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Lettura marxista di Peter Pan (la vera storia dell’Isola che non c’è)

Creato il 07 giugno 2013 da Frankezze

Lettura marxista di Peter Pan (la vera storia dell'Isola che non c'è)
- Non ti bastava Biancaneve?

- No.

Siamo a Londra, nel secondo Dopoguerra. Wendy Darling e suoi fratelli più piccoli Gianni e Michele non si trovano poi così bene sotto l’ombrello della Nato. I tre Darling vengono contattati da un agente polacco, Trilli, che li carica nel portabagagli della sua Trabant. Si svegliano in un’isola, della quale a tutt’oggi né Kgb né Cia hanno mai rivelato le coordinate, dove il carismatico colonnello Peter Pan, già staffetta partigiana durante la resistenza jugoslava, sta sperimentando l’abolizione della proprietà privata sul modello dei kibbutz israeliani.

Tuttavia l’idea del socialismo in una sola Isola è ancora lontana dalla sua realizzazione, se è vero che il colonnello Pan deve dividere il territorio con una tribù di indiani, fortemente identitari e quindi impermeabili a ogni seduzione internazionalista. Non solo: ci sono anche i cosiddetti “pirati”, in realtà un manipolo di criminali di guerra scampato a Norimberga, e troppo compromesso per essere riciclato nella Gladio italiana o per rifarsi una nuova vita in Argentina. A capo di queste scorie del nazifascismo c’è Capitan Uncino, evoliano convinto, che ha perso una mano nello scoppio di un ordigno destinato all’asilo nido di St. Pauli, il quartiere rosso di Amburgo. Un attentato fallito nel quadro di una strategia della tensione di cui un giorno Edward Luttwak vi spieghierà la necessità, se lo corromperete con una bottiglia di Glen Grant.

Tornando alla mappa geopolitica dell’Isola, il colonnello Pan controlla uno dei due porti, dove gli arrivano gli aiuti di Mosca in quanto aderente al Patto di Varsavia. Tuttavia i russi guardano con sospetto ai suoi frequenti contatti col Maresciallo Tito e lo fanno spiare dall’agente Trilli, in realtà segretamente innamorata di Pan. Le zone interne sono controllate dagli indiani, arroccati nel loro nazionalismo senza sbocchi, neanche presso i Paesi non allineati. L’altro porto è controllato dalle squadracce di Uncino, ampiamente foraggiate dalla Cia.

Le cose precipitano quando il Cremlino ordina a Trilli di uccidere Wendy, sospettata di fare il doppio gioco con l’MI6. Il piano fallisce perché Pan viene avvertito da una telefonata di Tito. Imprigionata Trilli, Pan capisce che i proletari di tutto il mondo non possono unirsi sotto la bandiera del cinismo sovietico. La lotta contro i fascisti e lo sfruttamento si può fare anche se nessuno ti spedisce vodka e conserve di cetrioli. Allora Pan decide di prendersi l’Isola. Inizia col sabotare i rifornimenti al porto di Uncino, mentre agenti infiltrati nelle retrovie fasciste minano la reputazione del Capitano attribuendogli giovanili passioni per gli spartachisti berlinesi. Nel frattempo Gianni e Michele Darling, diventati dei formidabili cecchini sotto l’addestramento di un dissidente slovacco, stanno sfiancando il morale dei “pirati” con precisi e micidiali colpi di Dragunov.

L’assalto finale avviene con una calata a tenaglia delle truppe di Pan, che circondano la baia dove è ormeggiata la nave dove è asserragliato Uncino con i suoi uomini e il suo tesoro. Vani i tentativi di ottenere un salvacondotto tramite gli americani: l’ultima ora del fascio infame è scoccata. Il tempo di sentire per l’ultima volta la Cavalcata delle Valchirie di Wagner e i compagni gli sono addosso: sfondano la porta della sua cabina e lo trovano strafatto di morfina, vaneggiante distici di Ezra Pound. Aspettano che ritorni in sé per finirlo con due colpi di Tokarev in mezzo alla fronte. I cadaveri di Uncino, Spugna e di tutta la squadraccia vengono appesi a testa in giù ed esposti al pubblico ludibrio. Poi dati in pasto ai coccodrilli.

Ma Pan sa che la parte più difficile deve ancora venire: come attuare il socialismo in una sola Isola, stritolato nella guerra fredda dei blocchi contrapposti? Come far arrivare il suo messaggio di speranza per il proletariato, superando un embargo di cibo e comunicazioni? Sappiamo com’è andata a finire: la storia viene scritta dai vincitori. Così il capitalismo trionfante ha voluto raccontarci, tramite i potenti mezzi del suo servo Walt, la favola di “un’Isola che non c’è” abitata da “Bimbi sperduti” capeggiati da Peter Pan, un bambino che non voleva crescere. Invece l’Isola c’è, lotta e resiste. E Peter non è un buffo bimbo volante, ma un uomo coi piedi per terra chesi è ribellato alla logica – contrabbandata come “adulta” – del produci-consuma-crepa.

L'articolo Lettura marxista di Peter Pan (la vera storia dell’Isola che non c’è) è ovviamente opera di Frankezze.


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