"Luis, il biondo e Giò sono tre sbandati figli della Milano più borghese che per noia compiono rapine. Un colpo a un distributore però finisce male, per via del tradimento di una ragazza, e ci lasciano le penne quattro uomini, tra cui due poliziotti. Questo non li frena e anzi deruberanno anche un supermercato e una banca, lasciandosi dietro altri morti. La mala però rifiuta di aiutarli a lasciare la città e Milano diverrà per loro una trappola."
Palesato che siamo ad anni luce dal poliziottesco medio (niente commisari di ferro ed organizzazioni mafiose), lascia ancora il segno la lettura impietosa che Di Leo dà, attraverso dialoghi e battute in stato di grazia, della nascente "società dei consumi". Chi rapina o inavvertitamente uccide non ha mandanti di rilievo alle spalle; con molta probabilità è il vicino di casa e se agisce non è toccato certo da scrupoli etici o ideologici. E’ in sostanza quello più furbo, che in un contesto progressivamente spogliato di riferimenti agisce nel proprio interesse, con i propri mezzi.
Tomas Milian accetta di buon grado, a detta del regista, una parte inusuale e stimolante: quella del commissario "di sinistra", molto simile al ruolo di Luigi Pistilli in Milano Calibro 9 (1972). Una figura progressista che guarda disgustato le istituzione pubbliche e private alla deriva, al quale Di Leo regala probabilmente uno dei monologhi più belli e sconfortanti più mai scritti in tutta la sua carriera. Guerrieri, da parte sua, lavora con mano sicura tanto sul lato artistico che tecnico. Azzecca senza riserve il cast (segnando persino l’esordio artistico di un giovanissimo Diego Abatantuono) e fa quadrare perfettamente il cerchio con un montaggio veloce ed adrenalinico delle sequenze di inseguimento. Imprescindibile in conclusione una menzione di riguardo per i maestri Pieranunzi e Plenizio, autori della toccante colonna sonora, una delle migliori mai composte nell’intero filone poliziottesco. Da notare un simpatico inside joke metacinematografico: in una breve battuta uno dei tre protagonisti cita un altro grande poliziesco girato da Fernando Di Leo: La mala ordina (1972).
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