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Libano/ L’Italia nelle missioni di pace sulla Striscia di Gaza

Creato il 31 gennaio 2014 da Antonio Conte

cartina palestinaL’impegno politico, economico e militare nelle missioni di pace nel mondo è un principio imprescindibile della politica estera italiana. Fedeli ai valori della solidarietà e vocate al dialogo, le Forze Armate italiane partecipano attivamente alle operazioni militari e civili promosse dall’ONU, la NATO e l’Unione Europea. Sin dalla fine della Seconda Guerra mondiale, i contingenti militari conducono interventi umanitari e missioni in zone di guerra con la responsabilità di ricostruire e garantire sicurezza e stabilità nazionale e internazionale. L’Italia partecipa a 24 missioni internazionali, attualmente in corso dall’Africa ai Balcani e dal Medio Oriente all’Asia, ma lo scenario di guerra più controverso e discusso rimane la Striscia di Gaza, campo di battaglia di una partita storica tra Israele e Palestina. Qui, l’Unione Europea ha avviato due importanti operazioni: l’EU Border Assistance Mission on the Gaza-Egypt Border-Crossing-Rafah (EUBAM RAFAH) e The European Union Police and Rule of Law Mission (EUPOL COOPS).

Un conflitto senza fine

La Striscia di Gaza è un fazzoletto di terra palestinese, lungo 40 km, largo 10 km, confina con l’Egitto e Israele ed è bagnata dal Mediterraneo. Sottoposta a dominazione turca fino alla dissoluzione dell’Impero Ottomano, all’epoca della Grande Guerra, anche su Gaza si estende il Mandato britannico della Palestina, sotto l’autorità della Società delle Nazioni. La politica imperialista inglese scontenta la comunità ebraica e quella araba, motivata da un forte spirito nazionalista, e la Palestina diventa subito il punto d’intersezione delle contraddizioni esistenti tra politica coloniale e mandataria, nazionalismo arabo e movimento sionista. Creare lo Stato d’Israele prima che si sollevi l’opposizione araba o reprimere il nazionalismo arabo per sostenere la nascita dello Stato ebraico? La Corona inglese deve scegliere tra due possibilità inconciliabili. Nel frattempo, la progressiva ascesa al potere di Hitler in Germania scatena flussi migratori di migliaia di ebrei che dall’Europa raggiungono la Palestina, una fuga dal terrore che diventa motivo di crescente esasperazione tra gli Arabi. Le immigrazioni ebraiche si fanno sempre più insistenti e se, da un lato, a partire dagli anni ‘40, le comunità ebraiche invocano la costituzione di uno Stato ebraico indipendente in Israele, obiettivo dell’Organizzazione sionistica mondiale; dall’altro, la Lega araba esorta la nascita di uno Stato arabo in Palestina. Il processo di decolonizzazione del territorio palestinese è tormentato e, unitamente alle rivendicazioni territoriali arabe e israeliane, la complessa amministrazione della Gran Bretagna in Palestina diventa una questione internazionale. La nozione della creazione di due Stati distinti e separati è oggetto dei lavori della commissione d’inchiesta anglo-americana, che conducono a un nulla di fatto e la Gran Bretagna deferisce la questione all’ONU. La Commissione United Nations Special Commitee on Palestine (UN-SCOP), nella quale gli Stati Uniti non sono rappresentati, stila un Piano di Partizione che ottiene, nel 1947, la maggioranza dei voti in seno all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il Piano approva la nascita dello Stato arabo e dello Stato ebraico e, secondo i termini della spartizione, la Striscia di Gaza è destinata a diventare parte del nuovo Stato arabo.  La proposta è respinta dagli arabi, al contrario, i sionisti accolgono la nascita dello Stato ebraico su parte del territorio palestinese, soprattutto, riconosciuto da un organismo fonte del diritto internazionale. Il rifiuto arabo degenera in un’escalation di proteste, preludio del primo conflitto arabo-israeliano. Il 15 maggio 1948, nello stesso giorno in cui Israele dichiara la propria indipendenza, gli eserciti di Egitto, Siria, Libano, Giordania e Iraq attaccano il nuovo Stato. Gli israeliani lottano in nome di un’idea maturata negli anni e divenuta ora un progetto nazionale; gli arabi combattono, senza una nazione, contro l’intrusione imperialistica britannica e israeliana. La superiorità e l’efficienza militare israeliana richiedono l’urgente sospensione delle ostilità e, frutto degli accordi successivi all’armistizio, la Striscia è occupata dall’Egitto fino alla Guerra dei Sei Giorni, nel 1967, nel corso della quale Israele sottrae il dominio di Gaza agli egiziani. Nel 1994, gli Accordi di Oslo avviano la transizione della Striscia dal controllo israeliano all’amministrazione dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP); sebbene, il disimpegno delle truppe di Tel Aviv avvenga solo formalmente, perché a Oslo si stabilisce che gli spazi aerei e marittimi debbano continuare a essere sorvegliati da Israele. Il passaggio di Gaza alla Palestina si completa definitivamente nel 2005, quando anche il controllo del confine meridionale di Rafah, tra la Striscia e l’Egitto, è trasferito a egiziani e palestinesi, ciascuno per la propria area. Nel 2006, dopo Al Fatah alla guida della Palestina, il Partito del Presidente Abu Mazen, la vittoria elettorale degli integralisti di Hamas inaugura un’altra fase di scontro interno. Braccio armato dei Fratelli Musulmani in Palestina, Hamas è un’organizzazione politica e paramilitare, acronimo arabo di Movimento di Resistenza islamica, che nasce nel 1987 per distruggere lo Stato di Israele. Frutto di logiche storico-politiche che affondano le proprie radici nella Guerra Fredda, la realtà israelo-palestinese è complessa. Attacchi dell’esercito israeliano, attentati jihadisti e lanci di razzi Qassam da parte dei palestinesi sono fattori che minano la fragile tregua tra Israele e Palestina e descrivono il contesto socio-politico in cui operano le forze armate italiane, componenti del contingente militare europeo.

