di Giovanni Bensi
Nell’interpretazione di Vitols il referendum, proposto per iniziativa dei sostenitori della lingua russa, deve diventare per i lèttoni non solo “una verifica della loro disponibilità a difendere le posizioni della propria lingua, ma anche una verifica dell’”unità contro le minacce della Russia”. “Se noi dimostreremo un’insufficiente unità, ciò sarà un segno che siamo deboli e che possiamo senz’altro essere trattati con maggiore arroganza di quanto è avvenuto finora”, ha detto l’uomo d’affari.
“Adesso dobbiamo dimenticare completamente le nostre misere reciproche liti e seguire l’invito dei partiti lettoni” (cioè votare contro il russo – nda), afferma Vitols. “In un certo senso ci troviamo quasi come sulle barricate del 1991. Quasi tutti i lettoni capiscono che la questione della lingua è altrettanto importante quanto l’indipendenza”. Le barricate ricordate da Vitols, furono erette a Riga nel gennaio 1991. Ciò avvenne dopo che a Vilnius, capitale della vicina Lituania che aveva proclamato l’indipendenza dall’Urss, i paracadutisti sovietici e i militi del gruppo “Alfa” (antisommossa), occuparono una serie di obiettivi (compresa la torre del Centro Televisivo. Durante l’assalto morirono 16 persone). In Lettonia, che pure in quel periodo si era resa indipendente, si temeva che a Riga le autorità sovietiche cercassero di mettere in pratica lo stesso piano. Perciò numerosi cittadini uscirono nelle strade e incominciarono ad erigere barricate. Probabilmente anche per questo non vi fu da parte sovietica un’operazione militare di forza.
La proposta di approvare gli emendamenti alla Costituzione che conferiscano al russo lo status di seconda lingua ufficiale è partita dall’associazione “Rodnoj Jazyk” (“Lingua Madre”), uno dei cui leader è Vladimir Linderman. In novembre, in appoggio a questa iniziativa sono state raccolte oltre 180.000 firme. Ciò permise di presentare ufficialmente le proposta stessa e di trasmettere gli emendamenti costituzionali al Sejm (parlamento) della Lettonia. Il parlamento aveva la possibilità di approvare o respingere il relativo progetto di legge. Nella seconda ipotesi, come prevede la legge, la questione doveva essere sottoposta a referendum. Il Sejm, come previsto, bocciò gli emendamenti (in precedenza rappresentanti del governo lettone avevano ripetutamente espresso la loro ostilità a concedere al russo lo status di lingua ufficiale) e così si è messo in moto il meccanismo della consultazione popolare.