Life After Death: l’intervista alla filosofa, saggista e femministra francese Simone de Beauvoir

Creato il 09 gennaio 2015 da Alessiamocci

Per parlare di se, si deve parlare di tutto il resto.

Nascere negli anni ’20 e voler essere un punto di riferimento, avere libertà sessuale, laurearsi alla Sorbona, come può essere stato possibile? Essere nata in una famiglia di alta borghesia, seppur poi decaduta, può bastare per divenire una filosofa di portata mondiale?

Da sola mi interrogo, e  scelgo di fare un esperimento: Vadim Zeland, con il suo Lo Spazio delle Varianti, ci dice che nello stesso istante, su rette parallele o linee intersecate, noi possiamo essere qui; ma anche là. Avanti e indietro nel tempo poiché lo spazio che contiene il tutto, è fatto di passato presente e futuro nello stesso attimo.

Chiudo gli occhi, respiro profondamente e mi sposto a Parigi: sento immediatamente freddo alla punta del naso, anche le mani si raffreddano, i piedi pure. Parigi, mi ripeto mentalmente, e respiro. Anni ’20, e respiro. Simone de Beauvoir, e respiro…

Mi trovo sulla Rive gauche, nel V arrondissement di Parigi e passo davanti alla libreria dove s’incontreranno, tra non molto, Hemingway, James Joyce, e anche lei un po’ troppo magra, elegante nella sua camminata di chi è sicuro di sé: arriva la de Beauvoir.

Le corro incontro e le tendendole la mano mi esce un “Simone?!  Comment ça va?”. Lei mi guarda sollevando un solo sopracciglio, sorride scorrendomi con lo sguardo da capo a piedi, più volte, e senza rispondere mi fa cenno se voglio sedermi, ci sono tavolini e luci soffuse, gente che si alza e si siede in continuazione, c’è libertà di movimento oltre che di espressione.

Le accenno circa il mio desiderio di intervistarla proprio oggi nel giorno della sua nascita, 9 gennaio, per la rubrica Life After Death. Lei scuote la testa, tendendo verso il nulla una mano, come a sollecitarmi, come chi non ha molto tempo, bene, quali dunque le domande?

D.M.: (mi sudano le mani, le sfrego una contro l’altra per fingere di prendere tempo) Professoressa lei ama più insegnare o scrivere?

Simone de Beauvoir: “Stupide!” (trdz: che sciocca!) Perché suddividere ciò che è inscindibile? Insegnare e scrivere il sont identiques, sono la stessa cosa. E sai cara perché? Perché ogni volta che noi lasciamo una traccia scritta, qualcuno leggendola penserà che sia vera, vera per chi scrive; e da quel momento in poi, esisteranno quelle parole, quella formulazione di pensieri, quelle teorie. Per sempre.

D.M.: Per un’atea come lei, non è troppo pensare “per sempre”?

Simone de Beauvoir: (mentre ride con sforzo) Proprio perché agnostica ho la certezza che siano i libri, i soli a sopravvivere nell’eternità. Che ne sarebbe di  Apollinare di Laodicea detto il Vecchio, o di Sosigene il Peripatetico, se non ci avessero fatto dono delle loro scritture? Non potremmo nemmeno amare senza la civiltà che ci ha lasciato un primo senso di filosofia. 

D.M.: Sono sincera, la invidio. Ma nel senso migliore del termine: lei può dialogare, confrontarsi, camminare, vivere… con Proust, Lévi-Strauss, per non parlare del suo compagno di una vita, Jean – Paul Sartre. Si sente “fortunata”? Oppure, mi dica lei che con le parole ci sa fare, come si sente?

Simone de Beauvoir: Marcel (Proust), che lei cita, è un amico, cosa vuole che le dica? Sarebbe piaciuto, questo sì, a lei che ha quell’ossessione del tempo e della sua durata, del qui e là, del per sempre. Oppure mi dica, è un sottaciuto modo per chiedermi circa se è vero che io sono omosessuale, e se mi piace Marcel perché lo sento vicino? La prego, sia appropriata nel volgermi le domande. E poi va distinto subito, mia cara, persone che camminano al nostro fianco per un po’, diciamo un tempo ragionevole, da chi scegliamo per tutta la vita. Vede, Jean – Paul ed io non lo sapevamo, quando ci hanno presentati, che avremmo condiviso tutto e per tutta la vita. Eppure, nel durante, le nostre strade si sono, diciamo, incrociate con altre persone. Abbiamo tessuto la trama con gli stessi orditi a volte, non abbiamo mai voluto rendere ufficialità alla nostra unione senza una ragione precisa e non sono pentita.

D.M.: (Ossessionata dal tempo – è vero – voglio farle poche domande ma sensate, voglio carpire i suoi migliori segreti di filosofa e paladina della donna, voglio non sembrarle stupida, e per questo ho la mente offuscata, adombrata, non mi viene niente da chiederle. Deglutisco e sorrido zitta, e lei mi prende una mano con entrambe le sue, con quella sopra mi batte sul dorso, ed io intuisco un “Su, su cara, dimmi”). “Quando la sera si corica, prima di addormentarsi, come immagina il mondo, per le donne? Quanto le sta a cuore la condizione di noi donne come secondo sesso? Nata da una famiglia borghese, secondo lei, cosa le è maturato dentro,  tale da rivelarsi così una benedizione per tutto quello che sta facendo per le donne?” Soffio fuori l’aria in uno sbuffo soltanto, come per liberarmi da un opprimente discorso. (E’ nato da me??)

Simone de Beauvoir: anzitutto non mi considero un’antesignana, semplicemente la filosofia mi sostiene nel meglio formulare ciò che io sento; per esempio che “La coppia felice che si riconosce nell’amore sfida l’universo e il tempo; è sufficiente a se stessa, realizza l’assoluto”. Ora vado, mi aspettano, ma porta con te cara, nel tuo tempo, nel tuo adesso, nelle tue ossessioni, questo concetto da me partorito: “Non è nel dare la vita ma nel rischiare la vita, che gli esseri umani sono superiori agli animali; questo è il motivo per il quale nell’umanità, la superiorità è  stata data non al sesso che porta avanti, ma a quello che uccide”.

Written by Daniela Montanari  


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