Benvenuti su “Il dormiglione”, è un piacere ed un onore poter fare due chiacchiere con voi. Dunque, partiamo da una domanda semplice: chi sono i Little comets?
Beh, siamo in tre: Rob, io, (canto e suono la chitarra), Mickey mio fratello (che suona la chitarra e si occupa della produzione) e Matt che suona il basso e si trastulla con i microfoni. Suoniamo insieme da circa sei anni, quindi si può dire che siamo una famigliola stabile!
Inghilterra, europa e stati uniti: il vostro tour ha girato il mondo. Quali sono i posti che vi hanno segnato di più?
Sai, e’ davvero piacevole che ci chiedano di suonare la nostra musica ovunque – ci basta avere un pubblico attento, e’ tutto quello di cui abbiamo bisogno. D’altra parte e’ un’emozione piacevolissima quando persone in angoli sperduti del mondo conoscono la nostra musica o cantano i nostri testi. E’ bello riuscire a viaggiare, specialmente in Europa, dal momento che adoriamo ascoltare altre lingue e conoscere culture differenti.
Quando vi vedremo in Italia?
Speriamo presto, l’Italia e’ un posto che tutti noi amiamo- abbiamo fatto molte vacanze li! Io e Mickey abbiamo visitato le Cinque Terre, Roma, Firenze, Pisa e abbiamo anche passato un po’ di tempo al Nord- io ho incontrato la mia ragazza a Bergamo… Ci piace la cucina e la geografia – montagne spettacolari e bei laghi, inoltre le persone sono amichevoli e passionali. E’ davvero un peccato che non abbiamo mai suonato li’.
Cosa ci si aspetta dai Little Comets dal vivo?
Credo che noi semplicemente proviamo a far si che le canzoni si sviluppino bene in un ambiente in cui quel momento e’ davvero importante. La musica deve arrivare al pubblico immediatamente – per far si che la canzone faccia ti prenda all’istante. Cerchiamo di lavorare sull’armonia e ci limitiamo a presentare la nostra musica nel modo più onesto possibile.
Diteci una cosa: ma cosa è successo in Una notte d’ottobre (ndr. “one night in October“)?
Ah nulla, e’ solo una storia inventata, basata vagamente su alcuni episodi fra un nostro amico e la sua partner dell’epoca. Credo che fosse carino provare a giocare con il linguaggio in una maniera un po’ differente dalla formula trita e ritrita delle “canzoni sui problemi di coppia”.
Ho davvero bisogno di chiedervi necessariamente di “Violence out tonight”. Da dove nasce l’esigenza di raccontare le vicende di tante donne che subiscono quel tipo di violenza? Soprattutto, molte persone avrebbero usato slogan politici per parlare di questo argomento. La vostra scelta è più coraggiosa: voi usate la narrazione di una storia. Da dove nasce questa scelta?
Credo che sia piuttosto casuale che la canzone sia finita per riguardare quest’argomento. Ricordo di aver letto un articolo in un giornale Britannico riguardante il fatto che il 20% delle donne subiscono violenza domestica a un certo punto delle loro vite. E’ una statistica abbastanza scioccante, ma anche una poco rappresentata nella società, non se ne parla abbastanza. Detto ciò, non mi sono seduto a tavolino con l’intenzione di scrivere qualcosa riguardo stupri o violenza sessuale, è successo e basta, ma poi l’impatto emotivo esercitato dall’argomento deve aver preso il sopravvento e i testi erano pronti piuttosto in fretta. Non credo davvero che ci voglia coraggio.
Il secondo album, “Life is Elsewhere”, è molto diverso dal primo “In search of Elusive Little Comtes”, sia a livello di sonorità che di testi. Cosa vi ha fatto decidere per questa direzione diversa?
Il processo di scrittura e’ stato molto differente: per il primo album abbiamo scritto molte canzoni nella sala prove con un bassista. Ci piace lasciar scorrere le cose quando scriviamo, per questo abbiamo avuto la tendenza a non interrompere la scrittura per chiedere al bassista di fare alcuni piccoli cambiamenti. Questo in definitiva ha inibito il livello di creatività che avremmo voluto, e poi le canzoni erano registrate separatamente dalla scrittura quindi non c’era spazio per grandi cambiamenti. Per “Life is Elsewhere“, le canzoni sono state scritte in una stanza da letto da me e Mickey- potevamo prendere del tempo facendo correzioni nella fase iniziale o prendere del tempo per delle questioni di produzione in una fase di scrittura – questo ci ha dato molto tempo per degli abbellimenti e quindi le canzoni si sono sviluppate in maniere completamente diverse. E’ stato un processo davvero piacevole…per lo più!
E’ solo una coincidenza che l’album si chiami come il romanzo di Milan Kundera?E da dove viene il vostro nome?
Si, non e’ una coincidenza- ho letto il libro e mi e’ piaciuto molto il titolo anche se credo di avergli attribuito un diverso significato. Sia io che Mickey siamo diventati padri nell’ultimo paio d’anni, e in più entrambi abbiamo perso persone che ci sono vicine. In momenti cosi’ difficili dal punto di vista emotivo ti rendi conto che il tuo legame con le persone e’ ciò che resta della vita, e anche ciò che da energia alla tua creatività per cui davvero, nonostante la musica sia qualcosa che adoriamo e’ solo un addendo alle parti dell’esistenza che sono davvero importanti: la famiglia e la capacita’ di amare…
Avete scritto sulle vostre chitarre il testo di “Waiting in the shadows in the dead of night”. Che significato hanno per voi quelle parole?
