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Letture per l’inverno/5: Le lotte contadine nel Bajo Aguán dell’Honduras, di Annalisa Melandri

Creato il 18 febbraio 2012 da Eldorado

Annalisa Melandri, giornalista ed attivista dei diritti umani, è in questi giorni in Honduras, nel Bajo Aguán, per partecipare all’Incontro Internazionale sui diritti umani. Ricordo a tutti il suo prezioso sito: http://www.annalisamelandri.it/

Letture per l’inverno/5: Le lotte contadine nel Bajo Aguán dell’Honduras, di Annalisa Melandri
TOCOA, BAJO AGUÁN — Ci troviamo a Tocoa, dipartimento di Colón, nella regione del Bajo Aguán, una delle zone più fertili dell’ Honduras e forse di tutta l’America centrale. Questa terra fa gola a molti, per questa terra i tre latifondisti più potenti del paese, Miguel Facussé, René Morales e Reynaldo Canales, con la complicità e l’avallo dello Stato stanno portando avanti una vera e propria guerra contro le comunità contadine e rurali, guerra che in due anni, dal 2010 ad oggi, ha registrato un bilancio di oltre 50 contadini uccisi dai membri degli “eserciti” privati di questi signori che agiscono in totale complicità e sinergia con le forze di repressione dello Stato honduregno, polizia ed esercito, anche nello scambio delle divise. I contadini raccontano perfino di stranieri, forse colombiani, al soldo dei latifondisti locali.

Fervono proprio in questi giorni i preparativi per l’Incontro Internazionale dei Diritti Umani in solidarietà con il Bajo Aguán, che inizia formalmente oggi e che andrà avanti per i prossimi tre giorni. L’incontro è nato dalla necessità di un gran numero di diverse associazioni e dall’appello diffuso dal recentissimo Osservatorio Permanente dei Diritti Umani dell’Aguán, di poter avere uno sguardo acceso su quanto sta accadendo in questa zona del paese. Le adesioni, anche internazionali, sono andate ben oltre ogni aspettativa. Stiamo aspettando in questi giorni a Tocoa oltre un migliaio di partecipanti, provenienti da diversi paesi dell’America latina, ma anche dell’Europa e degli Stati Uniti.

Tale iniziativa, così come la costituzione dell’Osservatorio Permanente nel novembre scorso, si è resa necessaria ed urgente visto il clima di violenza e le gravi, numerose e sistematiche violazioni dei diritti umani registrate contro i membri delle comunità contadine e indigene dell’Aguán. L’aggettivo “sistematiche” non è usato a caso. Ormai non si tratta soltanto di casi isolati ma le violazioni dei diritti umani (parliamo di omicidi, minacce, militarizzazione del territorio e delle comunità, detenzioni arbitrarie, liste di persone da eliminare) sono diventate ormai una vera e propria politica, nonché strategia economica, di Stato.

“Nasce dal nostro seno, dalle organizzazioni del Bajo Aguán l’idea di avere un Osservatorio Permanente dei Diritti Umani e dallo stesso Osservatorio ci proponiamo alcune linee di azioni quali per esempio la presenza costante e attiva durante gli sgomberi dei territori” ci spiega Heriberto Alemán, coordinatore dell’Osservatorio. E continua: “Già a partire dal 2001 un gruppo di contadini organizzati aveva iniziato un processo di recupero di terre con la forza. E quando dico con la forza vuol dire che essi presero la decisione di entrare nelle terre perché lo Stato non li aveva mai ascoltati. Siamo andati avanti per anni davanti ai tribunali, ma oltre alla firma di accordi che non sono mai stati rispettati, non abbiamo mai ricevuto una risposta concreta. In questo modo abbiamo recuperato oltre 4mila ettari di terra della riforma agraria”. Questi contadini ci dicono che quello che reclamano in sostanza è soltanto un pezzo di terra dove poter vivere e dove poter trarre sostentamento per le loro famiglie.

