- Sì è tanto, ma stavolta ho un’idea.
- Non è che stai fallendo, come persona?
- Nel marxismo non esiste la categoria del fallimento.
- Nel marxismo no, ma nella tua vita eccome. Insomma ti sei sbloccato, o tornerai a scrivere la solita cosa col freno a mano tirato?
- No, ho in mente qualcosa di cui tutti hanno bisogno: la “narrazione”, Marx, i Fratelli Grimm, Disney, Jünger
- Non vorrai fare un altro pezzo tutto di dialoghi fra due funzioni narrative, no?
- Basta che la smetti di parlare e inizia il pezzo.
IL PEZZO:
Biancaneve e i Sette Nani dei Fratelli Grimm è una classica storia di capitalismo renano e di come non bisogna farsi ingannare dalla seduzione del riformismo.
La favola è ambientata nella zona delle miniere fra Francia e Germania, in un’imprecisata epoca pre-thatcheriana.
Come in tante fiabe, c’è un Re Buono: è il padre di Biancaneve, il simbolo di quella tradizione di capitalismo paternalista del quale la figlia sarà erede. Il Re muore, mentre la Regina era già morta partorendo Biancaneve. Rimane la Regina cattiva, seconda moglie del Re, che accentra su di sé tutti i poteri, senza incontrare resistenze – nemmeno da parte di una borghesia ancora troppo inconsistente.
La Regina cattiva sposta tutta la bilancia commerciale della fiaba sui beni voluttuari: la bellezza, per la quale rivaleggerà con Biancaneve; le costose feste, per finanziare le quali non esiterà a vessare il popolo con politiche di austerity. La giovane Biancaneve invece entrerà in contatto con gli strati più bassi vivendo come una sguattera nel castello. Certo, il personale di servizio, che vive e pensa come i padroni, non è proprio il massimo quanto a coscienza di classe. Ma la ragazza una volta uscirà dal castello e si accorgerà che nel villaggio l’alta tassazione combinata con un welfare inesistente sta riducendo i lavoratori a uno stato di prostrazione. Non si hanno tuttavia, sentori di autunno caldo.
Quando la Regina decide di far uccidere Biancaneve dal guardacaccia, questi compie un piccolo gesto di ribellione (o forse è solo un furbo lungimirante) lasciando andare la ragazza nel bosco. Per il significato del bosco, si abbandoni per un breve istante l’ortodossia e si legga il “Trattato del Ribelle” di Ernst Jünger.
Non è un caso quindi che Biancaneve incontri in una foresta inizialmente ostile (metafora del difficile passaggio alla clandestinità) i Sette Nani, ribelli che hanno preso coscienza dello sfruttamento del proletariato e come tali sono stati emarginati dal popolino e dalla piccola borghesia spaventata del villaggio, che ancora sperano che il miglioramento delle proprie condizioni sociali non passi per la lotta di classe.
I Sette Nani lavorano tutti in miniera, in una versione della storia. Nell’altra sono dei briganti che rapinano tutti i signori in carrozza che attraversano il bosco. In entrambi i casi, il loro primo obiettivo è la redistribuzione della ricchezza. Dito nel culo dei padroni, i Nani iniziano però a sbarellare alla vista di Biancaneve, che li seduce con la prospettiva veltroniana di una saldatura impossibile fra gli interessi del proletariato e quelli della nobiltà.
Il trait d’union è Biancaneve stessa, che compie una vera e propria operazione di entrismo nei Sette Nani. Diventa l’Ottavo Nano che si prende il “partito” e ne pilota le decisioni dall’interno. La principessa scappata dal castello illude i Sette ribelli con l’oppio di una proto-democrazia: “Delegate a me la risoluzione dei conflitti, basta con l’azione diretta. Fatemi tornare al governo del regno e attuerò politiche redistributive. Keynes sarà il mio principe azzurro“.
La storia della mela avvelenata, del principe azzurro, della principessa addormentata che si risveglia con un bacio e infine dell’uccisione della regina-strega cattiva, è solo una “narrazione” che serve a distrarre ribelli e proletari da quello che è realmente successo: la classe dominante che perpetua sé stessa dando il potere a una figura che è solo un po’ più “dialogante”.
Lo sfruttamento del proletariato non cessa, cambia solo pelle. Mentre la coscienza di classe può aspettare. È l’essenza del capitalismo renano, portato avanti dalle tante Biancaneve di turno. Ma proprio da quelle parti e più o meno in quegli anni Karl Marx sta concependo la più grande mela avvelenata della storia per nobili e borghesi: “Omnia sunt communia“.
L'articolo Lettura marxista di “Biancaneve e i Sette Nani” è ovviamente opera di Frankezze.