sempre il domani è come pensiamo che sia. Una cosa è certa però, se avrete ancora voglia e tempo da dedicarmi, sarò lieto di farmi risentire. Vi ringrazio nuovamente per lo spazio che mi avete concesso, vi faccio i complimenti per il blog che migliora sempre più, e vi mando un caloroso saluto.
Ed anche per questa volta è tutto. Ringraziando ancora una volta tutti gli autori che continuano a mandarci le loro opere e voi instancabili lettori che ci seguite fedelmente, auguro a tutti una Buona Lettura e, mi raccomando, non perdete il prossimo appuntamento con Letto e Bloggato che, anche se non accetta più adesioni), continuerà puntuale come sempre!