L’ottava, un numero pari per questa ultima avventura di Bacci Pagano, forse più melanconicamente introspettiva che gialla, ma un’altra orgogliosa zampata del leone Bruno Morchio. Un telefonata di Cesare Almansi, un vecchio caro amico, quasi dimenticato da troppi anni, che ingaggia Bacci Pagano in veste di guardaspalla, ma in realtà di spaventapasseri per bloccare un qualcosa di minaccioso che torna dal passato, lo precipiterà in un baratro senza fine. Un delitto irrisolto che risale agli anni settanta, quelli ruggenti della gioventù, con le sballate di alcol e di droga, le serate del Covo, il famoso locale del Tigullio. Un implacabile scheletro nell’armadio che si vorrebbe ignorare ma non concede tregua e trascina melma con sé. Un’accesa e coinvolgente campagna elettorale genovese, che pare ricalcare lo strenuo impegno politico di Bruno Morchio nel 2011 a favore di Marco Doria – il professore universitario, figlio del marchese rosso, sostenuto da Vendola e Don Gallo – fa da scenario alla trama volutamente noir del romanzo. Ma Cesare Almansi, l’amico di Bacci Pagano, il candidato senatore di Lo spaventapasseri, anche a detta dell’autore, ha ben poco a che vedere con l’uomo politico Doria. Almansi è un idealista che si è auto convinto di essere un prescelto dagli dei. Ma perché mai dovrebbe essere altrimenti? Tutta la sua vita ha seguito superiori binari di grandezza, di rettitudine.
Recensione a cura di Patrizia Debicke, pubblicata su http://milanonera.hotmag.me