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Lidia Bastianich: "I bambini italiani sono dei piccoli geni in cucina" (Il Giornale)

Da Nicoladki @NicolaRaiano
La vera star, a ben vedere, sarebbe lei. Lidia Bastianich non fa la dura, non sibila «io muoro» fissando con sguardo perfido il povero aspirante chef incappato in qualche errore, non canta nemmeno come una rockstar, come ha imparato a fare il carismatico figlio Joe nella pause di gloria da MasterChef.
Però tutto parte da lei - e infatti è stata ingaggiata come giudice della versione per bambini - da questa signora dotata di modi educati e di un sorriso saggio, dalla sua passione per la cucina e la ristorazione, e dal suo amore per i sapori «originali» della sua terra natia.
La signora è in Italia da due mesi per registrare le puntate di Junior MasterChef Italia, in arrivo su Sky Uno a febbraio-marzo. Palcoscenico tv sul quale sarà giudice insieme ad Alessandro Borghese e a Bruno Barbieri. E se le si chiede se la missione MasterChef Junior si sta rivelando complicata, risponde: «Con Barbieri e Borghese l'intesa è stata immediata, e poi ci conoscevamo professionalmente da tempo. Con i piccoli concorrenti, sinceramente, temevo peggio». L'idea di realizzare una versione Junior per l'Italia risale a poco dopo l'arrivo del figlio Joe in Italia. «Il suo successo fu tale - prosegue Lidia Bastianich - che venne naturale. Joe pensò subito a me, perché sono mamma e nonna, e ho la sensibilità giusta per trattare coi piccoli». Piccoli di taglia ma non di carattere. «Da noi competono giovanissimi dagli 8 ai 13 anni di età, vengono alla gara con una sana voglia di esprimersi, ma hanno anche uno spiccato istinto di competizione. E talvolta non accettano di buon grado le critiche. E poi conoscono perfettamente il programma MasterChef, e hanno persino imparato l'arte di studiare e mettere in difficoltà i rivali».
Eppure la cucina dovrebbe essere «cosa da grandi» ma, spiega la signora Lidia, «con sorpresa ho visto questi ragazzini abilissimi a cucinare. Possiedono un'inventiva e un'abilità nel presentare i piatti che non ci si aspetterebbe da loro. Maneggiano i prodotti in modo incredibile, propongono combinazioni quasi da ristorante. Certo, sospettavo che i concorrenti italiani fossero più abili di quelli americani, d'altronde sono cresciuti in famiglie dove il mangiar bene è una legge, dove mamme e nonne dominano la cucina, ma non pensavo in queste proporzioni». Sul figlio Joe, il cui stile è diventata una studiata «antipatia», risponde: «Io non farò come lui. E comunque mio figlio non è cattivo, sa. Quanto ai bambini bisogna capirli, riprenderli con chiarezza e onestà quando sbagliano, ma allo stesso tempo bisogna entrare in sottile comunicazione. C'è il momento per la tenerezza e la coccola, e quello dell'ordine. Alla fine la gara è una lezione di vita: imparano a capire che si può vincere e perdere».
Dall'intervista di Ferruccio Gattuso per "il Giornale"

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