Che la Turchia fosse disponibile a dare il suo apporto per risolvere la crisi libica “nel rispetto della sicurezza del popolo”, lo aveva comunicato il ministero degli Esteri turco in un comunicato diffuso sabato sera in cui si parlava di un “contributo nazionale necessario e adatto all'applicazione delle risoluzioni 1970 e 1973 dell'Onu, tenendo conto della sicurezza del popolo libico". E mentre da più parti (compresa la Farnesina) si spinga perché la Nato assuma il comando delle operazioni militari, la Turchia continua invece a frenare su un intervento dell'Alleanza come già aveva fatto domenica pomeriggio nel corso della riunione dei 28 ambasciatori del Consiglio atlantico svoltasi a Bruxelles.
"Il rappresentante turco ha chiesto che di rivedere il ruolo che potrebbe svolgere la Nato nell'applicazione della risoluzione 1973 dell'Onu sulla Libia, in particolare alla luce delle perdite civili che i bombardamenti in corso potrebbero provocare", ha detto alla France presse un diplomatico. E dopo aver di fatto impedito alla Nato di dare il via libera ai piani già pronti da tempo, ieri Ankara, per bocca del ministro della Difesa Vecdi Gonul, si è mostrata molto critica con il ruolo assunto dalla Francia dichiarando di non capire perché Parigi si comporti come se avesse la leadership delle operazioni militari in corso in Libia.
La Turchia, anzi, vuole dei chiarimenti sui piani della Nato in Libia e ritiene che il modo in cui è stata costruita la coalizione non sia conforme alle norme internazionali. Non intendiamo ostacolare il processo, ha detto il ministro degli Esteri Ahmed Davutoglu, ma “abbiamo il diritto di porre certe questioni e pensiamo di avere il diritto di ricevere certe risposte”, perché la risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza dell'Onu non prevede l'avvio di una “guerra globale” in Libia. “La Turchia sarà sempre amica della Libia e lavorerà per la sua prosperità", ha chiarito Davutoglu.
Come scriveva ieri Marta Ottaviani sul suo blog, la Turchia sta facendo di tutto per rimanere fuori il più possibile dalla crisi libica, "adottando una strategia di basso profilo che è molto furba e predilige gli interessi nazionali nell'area piuttosto che l'appartenenza a organizzazioni internazionali". Marta Ottaviani fa riferimento ad alcuni quotidiani turchi secondo i quali il governo Erdogan starebbe temporeggiando perché vorrebbe giocare un ruolo di mediazione quando il conflitto sarà finito. Ma, concludo io, se il conflitto non si risolve in fretta Ankara dovrà schierarsi e a quel punto potrebbe non avere più carte da giocare.