Giudizio. Mi sono approcciato alla lettura con effettiva curiosità, in virtù della fama gloriosa del testo. Per buona parte di essa ne sono rimasto annoiato, poco coinvolto, sul punto di abbandonarla. Verso il finale però, ho iniziato ha percepire il reale senso delle gesta del giovane Holden Caufield ed è come se mi si fosse accesa la lampadina. L’autore in fondo non ha fatto che rappresentare attraverso questa figura adolescenziale (anni ’50, ma sempre attuale) il senso di smarrimento che alberga in ognuno di noi che spesso si trova a fare i conti senza l’oste (quando invece l’oste vorrebbe prenderlo a schiaffi), ovvero a non capire (e gradire) tutto ciò che ci circonda, ci affianca e magari, non ci soddisfa come vorremmo. Holden è quindi ribelle, intollerante, scostante, un pò “matto” (come lo definiscono alcuni personaggi del libro) anche se in fondo si mostra un ragazzo ricco di principi, integro (soprattutto nell’amore verso la sorella e nel rispetto della figura femminile). Molto intrigante (perchè inatteso) il finale, in cui l’autore stacca di netto con la storia e chiude scrivendo “Non raccontate mai niente a nessuno, se lo fate, finisce che sentirete la mancanza di tutti”. Nel complesso resta un libro controverso, amato e odiato nello stesso istante, osannato oppure accusato di essere stato sopravvalutato. Personalmente, il consiglio è quello di leggerlo, in modo di maturare la propria idea. Consigliato, ma non per tutti.