Nel gennaio 2012 mia nonna e’ morta. E’ sempre stata una persona importantissima sia per me che per Mickey, dal momento che ci siamo ispirati molto al suo modo di affrontare la vita: niente era insormontabile. E in più abbiamo sempre sentito da parte sua grande amore e calore – si prendeva spesso cura di noi quando eravamo bambini. Mi ha fatto pensare ai legami fra le persone, in particolare gli amanti o le famiglie e la natura incomprensibile della perdita. Voglio dire, se sei stato sposato per 60 anni e hai condiviso cosi’ tanto della vita con una sola persona, la realtà della morte colpirà uno di voi – e l’altro sara’ lasciato a fare i conti con un vuoto totale … come…? Quindi, Credo che stiamo arrivando al momento delle nostre vite in cui la perdita avrà un’influenza maggiore, dal momento che i legami nelle nostre stesse relazioni continuano a crescere.
L’inghilterra è la patria di gruppi come The Cure, Joy Division, Arctic Monkeys, Babyshambles, Maximo Park e ora Little Comets. Piuttosto a sorpresa, perlomeno dal nostro punto di vista, molte di queste band, voi compresi, non vengono da Londra ma da altre città. C’è un motivo per cui il Brit Rock sembra provenire dalla “campagna” e non dalla metropoli?
Penso che anche il Regno Unito sia uno stato piuttosto piccolo e ci siano posti che hanno identità davvero distinte nonostante la mancanza di distanza fra loro. I diversi tassi di sviluppo urbano, l’architettura, la campagna circostante, il dialetto, le tradizioni locali, tutto influisce sul prodotto culturale di un’area. Penso che non sia sorprendente che molte grandi band siano nate da una grande varietà di città. Il Regno Unito e’ di sicuro più grande per la sua varietà e il fatto che abbia diverse città è di sicuro solo una cosa buona. E’ solo un peccato che più potere industriale, politico o economico non possa essere trasferito nelle nostre regioni piuttosto che a Londra, che lo monopolizza completamente.
Qual è la reale situazione dell’indie in Inghilterra?
A dire la verità non lo so. Semplicemente scriviamo musica perché è il modo migliore che abbiamo per esprimere i nostri pensieri e sentimenti, ci concentriamo in una maniera piuttosto introspettiva. Non ascolto musica pop in radio, né leggo riviste quindi sono davvero in periferia. Non ne ho idea, ma tanti più gruppi e artisti riescono a farcela tanto meglio è. Credo che molte major labels siano piuttosto ciniche per cui nello stesso modo in cui i supermercati si fanno grandi sull’organico, sui prodotti locali, alle compagnie principali piace vestire le cose in questa maniera – l’illusione dell’autenticità.
L”inghilterra è anche la patria di registi come Danny Boyle, Guy Ritchie, Edgar Wright, Stephen Daldry e tanti altri. Ci raccontate il cinema inglese dal punto di vista degli inglesi?
Di nuovo, non mi accorgo molto di quale sia l’origine delle cose – essere Britannico/Inglese in realtà non e’ niente di particolare per me. Lo sono, ma non ho deciso di esserlo. In realtà sono solo una persona. Mi piace Danny Boyle, le sue politiche sono corrette. E’ una persona di cui andare fieri, ma non lo vedrei come un “Inglese”, parte di qualcosa… non so se mi spiego.
Il successo di Danny Boyle e Guy Ritchie è partito con “Trainspotting” e “Lock and Stock“, non propriamente due produzioni di Hollywood! Avete un’idea di chi sarà il nome nuovo che ci sorprenderà?
(Ride )Non ho alcun indizio. David Beckham. (Ride)
Se i Little Comets fossero un film, come si chiamerebbe? E chi sarebbe il regista?
Buona domanda! Di sicuro ci dirigeremmo da soli, sarebbe orrendo e Matt reciterebbe nella parte di se stesso, me e Mickey. Queste sono le uniche certezze. (Ride)
Domanda banale e turistica: Conoscete il cinema e la musica italiana?
Probabilmente non molto…conosciamo di pi§ il calcio italiano e il gelato. (Ride)
In esclusiva per i lettori de “il dormiglione”, ci dite qual è l’ultimo film che avete visto e ci fate una recensione?
A dire il vero non ricordo…ho guardato un film in aereo che riguardava il primo giocatore Afroamericano della major league di baseball. Era una storia interessante, ma mi addormentavo ogni volta che Harrison Ford era sullo schermo, quindi non poteva essere troppo buono. (Ride)
Grazie mille per essere stati con noi, sperando di vedervi presto in Italia. Ultima domanda: progetti per il futuro?
Grazie mille per averci fatto queste domande – e si, speriamo di vedervi presto. Progetti per il futuro? Immediatamente andare in tour e registrare … lungo termine… comprare una casa vicino al Lago di Como, vedere i nostri figli crescere e bere caffe’…