“Io voglio un mondo che accada in un altro spazio, visto da altri occhi, percepito da un altro corpo, suscitato da altri desideri, e cioè, poiché per l’uomo la realtà è ciò che riesce a vedere, percepire, desiderare, voglio un’altra realtà”.
E’ un po’ così che si comincia a leggere Borriello, con il rischio di perdere subito, al primo capoverso, i punti di riferimento di un mondo conosciuto, prevedibile, dei suoi galatei semantici e delle sue consuetudini oggettive e narrative.
Livio ti porta fuori strada, lo fa consapevolmente, divertendosi. Ti prende su in un punto trafficato del viale e con una semplice svolta secca, che ti fa barcollare, entra nella traversa che non immaginavi, ti fa scendere in corsa davanti al palazzo delle filigrane esistenziali e non c’è più un’anima singola che passeggi nell’intorno, solo quest’occhio gigantesco narrante che dà le vertigini, in costante rivoluzione narrativa intorno al mondo.
“Tutti questi universi rotanti nelle strade, questi ammassi molli e frastagliati di carne, sviluppatisi come per decompressione da una specie di punto di risucchio, di inghiottitoio, di trituratore della materia, questi scarabocchi, enigmi o microcosmi si aggirano per le strade, svolgono funzioni, eseguono atti, ma si lasciano dietro una specie di residuo insolubile”.
Ci viene annunciato, talvolta lucidamente, altre beffardamente, ma sempre come cosa scontata, come condizione data, che la realtà percepibile e l’Io che la governa sono esplosi, liquefatti, che attraverso il logos si sta tentando una ricombinazione di fattori secondo un disegno alternativo, seguendo il filo che lega ogni evento al mondo, interno o esterno che avvenga, passato o futuro che si ponga.
“Effetti delle donne sul sangue. A. fa aumentare la luce. La passante di stamattina lo ha reso schiumante. B. lo intiepidisce. C. lo rende acquoso, più torrenziale, qualcuna lo fa oscuramente greve, violaceo, torbido……nessuno può amarci per quel che siamo, perchè quest’entità è opaca, è sepolta al di sotto del mondo, o forse è spaventosa”.
Come uno strano incrocio tra un orientale devoto e un esistenzialista scettico, Borriello rende il mondo soggetto, proietta l’individuo nella materia. Fate attenzione perciò, la sua voce magnetica mina il sonnolento percorso delle vostre rassicuranti letture. O al contrario, svegliando le vostre difese concettuali, vi fa assopire in pochi istanti.
La parola di Borriello pesa, letteralmente, è un Cinema stringente diretto dalla sensazione corporea più che della vista e dell’udito.
La sua scrittura è esattamente quel genere di carogna che non è poesia, non è prosa. Non è interessata a collocarsi, la Proesia soggettiva di Borriello, punta piuttosto a disperdersi. Non c’è una trama né un finale che rassicuri, per questo è rivoluzionaria. Potremmo parlarne a lungo, ancora, preferiamo cedere la parola a lui stesso che ha molto di interessante da suggerire, soprattutto a chi non vive l’arte e la letteratura come semplice intrattenimento tra un officio e un altro della stanca esistenza che solitamente muoviamo.
“Essere di sinistra nel 2009 significa avventurarsi come uno speleologo nell’interiorità, rinnegare il visibile”.
Cominciamo dalle fonti. La nostra generazione soffre di eterna nostalgia “settantina”, ci sembra che nulla di creativo sia stato prodotto dopo quegli anni, solo pastoni di idee riciclate e l’imbuto sociale dell’omologazione dove siamo collettivamente franati come polli in batteria. Spiegaci meglio la tua affermazione tra virgolette e dicci la verità: come si esce da questa impasse? Che contributo può dare una prospettiva letteraria soggettiva come la tua che tende a scardinare l’ipocrita oggettività dei fatti?
beh sì, io credo appunto che rifondare la vita sociale e politica sia rifondare la nostra rappresentazione e percezione del mondo, il nostro sistema di valori, il nostro modo di rapportarsi alla realtà…e questa è da sempre, da enkedhuanna a omero al contemporaneo, il compito “di fatto”, preterintenzionale, indiretto dell’espressione estetica… la differenza fra destra e sinistra è solo di valori, a dx il denaro e il successo, a sx la giustizia sociale e tutto ciò che quest’idea comporta, il resto è pretestuoso. gli infiniti mondi possibili che può o deve immaginare la politica, coincidono con gli infiniti mondi possibili pensabili dall’individuo percipiente. pensa a cosa estrae joyce da un’ordinaria giornata di giugno… quella descrizione è un’idea politica.
