di Steven Spielberg (USA, 2012)
con Daniel Day-Lewis, Sally Field, Tommy Lee Jones, James Spader, Joseph Gordon-Levitt, David Strathairn, Hal Holbrook
VOTO: **/5
Non era una questione di poco conto: all'epoca gli schiavi neri garantivano manodopera gratis e inusitato benessere per i loro padroni, spesso ricchissimi proprietari terrieri che vedevano come il fumo negli occhi la possibilità di essere privati del loro maggior privilegio. Fu per questo che undici stati 'dissidenti' del Sud si confederarono tra loro e combatterono una sanguinosa guerra civile contro il potere centrale di Washington. Lincoln parte proprio da qui, ovvero dalla corsa contro il tempo che il Presidente ingaggiò per far passare la legge prima della fine della guerra: se il Sud sconfitto, infatti, si fosse riunificato con l'Unione, il Congresso non avrebbe mai avuto i voti necessari per farla approvare. Ma anche senza la 'zavorra' sudista, il cammino della legge non fu affatto facile: la Costituzione americana prevedeva (e prevede tuttora) la maggioranza dei 2/3 dei parlamentari per le modifiche più salienti, e questo significava una sola cosa: che il partito del Presidente avrebbe per forza di cose dovuto convincere (con qualsiasi mezzo) una ventina di deputati dell'opposizione a votare il suo progetto.
Questo è il vero tema centrale di Lincoln: non tanto la battaglia contro la schiavitù quanto l'eterno machiavelliano conflitto tra etica e politica. Se sia cioè giusto, per un nobile fine, affidarsi a qualsiasi mezzo per ottenerlo, anche i meno orotodossi, se non palesemente illegali e scorretti. Lincoln è quindi la cronaca di una cinica compravendita di voti tra schieramenti contrapposti, in cambo di favori e reciproci compromessi. La morale è evidente: la politica è sporca a prescindere, anche quando si tratta di dover decidere su argomenti universali e apparentemente indiscutibili come la schiavitù. Con ovvi riferimenti al presente.
Ecco, Lincoln appartiene decisamente alla seconda categoria: è una pellicola noiosa, sfiancante, senza ritmo, interminabile e troppo verbosa. Spielberg cerca volutamente di mantenere i toni bassi e rispettosi verso una tragedia doppia (quella di un uomo e di un popolo intero), ma lo fa appesantendo il film con troppa retorica e poche scene madri, e come al solito eccedendo in didascalismo: Spielberg deve sempre spiegarci tutto, anche ciò che è palese e non necessiterebbe di inutili lunghe digressioni verbali... finisce che così il film dura una buona mezz'ora più del dovuto, imbevuta dalle solite ridondanti musiche di John Williams e dalla leziosità della sceneggiatura che finisce per vanificare anche le prestazioni degli interpreti.
Ma se davvero volete vedere un bel film sugli intrighi e i compromessi della politica, molto più snello e attuale di Lincoln, il mio consiglio è di rivedervi il bravo George Clooney e le sue Idi di Marzo, passato a Venezia un paio di stagioni fa: una pellicola nient'affatto pretenziosa e commercialmente perfetta, coi tempi giusti del film di genere. Qualità che Lincoln proprio non possiede.