Fine conoscitore della letteratura italiana e internazionale, antica e moderna, Calvino tesse per i suoi lettori (in origine pensati come ascoltatori) una trama di richiami e allusioni che ci fanno cogliere il suo esatto posto nella storia della narrativa: ogni sua soluzione appare giustificata dall'insieme, al punto che cade qualsiasi accusa di spontaneità e disimpegno mossa all'autore sulla base della sua presunta immediatezza. Calvino fu certamente un autore dalla vena creativa vivace, in grado di inventare storie semplici in tempi e forme circoscritti, ma questo non può in alcun modo - e le Lezioni americane sono la prova che anche il più scettico deve ammettere - essere un concetto equivalente a quello della banalità.
La frattura tra fantasia e disimpegno non è mai stata tanto profonda quanto nell'opera di Calvino che, anche quando proclama la Leggerezza, in realtà la pensa come fortemente significativa.
La mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso; ho cercato di togliere peso ora alle figure umane, ora ai corpi celesti, ora alle città; soprattutto ho cercato di togliere peso alla struttura del racconto e al linguaggio.La Leggerezza di Calvino non è, dunque, superficialità. Le sue favole non sono sfoghi narrativi inconsistenti, ma, anzi, rappresentano figure che diventano simboli di concetti ponderosi: leggera è la materia che si muove e si trasforma, leggero è il linguaggio che ha svuotato le cose della loro gravezza per offrirne l'essenza impalpabile. I suoi punti di riferimento sono dunque Guido Cavalcanti e Giacomo Leopardi, capaci di rendere il peso dell'esistenza e della sofferenza attraverso spiriti e parole fluttuanti, senza per questo essere frivoli, perché «esiste una leggerezza della pensosità, così come tutti sappiamo che esiste una leggerezza della frivolezza; anzi, la leggerezza pensosa può far apparire la frivolezza come pesante e opaca». Si avverte, nella rivendicazione di una letteratura 'leggera', il dramma creativo dello scrittore ai suoi esordi, convinto dal contesto dell'impegno civile alla scrittura de Il sentiero dei nidi di ragno, ma presto condotto alla ricerca di una personale espressione che consentisse alla sua anima picaresca di emergere al meglio.
Alla Leggerezza è intimamente collegata la Rapidità: pare di scorgere Cosimo Piovasco di Rondò che balza da un albero all'altro leggendo le parole di Calvino che esalta la possibilità degli atomi leggeri della narrativa e del linguaggio di vagare in modo imprevedibile e generare da un apparente caos un ordine stupefacente e coerente.
La rapidità dello stile e del pensiero vuol dire soprattutto agilità, mobilità, disinvoltura; tutte qualità che s’accordano con una scrittura pronta alle divagazioni, a saltare da un argomento all’altro, a perdere il filo cento volte e a ritrovarlo dopo cento giravolte.
La mia ricerca dell’esattezza si biforca in due direzioni. Da una parte la riduzione degli avvenimenti contingenti a schemi astratti con cui si possano compiere operazioni e dimostrare teoremi; e dall’altra parte lo sforzo delle parole per render conto con la maggior precisione possibile dell’aspetto sensibile delle cose.L'Esattezza è un rapporto a doppio filo fra gli schemi astratti della conoscenza e la sensibilità del reale, una chiave di accesso a ciò che è nascosto, intesa in maniera quasi simbolista (e non a caso Calvino ama Verlaine), ed è essenziale sia per evocare la realtà che si vuole descrivere (l'argomento della narrazione), sia per imprimere quella stessa realtà sul foglio e affidarla alla letteratura. Essa si basa su una capacità di sezionare l'oggetto di analisi, quasi come fosse il Medardo di Terralba aperto in due da una cannonata ne Il visconte dimezzato.
Per essere esatti, tuttavia, occorre essere capaci anche di stimolare e poi contenere l'immaginazione. A questo punto diventa essenziale la Visibilità, quella capacità di fantasticare e creare immagini, personaggi, situazioni che per Calvino è messa pesantemente in crisi nell'epoca della comunicazione per immagini, nella quale siamo bombardati di stimoli che erodono la capacità di partorire visioni autentiche, genuine.
Se ho incluso la Visibilità nel mio elenco di valori da salvare è per avvertire del pericolo che stiamo correndo di perdere una facoltà umana fondamentale: il potere di mettere a fuoco visioni a occhi chiusi, di far scaturire colori e forme dall’allineamento di caratteri alfabetici neri su una pagina bianca, di pensare per immagini.La lezione sulla Molteplicità è quella in cui viene dato maggiore spazio agli autori contemporanei, con il grande panegirico di Borges e della sua visione labirintica e plurale della realtà e della letteratura che ambisce a descriverla. Calvino si interroga sulle potenzialità infinite della tecnica letteraria, sulla moltiplicazione dei significati, sulla necessaria assenza di un senso unico di lettura e interpretazione. È il trionfo dell'opera aperta quale la intendevano Svevo e Pirandello, è la celebrazione della carambola di Se una notte d'inverno un viaggiatore, è l'elogio di una letteratura in cui non può più darsi un autore nel senso etimologico dell'auctoritas, ovvero del vate depositario dei destini umani. Terminata l'epoca di Dante e dell'unione del cosmo nell'Uno che irradia la propria luce nel XXXIII del Paradiso, è giunta l'era del plurale e del polisemico.
Qualcuno potrà obiettare che più l’opera tende alla moltiplicazione dei possibili più s’allontana da quell’unicum che è il self di chi scrive, la sincerità interiore, la scoperta della propria verità. Al contrario, rispondo, chi siamo noi, chi è ciascuno di noi se non una combinatoria d’esperienze, d’informazioni, di letture, d’immaginazioni? Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario d’oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili.Cominciare e finire, il capitolo conclusivo, ci riporta agli esordi stessi di Calvino, di nuovo al Sentiero dei nidi di ragno. La prefazione al romanzo accoglie infatti una confessione dell'autore in merito all'inquietudine di iniziare non un racconto, bensì la propria carriera di narratore. Una sorta di difficoltà di incipit degli incipit, poiché si tratta dell'esordio della prima opera narrativa, che segna la fine di un silenzio e, che lo si voglia o meno, traccia una linea incancellabile fra il silenzio del prima e le parole del poi.
L’inizio è anche l’ingresso in un mondo completamente diverso: un mondo verbale. Fuori, prima dell’inizio c’è o si suppone che ci sia un modo completamente diverso, il mondo non scritto, il mondo vissuto o vivibile. Passata questa soglia si entra in un altro mondo, che può intrattenere col primo rapporti decisi volta per volta, o nessun rapporto. L’inizio è il luogo letterario per eccellenza perché il mondo di fuori per definizione è continuo, non ha limiti visibili.
«La mia fiducia nel futuro della letteratura consiste nel sapere che ci sono cose che solo la letteratura può dare coi suoi mezzi specifici»C.M.Articolo originale di Athenae Noctua. Non è consentito ripubblicare, anche solo in parte, questo articolo senza il consenso del suo autore e senza citare la fonte.