Libro vs. Film #1: Hugo Cabret

Creato il 04 febbraio 2012 da Automaticjoy
Dal momento che non ho già abbastanza cose da fare, ho deciso in seguito a illuminazione improvvisa di inaugurare una rubrica a cadenza completamente casuale, intitolata Libro vs. Film. Come avrete intuito, sarà un confronto tra un film e il libro da cui è tratto. La partita potrà concludersi con vittoria/sconfitta o pareggio, in base al quale le due squadre, quella della carta stampata e quella della celluloide, otterranno un punteggio che si sommerà per giungere (forse, un giorno) a un verdetto definitivo. Devo ammettere che la sottoscritta, nonostante l'enorme amore per il cinema, parte un po' prevenuta in favore dei libri; ma non temete, sarò obiettiva.
La prima accoppiata che vi propongo è decisamente attuale: si tratta del libro La straordinaria invenzione di Hugo Cabret di Brian Selznick e del pluricandidato agli Oscar Hugo Cabret di Martin Scorsese.
Prima di tutto, un doveroso ringraziamento va a BluVega, che mi ha consigliato caldamente di leggere il libro prima di guardare il film: è un consiglio che giro a tutti, per il quale le sono profondamente grata.

Chi non abbia preso tra le mani il romanzo di Selznick non sa quanto sia difficile staccarsene prima di averne finito la lettura. Si tratta di un'opera incredibile, piena di forza immaginifica, in cui azione e sentimenti umani si fondono equilibrandosi a vicenda. Qui non sono le immagini a illustrare le parole, piuttosto queste ultime completano gli spazi lasciati vuoti dalle efficacissime illustrazioni. La storia di Hugo è rivelata tramite uno sguardo, il particolare di un oggetto; Selznick si avvicina al cuore delle cose in punta di piedi, senza mai strafare. Sfogliare questo libro è un po' come sedersi nella sala buia del cinema e aspettare l'inizio di una proiezione, o immergersi trattenendo il fiato e tornare a galla solo per prendere aria.
Hugo, il nostro protagonista, ha bisogno come tutti di trovare il suo posto nel mondo, perché all'interno di ogni macchina nessun pezzo è inutile, e così nemmeno lui può essere inutile nella grande macchina universale.
La straordinaria invenzione di Hugo Cabret è un inno all'immaginazione, un atto d'amore verso il cinema, una dichiarazione di fede nella fantasia. Se dovessi scegliere una sola parola per racchiudere tutto, sarebbe stupore: quello stupore che mi ha colta quando, voltando pagina, un'immagine ha svelato in un secondo il mistero che Hugo e l'amica Isabelle avevano finalmente risolto. E la storia, a quel punto, stava appena incominciando.

Giovedì 2 febbraio ho partecipato all'anteprima nazionale di Hugo Cabret di Martin Scorsese organizzata dal Future Film Festival, durante la quale il film è stato anticipato dalla proiezione di alcuni lavori di uno dei personaggi chiave del cinema degli inizi, Georges Méliès. Inutile cercare di esprimere come una pellicola di inizio Novecento sappia ancora far ridere e stupire, e altrettanto inutile è spiegarvi l'atmosfera che si è creata in sala. Vi basti sapere che mi sono sentita davvero, davvero fortunata.
Ma veniamo al film di Scorsese. Partiamo dal presupposto che trovo da sempre ridondante l'uso del 3D, che a mio parere difficilmente aggiunge qualcosa a qualunque film. L'opera in questione non fa eccezione: nonostante l'altissimo livello tecnico, la cura nella fotografia e la regia impeccabile, la panoramica su Parigi è decisamente effetto-modellino.
Il lungometraggio segue a grandi linee il romanzo, aggiungendo un'evitabile sottotrama romantico-spiritosa giusto per dare qualcosa da fare a Sacha Baron Cohen ed eliminando qua e là personaggi e situazioni tutt'altro che trascurabili. Il rapporto tra i protagonisti, in particolare tra Hugo e Isabelle, si approfondisce forzatamente a una velocità poco credibile, ignorando in toto la naturale diffidenza che il ragazzino mostrava nel libro.
Tra gli interpreti, bravo il giovane Asa Butterfield nei panni di Hugo, aiutato da due occhi azzurrissimi ed espressivi, acerba invece Chloë Grace Moretz (Isabelle). Ben Kingsley (papà Georges) fa il suo dovere alla perfezione, così come Helen McCrory (mamma Jeanne) e l'inossidabile Christopher Lee (monsieur Labisse). Baron Cohen vorrebbe far ridere e intenerire contemporaneamente, ma ci riesce solo a tratti. Su Jude Law che fa il padre di Hugo stenderei un velo pietoso, è un ruolo che non gli si addice.
Tirando le somme, a prescindere dalle inevitabili modifiche che un libro subisce quando viene trasposto, qui assistiamo a un notevole cambio di prospettiva: Hugo non è affatto protagonista della storia, perché Scorsese ha voluto fare un film sul cinema, un apprezzabilissimo omaggio alla settima arte che gli ha dato da vivere, e bene, per tutta la vita, e a cui l'acclamato regista dedica un (ruffiano?) atto d'amore.
Ultima nota di biasimo a un bel film nato per ammiccare all'Academy va al buonismo eccessivo, che finisce per piallare la pellicola epurandola di ogni potenziale, vero momento di tensione emotiva.
Voto: 7 1/2
Difficile dire se il verdetto sarebbe stato diverso evitando la lettura preventiva. Dubito comunque che lo Hugo di Scorsese mi avrebbe completamente conquistata. Come avrete capito non c'è gara, il libro stravince.
Libro vs. Film: 1-0

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