Una circolare riservata dell'Ufficio Scolastico Regionale dell'Emilia-Romagna (oggetto: Dichiarazioni a mezzo stampa del personale scolastico. Indicazioni) ricorda ai dirigenti sottoposti che troppi documenti di critica verso la scuola vengono inviati a stampa e famiglie da parte dei docenti e, tra l'altro, invita i Provveditori a “ricordare al personale scolastico che è improprio indirizzare ad alte autorità politiche o amministrative diverse dal loro diretto riferimento gerarchico documenti, appelli o richieste”.
Sono abbastanza d'accordo con Vincenzo Brancatisano (autore di "Una vita da supplente": unavitadasupplentelibro.blogspot.com): le norme ci sono (e per giunta derivano da un governo di centro-sinistra, Amato nel 2000) e i sindacati le hanno accettate, inutile ora stracciarsi le vesti (anche se, in questo contesto, vengono i brividi...). Da parte mia, aggiungo che, pur nell'ambito dell'inviolabile libertà di parola e di pensiero, sarebbe però il caso di ricordare che come dipendenti pubblici siamo piuttosto insofferenti alle norme interne (cartellino di riconoscimento per chi ha contatti con l'utenza, divieto di fumo negli ambienti, rispetto dell'orario di servizio, correttezza professionale e di funzione) e a volte qualcuno esagera con comunicati e volantini che non di rado vanno ben oltre il sacrosanto esercizio di critica. Forse sarò in errore, ma tendo sempre a ricordare a me stesso, nei numerosi momenti di conflitto interno che questo lavoro mi causa, che sottoscrivendo il contratto di lavoro lavoratore e amministrazione fanno un patto e accettano i vincoli in esso indicati. È spiacevole, lo ammetto, ma non posso annullare questo impegno qualora cambi la visione, la filosofia o la parte politica del datore di lavoro.
Volenti o nolenti, siamo dipendenti di uno stato che è (per fortuna) destinato a cambiare continuamente indirizzi, scelte operative e colore politico. Si può scioperare e manifestare, ma non è corretto stare sempre a gettare secchiate di letame su quello che non ci va: potrebbe esserci anche chi la pensa diversamente, e a volte si rischia di disorientare la nostra utenza e di comportarci in modo diseducativo.
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