Padre Brian Flynn, coadiutore nella parrocchia di St Augustine, a Rossmore, odiava la festa di Sant’Anna con un fervore del tutto insolito per un prete cattolico. Per quanto ne sapeva, tuttavia, era anche l’unico sacerdote al mondo a ospitare nella propria parrocchia una lussureggiante fonte di Sant’Anna, un santuario di dubbie origini. Un luogo dove i fedeli si recavano per chiedere alla madre della Vergine Maria di intercedere per loro in merito a una grande varietà di questioni, soprattutto intime e personali. Questioni che un goffo prete non sarebbe stato in grado di affrontare.
Roma, come al solito, taceva.
Probabilmente stava valutando i pro e i contro rimuginava padre Flynn, cupo. Laggiù dovevano essere comunque contenti che in un’Irlanda che si faceva sempre più secolare ci fosse ancora una qualche forma di pratica religiosa. Il solito problema, come era solito dire Jimmy, il bravo giovane medico del villaggio di Doon, ad alcuni chilometri da lì. Le disposizioni dall’alto non arrivavano mai quando ce n’era bisogno, ma solo quando se ne sarebbe volentieri fatto a meno.
Ogni anno, il 26 luglio, si svolgeva una cerimonia con gente che accorreva da vicino e da lontano per pregare e per adornare la fonte di ghirlande e fiori. A padre Flynn veniva regolarmente chiesto di pronunciare qualche parola, e ogni anno la cosa lo angosciava. Non poteva certo dire a quella gente che accalcarsi in centinaia per raggiungere una statua sbeccata in fondo a una grotta, accanto a una vecchia fonte nel bel mezzo di quello che tutti chiamavano il Bosco dei Biacospini, sfiorava l’idolatria.
Da Maeve Binchy, Il bosco dei biancospini, 2008 Sperling&Kupfer
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