’68 e ’77…non è nostalgia, così come non sarebbe stata nostalgia rimpiangere la rivoluzione francese che so nel 1803…lo sciocco e il passatista sarebbe stato chi allora avesse giudicato nostalgico questo rimpianto, questo recupero di memoria…noi siamo fatti di passato quanto di presente e futuro…è la natura linguistica umana… il ’77 situazionista è stata l’ultima fase politica italiana davvero nuova, autentica e viva…c’erano stupidaggini e ingenuità, ma c’era un afflato possente e autentico…quando a castelporziano nel ’77 eravamo in 10.000, nudi sulla spiaggia, ad ascoltare ginsberg, per ritrovarci poi a bologna a pensare nuove visioni del mondo, avevamo davvero qualcosa da dire, e la sincerità e la fede per realizzarla…poi è stato buttato il bambino con l’acqua sporca. i grillini riprendono solo una parte di quei valori…ma senza rigore… e infatti non c’è certo il meglio della società che si muove con loro…il problema forse è proprio che non c’è una dimensione temporale in quello che fanno…
Da: un mal di testa, un’eccitazione sessuale, un serio scoramento da visione sociale apocalittica? La scrittura si genera nel corpo, questa è la tua idea e anche un po’ la mia. Ho scoperto con l’esperienza che è meglio non muoversi dall’intelletto, luogo di ogni blocco, ma da uno stato interno particolare, semi-ipnotico, in cui la scrittura prende vita. Parlaci degli stati fisiologici da cui muove la tua ispirazione.
io non svaluto la razionalità o l’intelletto, tutt’altro, dico invece che anche quella è una funzione corporea…il linguaggio è fatto di fisicità, di aria che vibra e si sagoma in un certo modo… tutto ciò che pensiamo è nel nostro sangue o nella pappa del cervello…wittgenstein ci faceva notare che la sola differenza fra un computer sufficientemente sofisticato e un uomo è che l’uomo ha un corpo…(cioè un corpo umano – molle e plastico, perché anche un computer ha un corpo…) per me non c’è discontinuità non solo fra il mio colon, i miei neuroni e i miei concetti, ma anche fra questi concetti e l’aria o i cristalli liquidi di cui sono fatti, e il palazzo di fronte che essi attingono, e il colon e i neuroni di un tizio del palazzo di fronte… un testo alla fine ha una fisiologia che riproduce quella del corpo da cui si è esfoliato…ma anche più ampiamente quella della realtà, con le sue leggi e meccanismi…
Non volevo svalutare l’intelletto, credo che ognuno abbia una sorta di procedura d’innesco, e che questa, con buona pace delle accademie, non sia altro che una negoziazione cerebro-viscerale. Mi par di capire che tu vada oltre, sei così libero che puoi concepire ovunque e istantaneamente o hai anche tu quella sorta di maldipancia che t’ispirano?
concepisco, se concepisco, tutt’altro che a comando…ma è il corpo a farlo, solo nel senso che una connessione logica è un fatto fisico…serve un certo tipo di ispirazione per dire che 2+2 fa 4, perché questo processo consiste in una permutazione di minuscole particelle del mio corpo.. non so se è troppo diverso che scrivere in versi…certo, questa è un’operazione più complessa, che si produce in uno stato privilegiato…ma per riprendere il tuo esempio dell’eccitazione erotica, direi che in genere è più fruttuoso magari quel momento di disincanto e lucidità assoluta che coincide con la depressione post-orgasmica…
Nei miei scrittori preferiti annovero quel dionisiaco saltinbanco della metafora che è Tom Robbins, un tizio su cui le etichette ne han dette di tutti i colori: post-psichedelia, neo-beat, avant-pop etc. (C’è sempre un trattino a cauterizzare l’ossessione moderna delle scatole). Uno dei motivi per cui mi piace è che mi fa ridere, un po’ lo stesso effetto della famosa Suora nella 500 che pensa, sul tuo blog. Anche Borriello usa l’umorismo, vogliamo sdoganare ufficialmente la dignità della componente ilare come effetto metamorfico percorribile in letteratura?
