Sempre più in sordina, quasi dimenticato dagli organi di informazione, il conflitto in Libia continua a rimanere in una fase di stallo e nessuno ormai sembra essere in grado di pronosticarne la fine, ad un paio di mesi di quello che dovrebbe esere il termine ultimo indicato dalle diplomazie dei paesi interventisti.
Settembre si fa infatti sempre più vicino e Gheddafi non solo è ancora a Tripoli, ma si permette di inviare ultimatum e, almeno a quanto dice lui, di minacciare di morte il suo ex amico Silvio Berlusconi, colpevole di averlo sedotto e abbandonato.
Uno dei pochi media a ricordarsi che in Libia è ancora in corso una guerra è il Fatto Quotidiano. Il quotidiano travagliato sembra però non serbare alcuna memoria delle cause e dei fautori della stessa, limitandosi a rilevare i danni che il conlitto sta riberberando sulle aziende italiane che con Libia avevano stretti rapporti economici, come Eni, Finmeccanica e Impregilo, e quelli che di riflesso colpiscono anche i cittadini italiani.
Ci vorrebbe infatti un minimo di onestà intellettuale per riconoscere che il governo Berlusconi non voleva saperne di impegnarsi nel conflitto libico e che fu una campagna di stampa ben orchestrata dalla sinistra umanitaria e illuminata a forzarlo.
Una onestà intellettuale che farebbe ricordare come dalla più alta carica dello stato e dai maggiori leader dell'opposizione, come da tutti i media a loro collegati, si levarono appelli per partecipare ai bombardamenti per mandare via il feroce dittatore che massacrava i suoi sudditi (nonostante le violenze non fossero mai state documentate) e nella totale assenza di proteste dei pacifisti senza se e senza ma, di solito rapidissimi nello scendere in piazza per protestare contro qualsiasi intervento bellico, ma evidentemente anche le guerre non sono tutte uguali.
Eppure fu lo stesso Marco Travaglio a divertirsi un mondo sulle evoluzioni dei leader, veri o presunti. Basterebbe ricordarselo, ma la memoria corta è uno dei problemi di questo paese, mentre sarebbe importante non dimenticare quanto succede, per dare in seguito le giuste colpe e i giusti meriti a chi se li merita.
L'unica consolazione in questa storia è che ormai sono nella più totale confusione anche chi la guerra l'ha voluta e portata avanti. La Francia soprattutto, che infila una perla dopo l'altra, prima dichiarando che Gheddafi è ormai spacciato, per poi ammettere che ci sono negoziazioni col dittatore per arrivare ad un compromesso.
Alla fine il petrolio libico che faceva tanto gola ai transalpini, e che in buona parte era amministrato dalla nostra Eni, finirà nelle mani di imprese russe e cinesi, lasciando a bocca asciutta le compagnie francesi e britanniche.
Una magra consolazione, ma meglio che niente.