Quando ho iniziato la lettura di The House of Sleep è stato subito amore, sia per la promessa della narrazione in due tempi, che ho sempre trovato molto affascinante e funzionale se ben usata, che per il tema dei disturbi del sonno, e qui chiamatela pure deformazione professionale.
La storia era fresca, nuova, brumosa quel tanto che basta. Jonathan Coe scrive davvero bene, il libro scorre via veramente veloce, il discorso ha le pause giuste e non si interrompe mai, non si spezza spostandosi avanti e indietro nel tempo, e da leggere è davvero piacevole. E' uno di quei libri che proprio vuoi sapere come va a finire, che vorresti non dover posare sul comodino per andare a dormire.
I personaggi sono bellissimi, tutti diversi nelle loro malattie, manie, ossessioni, credo siano il genere di personaggi che finiscono per restarti impressi nella memoria. E anche il modo in cui sono trattati i disturbi del sonno mi è piaciuto, sempre sul filo tra scienza e assurdo.
Va bene, e quindi perché il libro non mi è piaciuto? Semplicemente perché si perde, cade nel prevedibile e nella chiusura del cerchio a tutti i costi e per tutti. MA ANCHE NO!
Andando avanti nella lettura mi aspettavo che l'assurdità della storia si amplificasse fino ad un finale che sublimasse sia i lati più tragici che più comici della vicenda. Ma la spirale di coincidenze diventa inesorabile, grottesca, inaccettabile, fino ad arrivare alle appendici dove non ho potuto fare a meno di esclamare "Ma per piacere, è ridicolo!"
Se la storia non fosse stata ambientata in quella caotica città che è Londra o se le coincidenze non fossero state così tante, sarebbe risultato meno artificioso e disturbante.
Questo libro è molto, molto amato. Ora non capisco quale sia il problema, l'averlo misurato con il metro sbagliato o il non essere entrata in sintonia con l'autore.