Non lo racconta, però, dal basso, dalla prospettiva di chi adora e non chiede altro che adorare, applaudire e commuoversi per una gioia che non gli appartiene. Lo racconta dalla parte di chi è adorato e non ritiene di meritarlo, di chi si pone domande sulle proprie capacità e prova a dare una morale al suo potere.
L’avidità di sentimenti e di compassione è così intensa da aver fatto scordare a tutti il senso civile di un ruolo pubblico. Nessuno si chiede mai se cardinali, politici o professori siano adatti al ruolo che viene loro conosciuto: non c’è verifica o attenzione, ma solo, per l'appunto, adorazione. E Moretti, che se l'è chiesto qual è oggi il senso del potere (mediatico, politico, ecclesiastico), ha preso tutti in contropiede sottraendo alla nostra curiosità lo sguardo su un mondo mai visto: il suo conclave è una navicella spaziale che vive delle proprie regole e della propria assurdità.
Ci chiediamo in continuazione cosa si cela dietro le stanze del potere: ma se un tempo i cani da guardia della democrazia generavano il caso Watergate, oggi la politica è soprattutto una questione di visibilità. L'immaginazione si illude di poter partecipare al potere come se fosse cosa di tutti, quando invece la sola cosa che ci accomuna come uomini è la moralità di ogni scelta.
PS: ho scritto queste parole di getto, qualche ora dopo la visione del film, che è complesso e difficile da decifrare. Per cui, insomma, non sono il massimo della lucidtà. Mi sono sforzato, però, di non fare giochi di parole con le parole habemus e papam, che vedo ovunque e già mi fanno montare la bile, e di non citare la canzone Todo cambia, che né mi piace né ritengo fondamentale per capire meglio il film. O forse sì, non so, ma tanto ne parlano già tutti, per cui non si faticherà a trovarne varie esegesi...