E da questo libro potrebbe partire la scintilla luciferina che appiccherebbe al mondo intero un nuovo incendio: e il riso si disegnerebbe come l'arte nuova, ignota persino a Prometeo, per annullare la paura. Al villano che ride, in quel momento, non importa di morire: ma poi, cessata la sua licenza, la liturgia gli impone di nuovo, secondo il disegno divino, la paura della morte. E da questo libro potrebbe nascere la nuova e distruttiva aspirazione a distruggere la morte attraverso l'affrancamento dalla paura.
Il romanzo di debutto del professor Umberto Eco è un giallo intelligente e avvincente, in cui il metodo deduttivo è utilizzato sistematicamente per giungere a sciogliere fino all'ultimo nodo dell'intricata vicenda. Parallelo all'investigazione sui crimini scorre il romanzo storico, al cui centro sta la disputa teologica sulla povertà di Cristo, a sua volta copertura di un conflitto tra gli interessi dell'imperatore e quelli del papa.
Questo non è che il primo dei molteplici livelli di lettura, accessibili o meno in base alla preparazione culturale del lettore. Con Il nome della rosa tra le mani ci si sente sopraffatti dalla spaventosa cultura di Eco, capace di attingere alle più varie fonti per inserirle armoniosamente all'interno della sua opera. Dall'esoterismo alla filosofia, dalla linguistica alla semiotica passando per la letteratura (medievale e non solo), il professore tocca una gran quantità di discipline con ammirevole maestria, senza trascurare un riferimento allegorico alla contemporaneità (la situazione politica italiana negli Anni di piombo).
Guglielmo da Baskerville, esplicitamente collegato al celebre detective Sherlock Holmes, è un protagonista indimenticabile, dotato di ingegno fuori dal comune e di una dialettica altrettanto notevole; Adso incarna perfettamente tutti i dubbi e le incertezze della giovinezza, accompagnati da un'innocenza quasi commovente. Tutti gli altri personaggi, dai monaci benedettini agli inviati del papa (tra cui svetta l'intransigente inquisitore Bernardo Gui) sono tratteggiati abilmente sia per quanto riguarda l'aspetto fisico che la personalità, uscendo come figure a tutto tondo dalle pagine del libro.
Su questo romanzo sono stati scritti una quantità di saggi e lavori vari di esegesi, e io non sono certo in grado di cogliere nemmeno la minima parte dei riferimenti contenuti nell'opera. Sono rimasta semplicemente sbalordita di fronte all'erudizione dell'autore, che ha condensato in questo lavoro meraviglioso una quantità di nozioni che io non riuscirei ad assimilare in una vita intera, e a tirarne fuori un romanzo coinvolgente, lessicalmente ricchissimo e per nulla pedante.
Voto: ★ ★ ★ ★ ★
Sei anni dopo l'uscita del libro Jean-Jacques Annaud propone la sua versione cinematografica, solidamente retta da regia e fotografia tradizionali e di grande qualità. La storia del romanzo è ricalcata con discreta precisione, nonostante l'eliminazione di alcuni personaggi che nell'originale avevano un peso non trascurabile. A causa degli evidenti limiti del medium cinematografico viene qui sacrificato il massiccio impianto teorico-filosofico, riducendo l'opera al solo piano letterale, e quindi all'intricata e appassionante ricerca del misterioso assassino che opera all'interno dell'abazia. La visione finale della storia è inevitabilmente semplificata e perde purtroppo parte del suo fascino, ma riconosco che sarebbe stato improponibile inserire le lunghe e illuminanti dispute in questa trasposizione.
Non sono altrettanto concessiva nei confronti dell'appiattimento di alcuni personaggi. Mentre Sean Connery guarda tutti dall'alto della sua impeccabile interpretazione e il bambino Christian Slater se la cava nei panni di un Adso forse troppo pavido, i monaci incarnano un tipo-medievale portato all'eccesso, tanto da risultare quasi caricaturale.
La scelta più discutibile è quella di rendere tutto o bianco o nero, dipingendo i personaggi negativi come "cattivi" e punendoli di conseguenza per fare contento il pubblico, invece di esplorare le motivazioni di uomini intelligenti che credevano profondamente in ciò che facevano. Troppo spazio è poi concesso alla storia d'amore tra Adso e la giovane contadina, rendendolo uno dei temi principali del film, mentre nel libro era soltanto uno dei molti spunti di riflessione.
La maestosità delle scenografie e la validità della sceneggiatura colpiscono comunque positivamente, ma paragonato a un originale di quella portata nessun regista avrebbe potuto essere all'altezza.
Voto: 8
Bella gara, ma il libro è a un altro livello.
Libro vs. Film: 2-0
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