E' forse il libro maggiormente autobiografico del grande scrittore egiziano, una serie di brevissimi racconti (68 per l'esattezza, ed è forse meglio definirle sequenze) che sono legati tra loro dal filo conduttore della quotidianità della vita degli abitanti del quartiere del Cairo, intorno al grande bazar di Khan el-Khalili.
Mahfuz guida il lettore attraverso le tradizioni arabe, gelosamente custodite, e il contrasto con il fascino e le contraddizioni della cultura europea.
Il libro si snoda attraverso le sequenza di fatti - raccontati da un io infantile - che affrontano gli elementi, semplici e complessi, del vivere quotidiano in un grande quartiere che subisce il contrasto tra la realtà e il fantastico, tra le tradizioni e le sue rigide regole e le nuove ed inevitabili trasformazioni che la modernità impone.
Mahfuz ci guida letteralmente in questi vicoli (sia fisici che emozionali) che ci permettono di entrare in un mondo spesso sconosciuto e per noi distante. Il suo linguaggio è ancora attuale e la lettura del libro si rivela un piacevole viaggio immaginario tra emozioni, colori, suoni e profumi.
Sin dal 1978, quando Sadat firmò gli accordi di Pace con Israele, andò in contrasto con i fondamentalisti islamici per il suo supporto all'operato del Presidente. I suoi libri furono banditi in molti paesi arabi sino a dopo la conquista del Premio Nobel. Nel 1989 difese Salam Rushdie dagli attacchi dei fondamentalisti dopo la pubblicazione dei Versetti Satanici definendo l'Ayatollah Khomeini "un terrorista".
Nonostante la protezione della polizia, nel 1994, subì un attentato (fu accoltellato al collo fuori dalla sua casa) che per molti anni gli impedì di usare la mano destra. Nonostante questa menomazione continuò a scrivere fino alla fine dei suoi giorni. Morì nel 2006, a quasi 95 anni.
Ecco un link con una intervista a Nagib Mahfuz del 2002 (a cura di Anna Albertano).
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