Missione EUBAM RAFAH ed EUPOL COOPS

Nel corso degli ultimi anni, l’Unione Europea ha assunto un ruolo decisivo nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, attraverso la predisposizione di un numero crescente di missioni nell’ambito della Politica estera e di sicurezza comune (PESD). Dopo la drammatica esperienza del conflitto dell’ex Jugoslavia, l’UE si convince dell’importanza di impegnare capacità politiche, finanziarie e militari per fronteggiare situazioni di crisi sempre più frequenti. Il primo passo si compie con l’elaborazione, nel 1992, dei “Compiti di Petersberg” da parte dell’Unione dell’Europa occidentale (UEO), organizzazione istituita nel 1948 con il Trattato di Bruxelles, con l’obiettivo di gestire possibili crisi nei paesi ex-socialisti dell’Europa orientale. Adottati dal Trattato di Amsterdam, i Compiti di Petersberg consentono all’Unione Europea di svolgere missioni umanitarie e di soccorso, attività di mantenimento della pace e gestione delle crisi, incluse le missioni per il ripristino delle condizioni di pace come peacekeeping, peace-building e peace-enforcement. Il Trattato di Lisbona ha ampliato il novero delle operazioni: azioni in materia di disarmo, di consulenza e intervento in materia militare e di lotta contro il terrorismo internazionale. Nel 2005, l’Unione Europea lancia la missione EUBAM RAFAH di assistenza alle Autorità palestinesi nella gestione del passo di Rafah, al fine di monitorare le operazioni sul valico di frontiera tra la Striscia di Gaza e l’Egitto, in seguito all’accordo tra Israele e l’Autorità Palestinese sulla circolazione e l’accesso. La vittoria di Hamas alle elezioni non facilita certo le attività del contingente europeo, non armato. Il valico di Rafah è uno strumento di pressione per il governo di Hamas, ma anche per Il Cairo. Le relazioni tra Hamas e l’Egitto precipitano al momento della destituzione del Presidente egiziano Morsi, perché gli integralisti islamici hanno condannato il golpe e la dura repressione a danno dei sostenitori del governo Morsi. Entrambi gli avversari chiudono a singhiozzo la rispettiva area, per periodi anche piuttosto lunghi, tanto da esasperare un clima già teso e bloccare i lavori delle forze multinazionali. Nonostante gli attriti, nel 2006, viene promossa anche la missione EUPOL COOPS sui territori palestinesi, di cui fa parte anche la Striscia di Gaza, per supportare l’Autorità Nazionale Palestinese nella formazione di dispositivi di polizia e garantire un’adeguata riforma della giustizia penale. L’Italia prende parte alle missioni, che sanciscono l’impegno europeo ad assicurare una presenza terza sul passo e collaborare al processo di pace tra Israele e Palestina, per cui l’Unione Europea non intende interrompere le operazioni. Il 3 luglio 2013, infatti, il Consiglio europeo ha prorogato di un anno i termini del mandato EUBAM RAFAH ed EUPOL COOPS.

Impegno tricolore

Nell’ambito di un quadro geo-politico in continua evoluzione, Marina Militare, Esercito, Aeronautica e Arma dei Carabinieri hanno il compito di operare, ove necessario, per garantire pace e sicurezza, nel rispetto delle norme di diritto internazionale e dei Trattati fondativi delle organizzazioni internazionali di cui l’Italia fa parte. Donne e uomini delle Forze Armate contribuiscono così allo sforzo europeo di agire a tutela dei deboli, della giustizia e dei diritti fondamentali dell’uomo e a caratterizzare la qualità degli interventi è il riscontro positivo da parte della popolazione locale civile sulle corrette modalità di conduzione della missione, che includono imparzialità e attenzione ai bisogni e agli aspetti umanitari. A questo, si aggiunga l’alta professionalità acquisita dai militari nel corso degli anni. Il passaggio da un esercito di leva all’arruolamento di militari professionisti contribuisce ad assolvere una vasta gamma di attività previste per il conseguimento della missione assegnata, che varia dal settore della sicurezza e allo sviluppo dei valori di unità, di democrazia, d’identità nazionale e di ripristino della pace, che non si macchi dei pregiudizi dettati dall’appartenenza politica, ma si costruisca sul ripudio della guerra.

Federica Fanuli

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