Letture iconologiche (ii parte) san giuseppe, custode del mistero. il riposo durante la fuga in egitto di caravaggio.

Creato il 02 marzo 2015 da Rodolfopapa
Caravaggio, come abbiamo visto nel precedente articolo, riesce a fare proprio il linguaggio iconografico che affonda le proprie radici allegoriche e simboliche nella botanica medievale, interpretandolo in modo nuovo e innovativo[1]. Tutto appare estremamente naturale e domestico. Caravaggio si ispira, infatti, alle Sacre Rappresentazioni, ma anche agli insegnamenti retorici propri dell’ambiente gesuitico romano. Il risultato è una scena efficace che riesce a commuovere e a fare meditare. La profondità del dipinto risiede anche nella consapevolezza teologica che riesce a mostrare.  Infatti, Caravaggio riesce a far intendere che quella famiglia, modello di ogni famiglia, è illuminata da una luce particolare. Il Bambino che riposa tra le braccia della mamma  è infatti Dio, e proprio la fuga in Egitto richiama la profezia della venuta del Messia, come il Vangelo di Matteo chiaramente racconta: «Giuseppe destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: “Dall’Egitto ho chiamato il mio figlio”» (Mt 2, 14). La fuga indica la continuità tra l’Antica e la Nuova Alleanza e il compimento delle antiche profezie.L’ambientazione naturalistica che abbiamo già analizzato va letta proprio in questa prospettiva. Per comprendere meglio possiamo fare riferimento a un padre della Chiesa che spesso è una fonte capace di illuminare la produzione artistica di Caravaggio: sant’Agostino. Egli, in uno dei suoi discorsi, insegna: «Si eleverà come un virgulto e come una radice in terra assetata [...] non aveva bellezza. Si mostrava uomo, mentre era Dio; ma era come una radice, la quale non è bella anche se nel suo interno ha la forza della sua bellezza [...] Quando guardi un albero, prospero, verdeggiante per le foglie, ferace di frutti, lo esalti. Ti piace staccare qualcuno dei suoi frutti, sederti alla sua ombra e ristorarti dal caldo: lodi questo complesso di bellezze. Se ti si mostrasse la radice, non vi troveresti alcuna bellezza. Non disprezzare ciò che è privo di appariscenza: da lì ha tratto origine tutto ciò che ammiri. Come radice in terra assetata. Guarda ora lo splendore dell’albero (...) È cresciuta la Chiesa [...] Ecco, qui non c’è bellezza, ma nella Chiesa rifulge la gloria della radice».Il Bambino è “come radice in terra assetata”, da cui cresce l’albero della Chiesa, in cui rifulge la gloria di Gesù.  Anche l’abbraccio di Maria al Bambino si rivela ancora più significativo se letto alla luce delle riflessioni dei Padri della Chiesa, come, per esempio, Cromazio di Aquileia che, commentando il vangelo di Matteo, in modo poetico e profondo, scrive: «Il profeta, molto tempo prima, aveva però da parte sua già anticipato l’annunzio che Gesù sarebbe sceso in Egitto, allorché profetizzò: Ecco il Signore cavalca una nube leggera ed entrerà in Egitto. Con quest’espressione è stato da parte sua annunciato chiaramente il mistero dell’incarnazione del Signore». Si comprende allora che Maria che stringe il Bimbo, assopita e con la testa reclinata, è la nube leggera che avvolge il Signore, perché ella è il tabernacolo che lo contiene e che nel viaggio verso l’Egitto lo custodisce, avvolgendolo di materno amore e tenerezza infinita.Particolarmente importante è la bella figura di Giuseppe. Infatti, mentre Maria e Gesù sono rappresentati addormentati, Giuseppe viene dipinto sveglio, nell’atto di sorreggere con le mani uno spartito musicale per un bellissimo angelo musicante. Egli è stanco, ma veglia il sonno della sposa e del Bambino Gesù, e con estrema delicatezza aiuta la musica che ne culli il sonno. Comprendiamo da questo atteggiamento  la reale dimensione del ruolo di Giuseppe, che assolve la sua vocazione familiare con una particolare tenerezza e discrezione.Giuseppe viene rappresentato come attento e tenero custode della Famiglia, servitore della angelica lode celeste. Giuseppe è l’uomo giusto, colui che amministra i misteri di Dio, come il custode del mirabile santuario che è Maria, la quale cinge in amorevole abbraccio il Verbo Incarnato. Giuseppe, secondo l’immagine che di lui hanno dato i Padri della Chiesa, meditando sui testi evangelici, è l’archetipo del vescovo cristiano: a lui è affidata la Chiesa-sposa, ma essa non è a sua disposizione e, infatti, nel quadro di Caravaggio, una figura angelica li separa, cantando la virginea maternità di Maria. Importante è lo spartito sorretto da Giuseppe. Spesso Caravaggio inserisce il riferimento alla musica nella sua pittura. Basti pensare ai Musicidipinti per il cardinal Del Monte (oggi al Metropolitan Museum of Art di New York), oppure all’Amore Vincitore(conservato a Berlino). Nel Suonatore di liuto dipinto per il marchese Vincenzo Giustiniani (e conservato all’Ermitage di San Pietroburgo) è rappresentato uno spartito identificato come un madrigale dal titolo Voi sapete ch’io v’amo composto dal musicista franco-fiammingo Jacob Arcadelt. Anche lo spartito dipinto nel Riposo durante la fuga in Egitto tra le mani di san Giuseppe si riferisce a un brano musicale ben preciso, composto da un altro musicista franco-fiammingo, operante a Roma, Noël Baulduin, e pubblicato nel 1519 sul tema del Cantico dei cantici. Si tratta precisamente del mottetto che esalta la bellezza e la purezza di Maria: Quam pulchra es et quam decora. Nell’accoglimento e nella custodia della bellezza e della purezza di Maria e del Figlio Gesù, Nostro Signore, vero uomo e vero Dio, sta tutto il mistero della santità di Giuseppe.


[1]Cfr. R. Papa,Caravaggio. Le origini e le radici, “DossierArt”  2010.

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