Libano/ Pace. L’eccellenza dei militari italiani raggiunta con sorriso e diplomazia

Creato il 23 dicembre 2012 da Antonio Conte


Fabia Martina

Fabia Martina (suoi testi e foto) – Zibqin a sud del Libano, è un villaggio di seicento case che dista 103 chilometri a sud di Beirut. Considerata da molti la roccaforte della resistenza libanese, questa municipalità, come molte altre, è stata gravemente colpita durante l’ultimo conflitto bellico nel 2006.

Oggi passando per le strade di questo villaggio vicino al confine Israeliano si scorgono momenti di vita quotidiana. Approfittando di una giornata di sole la gente beve l’araq, il tipico tè arabo, all’ombra dei cedri. Il tempo qui è scandito da ritmi lenti e dal passaggio dei mezzi pesanti delle Forze Militari Internazionali di pace, UNIFIL.

Almeno una volta a settimana alcuni militari italiani in assetto sanitario svolge un’attività di medical care in una municipalità diversa all’interno del distretto di Tiro.

Una parte del reparto militare del Reggimento Savoia Cavalleria, un’unità militare che compone la Task Force, ITALBATT, affiancato da personale infermieristico specializzato e munito di strumentazioni professionali svolge, nell’ambito della funzione operativa CIMIC, Civil MIlitary Cooperation, reparto multinazionale della NATO a guida italiana, un’attività ambulatoriale per poter assistere quella parte di popolazione che non ha la possibilità di ricevere cure mediche. E il Reggimento Savoia Cavalleria, con alle spalle oltre 320 anni di storia, conduce un brillante lavoro a favore della popolazione civile bisognosa di cure mediche che vive in un’area carente di adeguate strutture sanitarie.

In questo senso la cooperazione con i civili da parte dell’esercito italiano è preziosa, perché “gli ospedali sono molto distanti e la popolazione non ha la possibilità di prendere un mezzo per recarsi in ospedale, spesso non ha neanche la possibilità di acquistare farmaci perché troppo costosi” mi spiegano.

Per mezzo delle attività di medical care fino ad ora sono stati curati senza soluzione di continuità centosessanta pazienti, tra bambini e anziani, nonostante le molteplici difficoltà nel reperire le medicine e le risorse economiche e questo è un grande successo per la missione di pace italiana. Difatti il CIMIC group opera in Libano con eccellenti risultati già da molti anni. “Nel 2008, nel sud del Libano, ad esempio, è stato condotto un progetto sulla prevenzione al seno,” racconta il Capitano Anna Polico.

“Affiancavo una dottoressa, il Maggiore Carla Olivieri, che ha svolto una serie di lezioni per insegnare l’autopalpazione. Inizialmente è stato molto difficile, le donne libanesi erano molto restie e diffidenti a questa pratica di prevenzione, ma a poco a poco hanno capito l’importanza e si sono aperte. Da questa esperienza è nato un profondo rapporto di confidenza. Ci incontravamo per le colazioni del mattino, intorno ad un tavolo, con un interprete donna e quando loro toglievano il velo, io scioglievo i capelli, segno che ognuna era se stessa. Mi scoprivo donna tra donne, ero così differente dal loro stereotipo di donna, ma nello stesso tempo simile nell’essenza, la stessa che accomuna tutte le donne. E al di sopra delle sovrastrutture culturali, l’abbigliamento, la postura, la gestualità che potevano farci apparire diverse, nei contenuti sapevamo che eravamo tutte uguali” conclude il Capitano Polico.

In Libano la principale differenza che intercorre tra l’operato dei militari italiani e quello di altre nazionalità e sostanzialmente una, “l’approccio del sorriso” e l’impegno nel coltivare i rapporti umani anche quando si lavora.

In questa missione di pace i nostri soldati svolgono un lavoro ammirevole. Nulla è imposto, come è facile credere, ma tutto è condiviso. I militari italiani guardano il Libano con gli occhi del popolo, con gli occhi di chi non ha mai dimenticato il passato. L’eccellenza militare italiana in ambito diplomatico consiste proprio nella capacità di dialogo sia con la gente comune sia con i rappresentanti militari del Libano e Israele, e questa capacità rende più facile la comprensione dei bisogni primari del popolo libanese che chiede una vita normale, di avvalersi realmente del diritto di dignità e del valore della persona umana, della tutela della salute, dell’ambiente e soprattutto della sicurezza.


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