Uno dei motivi per cui mi piace tornare a casa per Natale è quella sensazione di avere tempo per me. La metto in grassetto perché è appunto solo una sensazione, in realtà non ricordo quand’è l’ultimo Natale in cui ho avuto veramente molto tempo libero. Non succedeva quando l’Università chiudeva per le festività e, pur non dovendo seguire lezioni dovevo magari preparare un esame; non succedeva nemmeno quando vivevo a Milano e prendevo qualche giorno di ferie dal lavoro, visto che si trattava comunque di pochi giorni frenetici saltellando da un parente all’altro. Forse la sensazione di avere tempo per me a Natale proviene dal periodo lontano in cui ero bambina e chiudeva la scuola.
Vivendo in un paesello con poche distrazioni – soprattutto vent’anni fa – le ore di vacanze natalizie le dedicavo alla lettura, attività che mi impegnava molto anche in ogni altro periodo dell’anno. Ma a Natale potevo dedicarci qualsiasi ora del giorno.
I miei hanno sempre avuto una libreria molto fornita e adoravo la possibilità di entrare in quella stanza, leggere i titoli sul dorso dei libri e scegliere con calma la prossima lettura. Una volta compiuta la scelta, mi sistemavo sul letto e iniziavo a leggere. Per ore. Quando mi stancavo del letto e della solitudine, passavo al soggiorno, seduta sul divano di fronte al camino, magari a fianco di mio padre impegnato nella stessa attività.
Così passava una buona parte delle mie vacanze natalizie, inframmezzate dai pranzi e cene di rito. Quella routine di calma pigrizia mi è rimasta sotto pelle, e la associo inequivocabilmente ai miei soggiorni qui in Sardegna in periodo natalizio.
Pur non avendo più così tante ore a disposizione, cerco sempre di replicare quel piacere della scelta del libro da leggere intorno a Natale. Ora la scelta si è ampliata, perché parte della mia collezione di libri è parcheggiata qui, nella mia vecchia camera. In attesa di avere di nuovo una libreria spaziosa in cui accomodarli. Sono libri che ho comprato in città diverse, in momenti di bulimia da lettrice. Le circostanze della vita hanno fatto in modo che molti di loro non siano mai stati aperti.
Quest’anno quindi ho iniziato da loro, i libri vittime dei miei acquisti impulsivi rimasti abbandonati quando è arrivata l’ora degli scatoloni.
È in quella parte della mia libreria che ho trovato Moby Dick. Un classicone, 600 pagine che parlano di uomini e mare, balene e avventure. Esattamente il tipo di libro che avrei scelto da ragazzina. Di quelli che ti trasportano così lontano nel tempo e nello spazio che la loro lettura è veramente un momento di estraniamento dal mondo. A volte ho bisogno di libri così, libri di un altro mondo.
E poi volete mettere il piacere di tenere fra le mani un libro consistente, che promette una storia lunga, profumata di carta?
Negli ultimi mesi ho viaggiato spesso e quindi la soluzione più pratica è stata infilare in borsa il Kindle. Ho stretto l’e-book durante diversi voli aerei per non pensare alla paura dell’atterraggio, in un treno notturno, sui mezzi pubblici o durante le attese in aeroporto.
Ma per me non è la stessa cosa. La lettura su Kindle va benissimo in questi momento di transizione, ma non mi rilassa quanto quella di un bel libro di carta. Sarà per il semplice gesto del cambiare pagina, che mi rende partecipe del progresso della storia? O per la sensazione tattile che uno schermo, per quanto il più simile possibile a una pagina di carta, non riesce a sostituire?
Il mio Kindle ora è qui, in riposo sulla mia scrivania, pronto per il prossimo viaggio. Mentre Moby Dick mi aspetta sul como’ a fianco al letto, pronta per continuare ad assolvere il suo prezioso ruolo di lettura di Natale.
Voi avete iniziato a leggere qualcosa in questo periodo? Su Kindle o su carta?
Se avete qualche lettura da consigliare sono tutta orecchi!