Lo Hobbit di Peter Jackson. 1. Un viaggio inaspettato

Creato il 30 dicembre 2012 da Spaceoddity
Alla fine ce l'ha fatta. Dopo aver realizzato Il Signore degli anelli, Peter Jackson torna all'origine della storia elaborata per lunghi anni da John R. R. Tolkien (e poi edita nel 1937) e propone quello che è il naturale prequel: esce così Lo Hobbit, proprio sul limitare di questo complesso 2012, e si dà inizio a una nuova trilogia che, stando ai dati ufficiali, dovrebbe concludersi esattamente fra due anni, nel 2014. La prima "puntata", di un libro peraltro di media lunghezza, si intitola Un viaggio inaspettato (tit. or. An Unexpected Journey) riecheggiando il capitolo d'apertura del romanzo (Una festa inaspettata).
Nella parte della storia racchiusa in questo primo film della saga, incontriamo innanzitutto il pacioso Bilbo Baggins (Martin Freeman), il mezz'uomo a cui si riferisce il titolo. Lo hobbit sta scrivendo, per il bene del nipote Frodo (Elijah Wood), la storia che avvenne sessant'anni prima e che lo vide protagonista, se non altro perché tutto cominciò a casa sua. Nel suo buco, infatti, il mago Gandalf (Ian McKellen) aveva organizzato a sorpresa una riunione di nani per discutere di un'avventura: Thorin Scudodiquercia (Richard Armitage), figlio di Thrain figlio di Thror, partiva alla riconquista della Montagna solitaria di cui i suoi avi e lui stesso erano re. Il suo reame era diventato la tana di un ferocissimo drago, Smaug, e per di più il suo esercito era ormai ridotto solo ad altri dodici elementi, perché tutti gli altri nani della sua stirpe erano stati sconfitti e uccisi in una lotta feroce con gli orchi. Ma Balin (Ken Stott), Dwalin (Graham McTavish), Bifur (William Kircher), Bofur (James Nesbitt), Kili (Dean O'Gorman), Fili (Aidan Turner), Dori (Mark Hadlow), Nori (Jed Brophy), Ori (Adam Brown), Oin (John Callen), Gloin (Peter Hambleton) e Bombur (Stephen Hunter) furono ben più che occasionali residui di una compagnia d'assalto: erano un gruppo coeso e forte. Ma c'era bisogno di uno scassinatore e, guarda caso, Gandalf aveva pensato a Bilbo (che, naturalmente, viziato dalla dolcezza e dagli agi della contea, non ha mai praticato l'antichissima professione...). Lo hobbit dapprincipio titubava, arrivò addirittura a rifiutare, finché poi non si unì al gruppo. Questa improvvisata compagnia affrontò orchi e mannari ricognitori, troll, goblin, ma soprattutto la propria paura e gli ardimenti del proprio coraggio.
Sono vari i paesaggi che accompagnano il cammino dei nostri eroi e tutti incredibilmente suggestivi. Montagne che si scontrano con tutta la loro rocciosità tormentata e mitologica, lande desolate, boschi incantati, valli solitarie e sicure e anfratti di montagne. I personaggi sembrano promanare direttamente dallo stato d'animo a cui si associano normalmente simili luoghi: dagli anfratti nascosti in fondo ai monti, nei quali vive l'inimitabile Gollum (Andy Serkis), fino a Forraspaccata, sede incantata (e, dopo un po', piuttosto stucchevole) degli elfi di Elrond (Hugo Weaving) e della splendida Galadriel (Cate Blanchett), dove incontrano anche l'altro mago che avrà un ruolo decisivo nella saga, Saruman (Christopher Lee).
Un viaggio inaspettato ci si presenta in tal modo come una specie di ricognizione, non solo di singole creature misteriose e di possibili configurazioni di un territorio, ma anche e soprattutto di quelle che sono le forze in gioco. La fedeltà della sceneggiatura (dello stesso regista, con Guillermo del Toro, Philippa Boyen e Fran Walsh) al romanzo, per quanto la mia lettura de Lo Hobbit risalga ad almeno vent'anni fa, mi sembra encomiabile (e, senz'altro, la scena di Gollum, oltre a essere forse la migliore, è anche impressionante quanto ad aderenza, almeno rispetto a come l'avevo immaginata io, per quel che vale). Senz'altro, quest'opera di Peter Jackson è, dunque, meritoria per aver osato offrire uno dei capolavori del fantasy moderno a un pubblico molto più vasto di quanto non sia quello dei lettori. Rimane, d'altronde, più di un dubbio di fondo sull'esito del prodotto-film. Il 3D non è ben saldato con le intenzioni, talvolta sgrana e comunque aggiunge ben poco rispetto alla qualità dell'immagine, se si esclude la precipua e inconcludente invasività di scene che dovrebbero colpire per la loro immediatezza e invece non sono altro che alterazioni (prevedibilissime) del volume. Tranne nel caso su citato di Gollum, dove lo sfondo silenzioso e una perfezione esecutiva creano il capolavoro, direi che la scelta della tecnologia più moderna (e ormai modaiola) del 3D non conferisce "calore" o potenza alle immagini, aggiunge semmai un appeal sostanzialmente popolare e grossolano a un film che avrebbe goduto di maggior fortuna con una cura diversa della fotografia, al di là dei singoli, incantevoli scorci topografici.

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