Ora, dal punto di vista professionale (oltre che ovviamente personale) continuo a seguire Lifegate sia per i contenuti sia per la cura e lo studio con cui le notizie vengono diffuse.
Pubblicare solamente notizie social friendly è la strategia di comunicazione adottata da molte pagine di informazione probabilmente perché è la via più semplice per evitare, ad esempio, che il “temuto” edgerank di Facebook possa penalizzare la visibilità delle notizie.
Lifegate ha invece preso di petto e affrontato gli algoritmi, ribaltando, si potrebbe dire, la situazione e fomentando la community online sui temi green, fino a quel momento poco presenti. Un caso su tutti, quello sul fracking. Il risultato? Una delle community online dedicate all’ecosostenibilità più seguite (sul web e non solo).
Come riesce Lifegate ad essere così social?
…Un esempio di come capovolgere e ripartire dal cuore della notizia?
SC: Partiamo da una constatazione: alle persone interessano i fatti più che le istituzioni. Poniamo quindi che venga pubblicata la seguente nota: “Lo Stato di New York banna il Fracking in base allo studio xxx”. La prima e più importante notizia non è quella che uno Stato ha messo al bando il fracking. Ciò che importa, in primis, è infatti che il fracking sia dannoso e ciò è confermato dallo Studio xxx. E’ per questo, quindi, che lo Stato di New York l’ha messo al bando. Lo stesso avviene con la notizia “Unione Europea dice Stop a OGM”. Sarebbe opportuno sottolineare il motivo che ha spinto l’UE a mettere un divieto sull’utilizzo degli OGM.
Torniamo sul fracking. So che per ciò che riguarda i social di Lifegate potrebbe essere ritenuto un case study…
Già, ma come?
TP: L’abilità è stata quella di agganciare, di volta in volta, il tema del fracking a situazioni di attualità che potessero interessare. Ciò ha fatto sì che la parola – fino a quel momento semisconosciuta – iniziasse a girare e a divenire familiare. Le persone hanno iniziato a volerne sapere di più, magari cercando su google, e cosa trovavano? Il nostro primo articolo, in cui si spiegava per filo e per segno cosa fosse questo fenomeno.
SC: Ad oggi, quell’articolo è una delle pagine più lette del nostro portale.
Secondo voi il lavoro di un giornalista, al giorno d’oggi, finisce comunque quando l’articolo è pubblicato?
SC: Certamente no: ad oggi è fondamentale curare anche la parte interattiva successiva alla pubblicazione di un articolo, specie quando viene poi pubblicato sui social. E’ importantissimo infatti rispondere e, a volte, retwittare. In ogni caso, ogni commento che arriva dalla rete è importante. Sia nel caso in cui sia positivo (un atto di stima), sia ove fosse negativo e in tal caso è essenziale capirne il motivo per formulare, ove opportuno, una risposta. Il giornalista deve quindi sempre monitorare i suoi articoli divulgati sui social coordinandosi con il con il social media manager della testata, per poter rispondere ai commenti che ne seguiranno.
Un’ultima domanda che non riguarda direttamente i social, ma sicuramente la rete 2.0. Lifegate è in Creative Commons e ciò va in controtendenza rispetto a chi inserisce i loghi di copyright praticamente ovunque…
SC: E’ un dato di fatto che molti blog e testate, magari piccoli, prendano i contenuti copiando in tutto o in parte un articolo. E’ un fenomeno che non si può controllare. Con Lifegate abbiamo quindi optato per una soluzione in positivo: assecondiamo il fenomeno della diffusione delle nostre notizie anche perché pubblicando una notizia noi lanciamo un messaggio di sostenibilità e abbiamo tutto l’interesse affinché venga divulgato. E’ tuttavia opportuno che ciò avvenga senza finalità commerciali e linkando alla notizia originale. Quindi via libera all’utilizzo dei nostri contenuti purché non lo si faccia per scopo di lucro e non si cambi la paternità dell’articolo.