La costituzione italiana (art. 21) ci dice che “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
In ogni Stato la legge fissa i limiti alla libertà d’espressione, per esempio in caso di buon costume, di apologia di reato, didiffamazione ecc. Più sfumato il limite relativo all’ingiuria, tanto che la Cassazione ha precisato che “la reputazione non si identifica con la considerazione che ciascuno ha di sé o con il semplice amor proprio, ma con il senso della dignità professionale in conformità all’opinione del gruppo sociale, secondo il particolare contesto storico. Non costituiscono, pertanto, offesa alla reputazione le sconvenienze, l’infrazione alla suscettibilità o alla gelosa riservatezza”.
E’ utopistico sperare di usare un linguaggio che non ferisca mai nessuno.