Diciamolo subito, il termine "noralismo" astrattamente non è certamente un valore positivo e anzi può prestarsi a essere comodo scudo per colpire e limitare la libertà altrui. Nel contesto giusto, quello delle regole e del perseguimento del bene della cosa pubblica, la parola moralismo ritrova il suo più autentico significato propositivo. E parlando di regole, di norma di condotta e di libertà, chi poteva chiarire meglio la questione se non un acuto giurista e intellettuale come Stefano Rodotà?
Fresco di stampa e attualissimo arriva sui banchi delle nostre librerie il suo agile e godibilissimo tascabile edito da Garzanti: "Elogio del moralismo". Un libro che mi piace suggerire come possibile prossimo acquisto di Natale accanto alle inevitabili futilità dell'occorrenza. (a.mir.)
LA PAROLA ALL'AUTORE
"Mi piace definirmi moralista - afferma Rodotà -. Questa parola è sgradita, è usata in modo negativo e tuttavia mi pare che alluda a un modo di guardare le cose del mondo in maniera reattiva, non passiva. Soprattutto quando ci troviamo di fronte a illegalità, cinismo, abbandono dell'etica pubblica, che è quello che è avvenuto in questi anni, non soltanto in Italia, ma in Italia in modo tale da travolgere lo stesso senso delle istituzioni, il rispetto delle regole, il rispetto degli altri. E quindi è necessaria una reazione.
Io lo chiamo moralismo attivo: quello che mettono in atto tante persone, che fanno tanti mestieri e che nella loro vita quotidiana non rinunciano a denunciare i comportamenti che contravvengono a quello che è scritto nella Costituzione, per cui soprattutto chi ha funzioni pubbliche deve adempierle con onore e disciplina.
L'onore soprattutto è in parte perduto e un buon moralismo può aiutarci a riconquistarlo per tutti."