Siamo arrivati al 25 aprile e, come ogni anno, arriva anche il consueto bestiario di ignoranza che accompagna questo straordinario anniversario. Questa volta è stata la volta del commissario prefettizio di Alassio che è riuscito a sostenere che la festa della Liberazione sarebbe “apolitica”. L’ennesimo schiaffo a una storia che per alcuni settori del Paese è ancora “scomoda”.
Esiste un’Italia che non solo non conosce la storia, ma la calpesta. Solo una grande ignoranza infatti può portare qualcuno a dire quello che ha detto il commissario prefettizio di Alassio, capace di vietare l’esecuzione di “Fischia il vento e infuria la bufera” durante le celebrazioni del 25 aprile, in quanto, udite udite, la Liberazione sarebbe una festa “apolitica”. Intelligentemente anche Gramellini su “La Stampa” ha riportato la notizia, esecrando a sua volta l’idiozia di quanto sostenuto dal commissario ligure. Come è possibile definire apolitica la Liberazione, ovvero il movimento di popolo italiano che ha combattuto per liberarsi dal giogo dell’oppressione nazifascista? Non esiste guerra, lotta più politica di questa, eanche i valori dell’antifascismo sono fortemente “politici”, anche se forse alcuni non guardano certo con favore alla Resistenza, anche oggi, nel 2013, quando uno dovrebbe pensare che sia ormai entrata nella memoria condivisa degli italiani. E invece…e invece esiste ancora qualcuno che non solo non sente l’impulso di ricordare, ma che anzi guarda alla Liberazione con fastidio, quasi subendo dei festeggiamenti che non sente propri. E di questo la colpa è soprattutto delle istituzioni, superficiali in modo quasi criminale nell’aver sottovalutato l’importanza del ricordo e del glorificare la Resistenza e il sacrificio di migliaia di giovani commesso per donarci la libertà di cui oggi, ancora, godiamo. Ora si preferisce, come ha ricordato Gramellini, rimuovere la Resistenza, come se fosse un episodio che sarebbe meglio non ricordare. Una vergogna assoluta dal momento che i partigiani hanno scritto la Costituzione con il loro sangue e hanno costruito le basi democratiche che ancora ci permettono di vivere in pace, chissà per quanto ancora.
Gracchus Babeuf da Tribuno del popolo