Ma iniziamo dal principio: in Honduras una riforma agraria del 1974 destinò molte terre dell’Aguán ad alcune organizzazioni contadine perché la lavorassero e mettessero in produzione. Tuttavia, a partire dagli anni 90, con l’avanzata di quelle stesse politiche neoliberali che ora stanno condannando alla fame e alla miseria milioni di contadini in tutta l’America latina e centrale, attraverso diversi meccanismi, alcuni violenti come l’esproprio con la forza, altri più subdoli, come l’inganno o la negazione in vario modo dell’accesso al credito agrario, tutte quelle terre (che vengono chiamate ora “della riforma agraria”) sono state sottratte alle organizzazioni contadine e sono finite nelle mani dei grandi latifondisti che abbiamo citato prima.

La legge di Modernizzazione e Sviluppo del Settore Agrario del 1992, impulsata dal governo di Callejas (1990–1994) ed elaborata da Roger Norton, assessore dell’USAID e dal Comitato di Produttori per la Politica Agraria, sostituì la legge di riforma agraria del 72 e aprì quindi la strada al grande potere economico e politico dei latifondisti, industriali, importatori ed esportatori del settore agropecuario, decretando di fatto la fine delle cooperative agricole. La lotta nell’Aguán va avanti quindi ormai da decenni, non si deve pensare che sia una conseguenza del colpo di Stato. Il golpe del giugno del 2009, con il quale è stato cacciato dal paese il presidente legittimo Manuel Zelaya, ha soltanto reso più violento un conflitto già preesistente (che Manuel Zelaya tuttavia stava cercando di risolvere) e ha conferito il marchio dell’impunità ai crimini che sono stati commessi contro i contadini organizzati.

I rappresentanti delle organizzazione contadine che abbiamo incontrato negli asentamientos (i territori occupati dove vivono e lavorano) e con i quali abbiamo conversato a lungo, chiedono che non si spengano i riflettori sul Bajo Aguán dopo l’incontro internazionale che inizia domani e si conclude lunedì. Maggiore attenzione da parte della comunità internazionale è infatti il reclamo più grande che emerge da tutti gli incontri avuti con i membri delle comunità contadine organizzate. Sebbene sia indubbiamente vero che l’attenzione della comunità internazionale rappresenti un deterrente alle manifestazioni di forza contro i contadini o agli abusi e alle violazioni dei diritti umani sia da parte dello Stato ma anche degli “eserciti” privati (che si avvalgono come abbiamo visto anche della forza pubblica) è altrettanto vero che quando si tratta di occupazioni di terre l’ipocrita senso di rispetto della proprietà privata (anche laddove sia stata acquisita illegalmente o con la forza o in maniera fraudolenta) incute timore in alcune associazioni internazionali che si schierano sempre con molta reticenza a fianco dei contadini organizzati che portano avanti questo tipo di lotta.

Letture per l’inverno/5: Le lotte contadine nel Bajo Aguán dell’Honduras, di Annalisa Melandri
Fino a quando il diritto alla proprietà privata sarà difeso dalle nostre costituzioni anche con l’uso delle armi contro il popolo, fino a quando questo diritto sarà considerato prioritario rispetto al diritto alla terra e di conseguenza al diritto all’alimentazione dei popoli, le lotte contadine saranno sempre macchiate di dolore, sudore e sangue.

Fino a quando i militanti, i difensori dei diritti umani, i politici, i cittadini attivi e responsabili non saranno intimamente convinti della profonda ingiustizia che risiede nel fatto che migliaia di ettari di terra siano nelle mani di una sola persona e che migliaia di contadini non abbiano un tetto sulla testa o un pezzetto di terra dove piantare una sola piantina di mais, oltre al diritto alla terra verranno negati anche il diritto a una vita decorosa, il diritto all’alimentazione, il diritto al lavoro e il diritto alla vita. Per info sull’incontro internazionale : http://mioaguan.blogspot.com/


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