Alzi la mano chi non ha mai visto il famoso film “The social network”. Nelle due ore che raccontano la romanzata nascita del social network più famoso dei nostri tempi, emerge in maniera chiara l’idea alla base di Facebook: la condivisione. Condivisione di idee, commenti, foto, video.
Ma la condivisone sta diventando una parola sempre più scottante. Ha fatto scalpore la recente notizia di un post condiviso su Facebook da una lavoratrice addetta ad una mensa scolastica nel torinese. Nel post in questione, la donna lamentava le scarse condizioni igieniche della mensa scolastica nella quale suo figlio consuma quotidianamente i propri pranzi. La stessa mensa nella quale la donna lavora. O meglio, lavorava.
Ebbene sì, perché la lavoratrice, dopo un provvedimento disciplinare sospensivo, ha visto recedere unilateralmente il proprio contratto di lavoro, nonostante nel post incriminato non fosse indicato il nome della mensa in questione e, dunque, non si potesse accusare alcun danno di immagine.
E’ dunque così che si consuma il primo licenziamento in Italia per un post pubblicato sulla propria pagina social. In attesa delle sentenze del Tribunale del Lavoro, nel vuoto legislativo al momento esistente in materia, condividere sui social pare un’attività sempre più da esercitare con cautela. Nonostante il già richiamato art. 8 dello Statuto dei Lavoratori, nonchè l’art. 4 della stessa norma che vieta espressamente il controllo a distanza del lavoratore.
Pare dunque che ci troviamo in un momento storico ambiguo: se da una parte la condivisione pare essere la parola d’ordine, dall’altra espone sempre più a rischi e a complicazioni non sempre prevedibili.
Carlotta Piovesan