LIMITI. A delusional documentary di Matteo Campulla (Personale Premio Babel)

Creato il 26 febbraio 2014 da Robertavanali @roberta_vanali
Primo classificato per la Sezione Video al Premio Babel, Matteo Campulla presenta “LIMITI – A delusional documentary”, prima mostra personale dei vincitori del concorso indetto lo scorso anno attraverso la quale prosegue la ricerca iniziata con “They Know It”, progetto video vincitore attualmente parte della mostra itinerante. Con la curatela di Roberta Vanali e Efisio Carbone, la mostra sarà inaugurata venerdì 28 febbraio alle ore 19 presso lo Spazio (In)visibile in via Barcellona a Cagliari. Se in “They Know It” le formiche, giganti metafore kafkiane, riversavano la loro feroce ingordigia sulle architetture fatiscenti della periferia cagliaritana, ora ad essere colpito è il cuore cittadino, con i suoi monumenti, i suoi palazzi storici.La città è un unico complesso organismo vivente policentrico. Non possono esistere parti malate e parti sane. E’ solo questione di tempo: l’ipocrisia perbenista di chi non vuole vedere si scontra inevitabilmente con una spietata realtà. Come si legge nel testo di presentazione: “La città del futuro è una città morta fatta di desolazione e rovina. Una città abbandonata a se stessa, rassegnata alla decadenza. Un rifugio temporaneo deputato a fagocitarsi i cui abitanti contrastano ogni forma di innovazione socioculturale. Uno dei segni più che tangibili del tragico fallimento dell’umanità. La ricerca di Matteo Campulla origina dal concetto di paesaggio urbano come spazio d’azione della vita, come costruzione dell’identità e senso di appartenenza per confluire in uno stato di alienazione, proprio della società contemporanea, che ha come sfondo la città di Cagliari, invasa da un brulicare di gigantesche formiche, simbolo di decadenza e morte secondo i dettami del Surrealismo. “Non c’è sito più temibile e delicato di un formicaio. E’ l’orecchio della terra. E’ il luogo in cui si abbandonano i resti del sacrificio. E’ la casa del serpente. E’ la soglia del mondo sotterraneo.” [1]Come nella Metamorfosi di Kafka, anche in Limiti è l’incubo a materializzarsi, l’inverosimile che da stato di allucinazione si trasfigura in realtà. In continuità con il precedente progetto THEY KNOW IT, secondo il quale il concetto di città morta attecchisce nei luoghi abbandonati della periferia di Cagliari, Limiti è conseguenza di un’indagine ossessiva e in parte casuale, dal momento che l’artista si serve di una tecnica similare al cut-up dadaista montata in loop. Un’ossessione formale e ritmica che si riflette nel sonoro affiancato alle immagini dei luoghi chiave cittadini -  dal Bastione al Palazzo di Giustizia, dalla Cattedrale alle mura di Castello fino al Cimitero Monumentale -, e dove la drammaticità dell’invasione degli insetti è accentuata dall’intenzione di dare loro voce mediante una sorta di verso straniante e ripetitivo che rende lo spettatore inerme davanti all’opera. E al degrado che inevitabilmente lo circonda.”[1] Roberto Calasso, Ka, 1996, Biblioteca Adelphi, pag. 241

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