conosco poco tom robbins.. cmq terrò presente la tua segnalazione, anche se al momento leggo soprattutto filosofia o scritture anti narrative… la componente ilare non so se sia necessario sdoganarla…si può dire che i comici, avendo in mano la comunicazione, hanno in mano l’italia…penso non solo a grillo, ma a quanto le satire di crozza a ingroia, maroni o bersani abbiano influenzato le elezioni…i palinsesti televisivi si costruiscono sui comici… l’ultimo oscar italiano (per quel che vale) è di benigni, l’ultima palma d’oro di nanni moretti, e prima di troisi… sanremo senza elio e le storie tese e arbore non avrebbe avuto quel fiacco rilancio che lo fa ancora sopravvivere…. se il padre dante vale ancora qualche fico secco, non dobbiamo ringraziare il sommo carmelo bene, ma benigni (che peraltro apprezzo più come intellettuale che come comico).. forse la rappresentazione più viva, penetrante e vertiginosa dell’italia degli ultimi anni si deve cercare nelle satire di corrado guizzanti, più che nei romanzetti imitativi e sfiatati su cui si accapigliano nei blog letterari… ma tanti altri sono bravi, la cortellesi, perché no checco zalone… la cosa ha però troppi aspetti sospetti… l’umorismo finissimo di proust, o persino di beckett, concorrevano alla profondità d’analisi… la comicità in tv e in rete diventa spesso una delle forme della superficialità e della labilità comunicative contemporanee…
La fisica dei quanti e altre linee di pensiero hanno accompagnato la chiusura del secondo millennio facendo tremare le certezze scientifiche dell’Ego, il famoso organo al comando della modernità. Vedi un convergere di nuove prospettive che puntano oltre, in questo senso? Insomma, si farà questo ”uomo nuovo” o siamo destinati a estinguerci?
siamo destinati a rincoglionirci, o qualcosa del genere…siamo in troppi nella piccola zolla del pianeta, e il tempo sociale che ci è assegnato è sufficiente solo a pensare e dire coglionate… ma finché non ci sarà dato il tempo giusto e fisiologico per pensare, per decodificare, il mondo è destinato ad essere dominato dai fraudolenti, dagli ingannatori…o più ampiamente dall’apparenza
Nel tuo libro “Mica me”, per larghi tratti, sembra di ascoltare la voce dell’Uno che intraprende una narrazione telescopica, ad angolo giro, della realtà. Il protagonista è un “uomo-materia che si agita in un cosmo ridotto a uomo”. Ci spieghi meglio la “visione”?
il virgolettato non mi pare che sia mio…cmq la sostanza più o meno è quella…anche la faccenda dell’angolo giro è giusta…in questo cosiddetto libro, Mica me, l’io narrante cerca nuove coordinate, cerca di situarsi in un altro spazio fisico e corrispondentemente linguistico, logico, psicologico,… a tratti forse ci riesce, e accede a una dimensione in cui il mondo appare nella sua continuità, nella sua unitarietà, incrinato da quelle crepe rappresentate da ciascun io… la forza che produce questa deflagrazione e dissoluzione mi è parso l’eros, quel che ci fa uscire fuori di noi …bisogna riconoscere che è la pulsione più potente, quella che ci sradica più profondamente dal nostro centro…anche se pochi la considerano da questo punto di vista, è un tema un po’ rimosso dal dibattito “serio”…ne parla solo la psicanalisi, qualche autore come barthes nei Frammenti, e appunto la letteratura…
“Il romanzo è il vero conio del potere, è il modulo prestampato che distribuisce il sistema editoriale, e che il romanziere accetta suo malgrado di compilare.”
Nel tuo articolo: Antiromanzo, pubblicato nel 2005 su Nazione Indiana, hai suscitato un bel vespaio di polemiche. La letteratura, secondo te, ha ancora senso se si pone come punto di rottura di una falsa oggettività moderna. Ci spieghi perchè, come romanzieri, salveresti Handke, Celati e Aldo Nove?
