Liberare le note

Da La Dona

“La musica è una macchina per sopprimere il tempo” Claude Lévi-Strauss

[on air: Alessandro Marcello, Concerto in re minore per oboe e orchestra]

Christoph Hartmann
Foto © Brunella Saleri

È una domenica sera piovosa di inizio autunno, la temperatura invoglia a mettersi sul divano sotto la coperta, per guardare lo show di turno o una partita, ma in un piccolo comune in provincia di Brescia un evento davvero straordinario si verificherà questa sera: un oboista di fama internazionale suonerà in un concerto con la Banda Comunale locale e chi ama la musica non può lasciarsi scappare una tale opportunità. Cristhoph Hartmann, oboista dei Berliner Philarmoniker, è ospite d’onore in un concerto preparato in pochissimo tempo e con grandissima professionalità dagli oltre cinquanta membri dell’organico sebbene si tratti di una formazione di non professionisti.

Quando il pubblico inizia a raggiungere il teatro, i Banditi (come vengono scherzosamente chiamati invece che “bandisti”), si stanno preparando all’esibizione ognuno facendo “parlare” il suo strumento attraverso suoni che al primo ascolto non hanno alcun senso, in una lingua a tratti fastidiosa all’orecchio.

Una discreta confusione nella quale ogni sezione ha però frasi fondamentali da dire, frasi che necessitano di qualcuno che indichi quale abbia la precedenza o debba attendere, quale debba aumentare l’intensità della voce oppure quale vada sussurrata.

Quel fermento fa pensare che quei suoni, quelle note, quelle frasi si stiano preparando a librarsi per sempre nell’aere e raggiungere chi, attraverso loro, potrà tornare in luoghi già visti, rivivere emozioni scoprendole vivide nell’anima, lasciare per un attimo le preoccupazioni ad attendere sotto i grandi castagni fuori dal teatro.

Le luci si spengono ed è a Verdi che spetta l’onore di girare la chiave che aprirà il prezioso contenitore nel quale le note stanno preparandosi a quel volo; è quasi una magia. I musicisti divengono loro stessi strumenti, non c’è più divisione tra l’uomo e l’oggetto in metallo o in legno, si fondono, diventano l’odierno tramite tra Verdi e il pubblico.

Impegnativo, straordinario il repertorio che spazia da Giuseppe Verdi e Alessandro Marcello a Nicolai Rimsky Korsakov e Antonio Pasculli e quando lo strepitoso solista Hartmann inizia a suonare nella sala, già silenziosa, il tempo si ferma all’istante; se chiudi gli occhi puoi persino prendere per mano le note e volare insieme a loro, libero.

Non senti più divisione tra te e la musica, entri a farne parte. Lasci il tuo corpo seduto lì su quella rossa poltrona ad attenderti e ti abbandoni; ti lasci trasportare in quella dimensione nella quale non esistono spazio, tempo, paura, dolore ma solo libertà, bellezza e gioia.

Tempo fa ho sentito dire ad un giovanissimo musicista dire che “ascoltare un musicista bravo come Hartmann per chi ama la musica è come Dio per chi ha fede, non puoi capire cosa è in grado di farti provare fino a quando non lo ascolti”. Forse il paragone è azzardato ma in fondo penso sia vero. Descrivere le sensazioni provate lasciandosi trasportare in volo dalla musica non è possibile; per capirlo la devi ascoltare, nutrirtene, accoglierla, viverla, farti avvolgere e farlo darà alle note la possibilità di uscire dall’aureo contenitore per vivere per sempre dentro di te.

(Pubblicato su L’Undici nel mese di Ottobre 2013)



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