Livia Ferri, cantautrice romana appassionata di folk americano e fado, ci presenta il suo debut album Taking Care. Registrato in giro per le case di amici, tra bagni, corridoi e sale da pranzo, il disco si riempie di suoni naturali, quali lo sbattere di una finestra o il cigolare della porta, piuttosto che l’abbaiare di un cane in lontananza. Già da questi particolari appare evidente il progetto discografico volto a mantenere toni cauti e atmosfere pacate. L’esigenza di intimità si esprime nei suoni caldi e raccolti di una semplice chitarra, a volte accompagnata da altre voci, a volte no. Si crea così un’atmosfera d’ambiente leggera lambita da quel tocco di malinconia che piace un po’ a tutti. Livia Ferri, classe 1986, si esprime con dolcezza e originalità, raccontando le sofferenze e le complicazioni dei rapporti umani, trasformando la solitudine in sensibilità e il risultato è meraviglioso.
Noi di the Freak l’abbiamo intervistata.
Quando nasce la tua voglia di dedicarti alla musica?
Tutto ebbe inizio da bambina quando mio padre mi regalò una chitarra all’età di nove anni e fu in quella occasione che iniziai ad avvicinarmi a uno strumento. Poi, una serie di congiunture favorevoli, tra cui i numerosi viaggi in auto in cui, sempre da piccola, ascoltavo la musica per trascorrere meglio il tempo, o il walkman che condividevo con mia sorella, mi hanno legata sempre di più alla musica. La maggior parte erano artisti stranieri per cui il mio orecchio si è abituato a quei suoni e a quella lingua. In seguito ho studiato al St. Louis diplomandomi in song writing e ho debuttato lo scorso anno con il mio primo disco Taking Care.
So che sei appassionata di folk americano.
Moltissimo. Sono cresciuta con Carole King e James Taylor, poi più avanti ho conosciuto Ani DiFranco e ho letteralmente perso la testa, è stata lei a darmi l’ispirazione più grande per pensare di farne un lavoro.
Ti esibisci spesso da solista, a volte però ti fai accompagnare da un gruppo, da cosa dipendono queste variazioni?
Il mio gruppo è un porto di mare, fortunatamente. Ho un gruppo elettrico formato da Matteo Di Francesco, Francesco Luzzio e Daniele Marcante e poi ho un gruppo acustico composto da Andrea, Valentina e Sara. La regola è mischiarsi in base al suono che vogliamo creare.
I testi che scrivi sono molto intimi e introspettivi, che messaggio pensi di trasmettere a chi ti ascolta?
I testi delle mie canzoni parlano di me, partono da me e dai miei rapporti con gli altri. Scrivo sui diversi tipi di rapporti umani: amicizia, amore, famiglia; l’ispirazione parte dalla vita. Vorrei riuscire a dare quello che io prendo dalla musica, quella sensazione surreale che hai quando ascolti un testo e pensi: “Sono io, sta parlando di me”. Il mio disco si chiama Taking Care (prendersi cura) ed è il mio modo per restituire quello che le gente mi ha donato.
È interessante il luogo in cui hai deciso di registrare Taking Care, come mai hai compiuto questa scelta?
Ho deciso di registrare i miei pezzi nelle case di amici o parenti per ricreare quei suoni naturali che non sarebbero mai saltati fuori da una registrazione in studio. È così che il disco si è costruito, tra cucina, bagno e camera da letto. Amo il contorno che si è creato attorno alla musica, le finestre che sbattono, la porta che scricchiola o il cane che abbaia, rendono tutto molto meno artificioso e più vicino alla realtà.
Hai già qualcosa di nuovo in cantiere?
Al momento mi sto concentrando sui live, mi esibirò in varie città d’Italia, ma il progetto più importante è il nuovo disco che uscirà la prossima estate.
Di Cristina Comparato
Taking Care
- Hopefully
- Helm
- In My Dreams
- Roads We Take
- Homesick
- Pavlov
- Cassius Clay
- All We Had
- Lonesome Light Blues
- The Flow
- Vertigo
La Calzoleria
La Calzoleria apre il portoncino di via Prenestina 28 a the Freak. Il luogo dove per anni ha vissuto e lavorato uno dei migliori calzolai di Roma, da aprile 2012 si è trasformato in un Circolo di promozione sociale. Un ambiente dal gusto retrò ma che ospita l’arte in tutte le sue forme, un luogo in cui assistere a rassegne di musica accompagnate da esposizioni di artisti emergenti, assaggiando birra o degustando del buon vino. Ma soprattutto, una volta aperto il portoncino, La Calzoleria si presenta da sola perché “ogni scarpa è una camminata, ogni camminata una diversa concezione del mondo”.