non sono certo il primo a mettere in discussione la necessarietà del romanzo… non ne voglio decretare o vaticinare anch’io la morte, solo sostenere che mi sembra un modulo letterario come un altro, sorpassato in quanto a potenza narrativa dal cinema, e che non mi sembra attualmente sfruttare al meglio le potenzialità specifiche della parola, la sua capacità di esplorare tutto il possibile, la sua assoluta forza d’astrazione… credo che troppa letteratura sia impantanata in se stessa, nella letteratura appunto, di cui a me interessa poco… a me interessa la parola, che non è un agone sociale ove esibire la propria destrezza, ma l’essenza profonda dell’uomo, ciò che lo costituisce…. eseguire l’esercizio romanzo con più destrezza del collega è un’attività buona per i talent, per la gare di bambini prodigio su mediaset…
Handke e gli altri che cito probabilmente (e in certi lavori) rispetto ad altri hanno proposto percezioni nuove, hanno estratto altri mondi dal mondo, hanno lavorato sui meccanismi preliminari e profondi di rappresentazione del mondo. il mondo in cui ci siamo comodamente stabiliti, è solo un infinitesimo dei mondi possibili, e a mio avviso non è più quello più adeguato per stanziarci… le nostre conoscenze si sono moltiplicate esponenzialmente, la nostra sensibilità si è sofisticata e scavata, la psicanalisi, la filosofia, la letteratura ci hanno additato altri ordini di realtà, ma noi continuiamo a vivere in quella più meccanica e ordinaria, forse quella probabilisticamente più “reale”…ma era anche più reale la realtà animale rispetto a quella umana…se facciamo cose strane come vestirci, spostarci tramite ferri assemblati, provare sentimenti o leggere, possiamo anche andare oltre, provare a sintonizzarci in altri spazi mentali e linguistici…percepire ad esempio l’intreccio, il chiasma, l’intersezione fra le nostre psichi..noi viviamo come se fossimo psichi, ego separati, ma in realtà siamo costituiti, strutturati come un unico organismo linguistico che ciascuno sagoma individualmente attraverso il proprio corpo…paradossalmente, è proprio questa deficiente consapevolezza che produce quel gregarismo “cattivo” che caratterizza la nostra epoca…avendo coscienza che i miei sentimenti sono un prodotto culturale e collettivo, io riesco anche a riconoscere più originalmente e autenticamente la mia individualità corporea…
la letteratura e le arti propongono un sistema di rapporti e un ordine di realtà diversi, diverse scale cromatiche e sensoriali, diverse interazioni fra le psichi, fra questi meccanismi di linguaggio che popolano le materie inerti del mondo, diversi valori sociali…in una giornata di tempo calendariale, per tornare a joyce, ci può stare un mese di tempo-lettura, un minuto cela vertiginosi e fantasmagorici labirinti, un anno si può racchiudere in 3 righe, nei colori di van gogh esplode un’altra risonanza del rosso o del verde, van gogh trova altro verde nel verde, e lo può far diventare addirittura un rosso, o un odore, o un rapporto fra parole ovvero un concetto… una musica di schumann o stratos può potenziare indescrivibilmente una pulsione interrelazionale, può aprire abissi negli uomini e dunque nella società, può disseminarvi felicità, pensieri, vita. il lavoro profondo e davvero rivoluzionario dell’arte deve riguardare quest’ordine di percezioni e rappresentazioni, non può ridursi a una combinazione di moduli espressivi, a una raffinazione delle tecniche di linguaggio, né a un esercizio da “intenditori”, di raffinato buon gusto…il neo formalismo di certe tardo-avanguardie o la retorica dell’artigianalità di certi celatiani non ci portano da nessuna parte… bisogna cercare nuovi sentimenti, nuovo corpo, non nuove parole…. rischiare anche di essere scomposti, sporchi, incompiuti, ma bisogna produrre con le parole progetti, proposte, ipotesi… con ciò, non bisogna parlare a casaccio e sforzandosi di essere fantasiosi e originali… non bisogna dimenticare il richiamo all’onestà, alla responsabilità, alla necessarietà della parola di celati…
“esiste l’inferno? – sì – chi ci andrà? – chi è normale, chi dice cose sensate…chi funziona bene, in quanto esaurito dal funzionamento…la privazione di dio che è l’inferno consisterà nell’inerzia totale delle molecole a cui saranno ridotte. prive…di ogni ubiquità quantica, queste molecole saranno condannate alla fissità, all’incoscienza eterna. mentre le mie schizzeranno dall’orbita, produrranno luce e emissioni deviate, e sopravviveranno sempre e ovunque…in un tentativo di dissiparsi, che è l’unico paradiso possibile.”
