Non sono mai persone a caso, ovviamente. A volte sono amici lontani. Sono mia sorella. Sono il Giorgio. Sono una persona che non conosco ma con cui parlo su Facebook. Sono persone che vorrei conoscere, tipo Barack Obama o Marlon Brando in Fronte del Porto. Stanno lì, queste persone, mi fanno compagnia sempre.
Prendi stamattina, per esempio. Non avevo per niente voglia di andare in palestra, e ho fatto uno sforzo sovrumano, dopo aver bevuto il terzo caffè e aver spento la seconda sigaretta, per alzarmi dalla sedia attorno al tavolo della cucina e andare di sopra a mettermi i pantaloni della tuta. Meno hai voglia e più devi andare, mi sono sentita dire da una di queste persone. Non ho sentito la voce, ma questo messaggio è arrivato dentro di me, forte e chiaro. Ho messo le cuffiette nelle orecchie e ho schiacciato play ancora prima di prendere la porta e andare. E a piedi fino alla palestra mi ha accompagnato un amico che invece sta in Italia. Ma era con me, gli facevo ascoltare quella canzone e gli spiegavo perché mi stavano venendo le lacrime agli occhi. Ma lui aveva già capito. Non oso mai girarmi di scatto per vedere se queste persone ci sono veramente, perché so che sono solo fantasie mie e poi ho paura di deprimermi a pensare che magari, anzi sicuramente, non stanno neanche pensando a me in quel preciso momento. Eppure per me ci sono, per cui perché rovinare tutto con la realtà?Uno dei buoni propositi di questo primo gennaio, è di non fare più questo gioco, che tra l’altro non faccio apposta a fare. Voglio scacciarvi tutti dalla mia sfera privata, voglio capire cosa significa sentirmi davvero sola. Sarà strano, ma è davvero una sensazione che non ho mai provato, quella della solitudine. Non ho la più pallida idea di cosa voglia dire stare da sola, anche se a occhio nudo lo sono tutto il giorno. Spesso, anzi, mi sento da sola anche quando ci sono persone attorno a me, in carne e ossa, ma presumo che non sia davvero la solitudine con la esse maiuscola. Solitudine, nel mio immaginario, è vuoto attorno a me. Mancanza di presenze, fisiche o mentali che siano. Tornata dalla palestra, ho fatto i letti, la doccia, mi sono vestita e sono tornata in cucina, dove ho acceso il computer e ho visto un video postato da non so chi che mi ha fatto ridere. Ho riso, a voce alta, spezzando il silenzio della casa. Mi sono chiesta se quella risata, come la lacrima che era scesa stamattina andando in palestra dal mio occhio sinistro, bagnandomi la guancia fino ad arrivare al centro del mento, fossero sprecate, perché non condivise. Mi sono chiesta se va bene fare queste cose da sola. Come quando ci si chiede se esiste il rumore di un albero che cade in una foresta, se nessuno è lì a sentirlo. Infine mi sono chiesta se mi merito che siano solo per me tutte queste cose: i sorrisi, le lacrime, gli errori che faccio studiando il pianoforte, le canzoni cantate mentre riscaldo il pranzo, i gesti in più che faccio, o se acquistano il loro vero valore solamente in situazioni di condivisione con qualcuno, con le persone nella mia testa.Ho capito, interrompendo di scatto la mia risata, che no, non sono ancora capace di stare sola davvero, e che devo fare più esercizio. Mi spaventa moltissimo, lo ammetto. Eppure, ho detto a voce alta al mio cane, prima o poi dovrò pure imparare. O no?