"Libertà" di J. Franzen

Creato il 04 aprile 2011 da Bens
"Caro Jonathan, mi chiamo Stronza di secondo nome. Vorrei porti le mie sciape scuse per aver pensato, detto e scritto le peggio cose su di te. Sono vittima del mio adolescenziale anticonformismo culturale e ti ho odiato perché già ti amavano in troppi. Pochi giorni fa però mi sono fiondata a comprare il tuo ultimo libro (sappi che Le Correzioni nemmeno l'ho finito, mi stavi sul cazzo tu e il tuo stupido capolavoro). Però mi è sempre riuscito difficile mentire a me stessa: il mio subconscio freudiano era perfettamente consapevole che le mie riserve su di te erano dettate da una sciocca presa di posizione. Quindi ho divorato "Libertà" e ti ringrazio per essere stato la terza persona sulla faccia della Terra, dopo mia madre e mia sorella, ad avermi educatamente rimesso al mio posto, ossia quel piccolo ed angusto angolo che occupano tutte le spocchiose seccentelle soffocate dal proprio ego".
Questa è l'email che penso di inviare a Franzen non appena, coadiuvata da un apposito sistema di hackeraggio, riuscirò ad entrare in possesso del suo indirizzo di posta elettronica. Proprio qualche mese fa quasi lessi Le Correzioni, a cui non diedi la minima speranza: lo avevo già mentalmente sventrato dalla copertina. Non volevo che Franzen mi piacesse, non volevo venir risucchiata dal massiccio vortice di ebeti adoratori\sbavatori. Per essere del tutto onesta, quel disgusto primordiale non mi era chiaro: posso provare una luciferina antipatia per persone a caso, senza conoscerne neppure il nome, ma per i libri ho sempre avuto una religiosa prostrazione. Quindi ho mandato giù l'amaro boccone della disfatta ed ho accolto Libertà. Libertà è uno dei più bei romanzi, non solo degli ultimi dieci-quindici anni, ma anche fra quelli che io abbia mai letto. E Franzen da stupidotto borghesuccio newyorchese, è diventato la persona che vorrei essere se non potessi più essere me. E' inutile stare qui a gingillarmi con la narrazione della trama: quando si parte da una famiglia ci sono troppi intrecci, inciuci, complessità singole e di gruppo, ostacoli, argini, frane e ristrutturazioni, perché se ne possa discutere in dieci righe. Però potreste pensare alla vostra famiglia e alla vostra vita di individui soli, unendo gli aspetti per poi scinderli, finendo con il ritrovarsi tutto accanto.
Esiste una famiglia ed esistono delle persone, c'è una parola e c'è il suo abuso crudo, consumistico e sfacciato. Potrei dirvi che si parla di libertà, ma mano a mano che le pagine mi scorrevano tra le dita mi sono accorta che forse la libertà è un olezzo che va respirato, altrimenti finisci con le mani legate dietro la schiena per tutta la vita, affossata nell'autocommiserazione del logorio di tutti i "se" e i "ma" persi per strada. Potrei dirvi che la libertà è l'alibi perfetto di tanti figli di puttana e che a volte non vi è niente di onorevole nell'esercitare indiscriminatamente la propria libertà. Potrei dirvi come si possa essere liberi in tanti modi diversi e in altrettanti tempi diversi, che non si è sempre liberi e che magari il sogno della nostra libertà giovanile non sarà necessariamente simmetrico con ciò che vorremo tra trent'anni. Potrei dirvi che questo libro è pieno, stracolmo di quella meravigliosa libertà emozionale che ci riporta indietro, sui nostri passi, per chiedere scusa e di quella libertà passionale che ci spinge ad accettare la venia. Potrei dirvi che in alcuni meravigliosi o abominevoli momenti della vita, la nostra cara libertà risulta tanto debole quanto insignificante. 
Potrei dirvi tutto ciò, ma non lo farò perché questo libro è una ceretta sul cuore e, una volta letto, non sarete più liberi di fare proprio un bel niente. B.

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