l’universo è dissipazione, certo, ma noi dobbiamo “dissipare bene”… non possiamo prescindere dalle scelte etiche…la letteratura apparentemente ne prescinde, ma solo come metodo… l’effetto se non il fine della sua ricerca “libera” e “scatenata” dai finalismi, dissacratoria e demolitoria, non può che essere la proposizione di una nuova etica, di una nuova idea del bene…è una direzione fatale, forse trascendente, da cui dobbiamo avere il coraggio e il senso di responsabilità (intesa come capacità di “rispondere” all’altro) di non sottrarci… un’etica della dissipazione è pur sempre un’etica, un’etica più libera, più compenetrata, confusa e dissolta nelle cose, un’etica che riconosce l’uomo come fibra dell’universo, che riconosce dunque l’universo e la sua vastità…
Quali sono i riferimenti letterari e filosofici che ti hanno ispirato, e cosa legge Livio Borriello oggi?
bah, ti faccio un elenco dei libri più importanti per me…i jornaux intimes e il mio cuore messo a nudo di baudelaire… proust… totalità e infinito di e. levinas…osservazioni sui fondamenti della matematica di wittgenstein…il visibile e l’invisibile di merleau ponty… modelli matematici della morfogenesi di rené thom… (questi cosiddetti “filosofi” sono in realtà per me i maggiori scrittori del novecento)…vari altri francesi, barthes, foucault, bataille ecc… poi la grande poesia italiana, in cima a tutto dante, leopardi, ungaretti… il maggiore minore sandro penna… landolfi, handke, novarina…il cinema di herzog… e mille altri, naturalmente… per i miei riferimenti contemporanei, si può dare un’occhiata al mio sito-blog www.livioborriello.it, nella sezione Terza persona…
Il WSF dispone di una alacre non-Redazione. Tu che sei un non-romanziere, ci daresti tre buoni non-consigli da far arrivare a qualcuno dei non-scrittori in formazione che frequentano questo blog?
posso fornire dei consigli buoni per un sicuro insuccesso, che mi sembra tuttavia meglio che niente… uno potrebbe essere di credere in sé stesi…e di conseguenza di non credere in se stessi… il secondo di scrivere poco…io ho pubblicato pressochè un solo libro in 50 anni, ottenendo così uno strepitoso e indiscutibile insuccesso…sono così belli gli alberi, perché sacrificarli alle nostre vanità e fatuità? è così bello il silenzio… forse in vita nostra ciascuno di noi riesce a scrivere 10 righe che valeva davvero la pena fossero scritte, che avevano davvero bisogno di essere scritte, e di cui il mondo aveva bisogno… provarsi piuttosto a vivere molto…la scrittura è un accidente secondario della vita, un suo residuo…sì, è anche un tentativo di solidificarla, di sconfiggere il tempo e la morte che è il fine del suo meccanismo…ma si sa che è un tentativo impossibile, e che forse può avere qualche chance di successo solo se vi rinunciamo.
il terzo è di non credere non dico alla letteratura nella sua dominante accezione mondana e salottiera, ma alla letteratura in sé…credere invece alla parola, che è ciò che ci costituisce essenzialmente, e al corpo, che ne garantisce l’autenticità…sentire il proprio corpo, configurarlo in parole, e confluire in un quell’organismo unico e tentacolare che è il linguaggio… questa è l’unica rivoluzione possibile… se si intende la formula nel senso in cui l’ho illustrata prima, si vede che è proprio l’inverso di quello che si fa alla tv, nelle redazioni editoriali e nei concorsi letterari….
E dunque, diamo inizio alla dispersione in danze di ringraziamento per l’occhio telescopico di Livio Borriello che oggi si è insinuato in noi. WSF si sta costituendo in collettivo culturale e intende raccogliere e rilanciare attivamente qualsiasi virus espressivo possa intossicare la coscienza ambulatoriale che pesa sui nostri tempi. Vuoi tu, Livio, prendere in partner questo blog per rifornirci estemporaneamente delle tue illuminazioni inedite finchè seccatura non ti separi?
il vostro progetto di comunicazione collettiva, richiamato anche nel nome del blog, mi piace…tendo anche al superamento del concetto di proprietà intellettuale, o comunque al riconoscimento di un’area comune, anonima credo lo sia in qualche modo tutto il linguaggio…dunque duplicherò senz’altro qualcuna delle mie parole nel vostro blog, nel vostro spazio, nello spazio che fa capo al vostro corpo.