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Libertà di stampa in Africa: chi sale e chi scende

Creato il 28 maggio 2013 da Bloglobal @bloglobal_opi
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di Andrea Marras

Il 3 maggio si è festeggiato la giornata della libertà di stampa. All’interno dei quotidiani e dei telegiornali si è parlato della situazione italiana – sempre ben al di sotto degli standard europei – e, sebbene in misura minore, anche di ciò che avviene all’estero: soprattutto per quanto riguarda il Vicino Oriente vi sono stati importanti riferimenti alla situazione in Siria, dove dall’inizio della guerra molti reporter e cronisti sono stati imprigionati, torturati e uccisi dalle forze governative (secondo il Doha Centre for Media Freedom sarebbero morti in due anni circa 110 giornalisti siriani e stranieri, l’ultima un’inviata della tv di Stato Al-Ikhbariya proprio il 27 di maggio); mentre, per quanto riguarda il Medio Oriente, si è parlato di Iran – ormai in prossimità delle elezioni – dove decine di giornalisti si trovano agli arresti, colpevoli di aver violato la censura e di aver collaborato con testate estere. Come in altre occasioni, invece, non è stato dato il giusto spazio al continente africano nonostante ci siano stati importanti cambiamenti. I dati che presentiamo e sui quali si è discusso sono quelli divulgati lo scorso gennaio da Reporters Sans Frontiers, una ONG che si occupa di tutelare la libertà di stampa nel mondo.

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Prima di approfondire le principali novità e differenze rispetto all’anno precedente, bisogna sottolineare i casi in cui il trend storico di alcuni Paesi è stato confermato. È questo il caso della Somalia, dove il 2012 è stato un vero e proprio annus horribilis, avendo ben 21 giornalisti perso la vita (scendendo così di 11 posizioni rispetto alla classifica dell’anno precedente e scivolando al 175 posto su 179 presi in considerazione). Un simile deterioramento della sicurezza comporta un peggioramento della copertura mediatica che rischia, così, di far calare l’attenzione dell’opinione pubblica sul Corno d’Africa. L’Eritrea tende a confermarsi il Paese dove la libertà di stampa sostanzialmente non esiste e dove il rischio di venire incarcerati è tra i più alti al mondo. A preoccupare gli esperti non è l’ultima posizione in sé, bensì il fatto che Asmara occupi questa posizione da ben sei anni, segno evidente che, in questi anni, non è stata messa in pratica nessuna politica volta ad aprire l’informazione ad agenzie di stampa indipendenti. La situazione risulta essere simile anche in Etiopia, Sudan, Gibuti e dunque in tutta l’Africa Orientale, in cui manca totalmente una stampa separata dai poteri locali e che possa informare i propri cittadini liberamente.

In questo quadro di Paesi che seguono un trend (negativo) quasi decennale, ci sono chiaramente anche delle situazioni che presentano importanti novità rispetto al passato. Il caso del Mali è emblematico: nonostante la presenza nel Paese di numerosi giornalisti occidentali, ciò che preoccupa maggiormente è la condizione che vive attualmente la stampa locale, soprattutto se confrontata al recente passato. Tutto ciò non fa ben sperare, dato che è nota quale importanza abbiano i media nella crescita democratica e pacifica di un Paese, in particolar modo nel continente africano. Non bisogna infatti dimenticare la rilevanza dei quotidiani, non solo nell’informazione, ma anche nel tutelare le minoranze linguistiche. Il Mali è passato, in questa particolare classifica, dalla 25esima posizione alla 99esima, segnando un vero e proprio tonfo. Il colpo di Stato non ha avuto solamente delle ripercussioni economiche e sociali, ma ha determinato un generale peggioramento delle condizioni di vita della popolazione e una perdita di importanti conquiste che erano state ottenute nel tempo. Proprio in Mali, così come in quasi tutta l’Africa, è ancora ampiamente diffuso il mezzo radiofonico e in questi ultimi mesi importanti emittenti hanno interrotto le loro trasmissioni per paura di ritorsioni o semplicemente perché impossibilitati a continuare il loro lavoro. La radio, soprattutto in Africa, ricopre ancora un ruolo importantissimo nella divulgazione delle notizie, a maggior ragione in quei Paesi dove il tasso di alfabetizzazione risulta essere ancora bassissimo e dove le connessioni ad internet sono ancora soltanto un sogno. L’intervento francese potrebbe aver in qualche modo migliorato la situazione, in particolar modo nell’area meridionale, mentre nel Nord le condizioni di sicurezza non permettono la totale libertà di movimento e, molto spesso, anche i giornalisti occidentali sono costretti a muoversi insieme ai contingenti militari che pattugliano l’area.

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Ultimi 10 Paesi nella classifica di libertà di stampa – Fonte: RSF

Per quanto riguarda le note positive, invece, il Malawi (risalito di 71 posizioni) fa registrare un grande miglioramento così come la Costa d’Avorio (che ha conosciuto un balzo in avanti di 63 posti, forse anche grazie ad una certa “stabilità” seguita alla guerra civile del 2011 che aveva visto ancora una volta il coinvolgimento francese) e, seppur in maniera decisamente minore, la Liberia (salita di 13 gradini) dove la situazione della stampa è migliorata. A ben vedere, sono numerosi i Paesi africani che si piazzano in posizioni decisamente migliori rispetto ad importanti Paesi Occidentali. Nonostante sia noto a tutti che la situazione dell’Italia negli ultimi anni non è stata delle più rosee, quest’anno il nostro Paese si piazza al 57esimo posto. Vi sono ben 8 Paesi africani che fanno meglio di noi, tra i quali spicca sicuramente la Namibia (19esima) che in poco più di vent’anni dall’indipendenza ha raggiunto importanti risultati. Oltre all’ex colonia tedesca, e in ordine, anche Capo Verde, Ghana, Botswana, Niger, Burkina Faso, Comore e Sud Africa.

Il quadro attuale della libertà di stampa nel continente, dunque, è sostanzialmente negativo ma con delle importanti note positive che possono far ben sperare. La crescita economica, ma soprattutto quella sociale, non può prescindere dal porre in essere un dibattito proattivo capace di contribuire al miglioramento del benessere dei cittadini. È infine interessante sottolineare come, proprio la rilevanza della libertà di stampa venga sottovalutata non solo dalle Organizzazioni Internazionali ma anche dalle stesse ONG. Queste tematiche necessiterebbero di essere inserite nell’agenda della cooperazione internazionale, rendendo così possibile la creazione di progetti ad hoc che dovrebbero cercare di coinvolgere quelle fasce di popolazione sistematicamente escluse dal dibattito politico, dando loro la possibilità di avere un mezzo ed uno spazio attraverso il quale esprimere i loro propositi ed iniziative. Almeno nel breve periodo, ciò può avvenire solamente in quei pochi Paesi nel quale la censura non è tanto feroce da precludere ogni possibilità di dialogo interno. Attraverso radio e quotidiani locali si possono scardinare le porte della censura e far entrare una nuova luce capace di illuminare i cupi quanto ambigui regimi africani.

* Andrea Marras è Phd. Candidate in Storia ed Istituzioni dell’Africa (Università di Cagliari)

Sfoglia il dossier completo di Reporters Sans Frontiers:

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