Anche Lilian Jackson Braun era una gattara, ma aveva trovato un modo per sfogarsi: scrivere libri gialli. La Braun era infatti l'autrice della fortunata serie di romanzi nota come "Il gatto che", ben 30 libri il cui titolo inizia proprio per "Il gatto che" (Il gatto che leggeva alla rovescia, Il gatto che annusava la colla, Il gatto che non c'era, Il gatto che conosceva il cardinale e così via). I protagonisti sono sempre gli stessi: un reporter e i suoi due gatti siamesi, Koko e Yum Yum (che nomi del cazzo), alle prese ogni volta con un assassinio da risolvere; particolarità della serie è che il mistero viene solitamente risolto grazie all'intuito di Koko, il gatto, che aiuta il padrone evidentemente deficiente a trovare indizi fondamentali (che poi, come fa, scagazza sulla gamba dell'assassino? Porta l'arma del delitto davanti alla porta di casa come fa con gli uccelli morti? Boh).
Come altri scrittori vecchiacci e testardi, era tecnofobica, tant'è che ha sempre scritto i suoi romanzi con una semplice macchina da scrivere. Incredibile, in un epoca dove persino i gatti usano il computer.
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